LEONE XIII
ALLOCUZIONE
AMPLISSIMUM COLLEGIUM
Ai Cardinali di Santa Romana Chiesa presenti nel concistorio svoltosi nei palazzi Vaticani il 24 maggio 1889.
Il Papa Leone XIII. Venerabili Fratelli.
Nel completare oggi l’amplissimo vostro Collegio e l’ordine dei Vescovi, avremmo vivamente desiderato parlarvi con animo più pacato e più lieto, e riferire soltanto, in questo luogo, ciò che vi riesce gradito ascoltare. Ma, invero, come potremmo in una situazione così difficile e penosa? Come vedete, Ci assediano quegli stessi mali, quegli stessi disagi che diciannove anni fa Ci derivarono dalla presa di Roma; anzi divennero più gravi con l’andar del tempo e non si vede quale limite possano avere, se si considera la volontà dei nemici, i cui animi sono cresciuti in baldanza per il lungo successo, come Ci è dato di sperimentare troppo acerbamente.
Siete testimoni, Venerabili Fratelli, del modo con cui procedono gli eventi e quanta sia l’audacia, da una parte, e l’impunità, dall’altra, nell’offendere il Pontefice. Né vi è motivo di dubbio circa i propositi che si stanno meditando: infatti erompono da ogni parte e sono resi evidenti dalla molteplice testimonianza dei fatti. Di giorno in giorno diventano più acrimoniose le ostilità verso le istituzioni cristiane, ed è limitata ed oppressa la libertà del romano Pontefice. Pertanto vediamo la pubblica opinione aizzata contro il sacro potere della Sede Apostolica e l’odio della moltitudine infiammato impunemente dalla quotidiana petulanza dei discorsi. E già si è giunti al punto che in questa stessa città, quasi al Nostro cospetto, è consentito all’empietà di sfidare la religione di Gesù Cristo con rilevanti e sistematiche ingiurie, decretando ad un apostata del cattolicesimo gli onori dovuti alla virtù, e ciò non senza un’insolente ostentazione.
Per questi motivi una continua ansietà, come confitta nell’animo, turba i cattolici di ogni continente. Infatti non possono facilmente sopportare l’indegna condizione del Padre comune, né trascurare la libertà dell’augustissimo ministero nel Vescovo delle anime loro. Non tralasciano mai di consolarci con ammirevole pietà e con profondo affetto; di recente poi, quando da varie parti d’Europa si radunarono nelle principali città per confrontare con sommo impegno i loro utili propositi circa le questioni comuni, avete constato quanta parte dei loro pensieri e delle loro preoccupazioni hanno dedicato alla Sede Apostolica. E invero, nel giudicare che il potere temporale è necessario per preservare nel Pontefice la libertà del magistero apostolico, uniformarono i loro pareri, come era giusto, all’esempio e alle dottrine della Sede Apostolica. Nell’aver poi deciso d’impegnarsi in ogni modo legittimo perché il Pontefice sia restituito di fatto alla dovuta libertà, fecero uso di un loro diritto, assumendo la difesa di una giustissima causa che è da considerare comune a tutti i cattolici. Per questo scopo, Noi pure in modo particolare, e prima di tutti, combattiamo a lungo, come è Nostro dovere, né dal perseguirlo Ci distorrà la lunghezza del tempo né la grandezza delle difficoltà; e così Ci assista propizio Iddio.
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