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PAOLO VI

ANGELUS DOMINI

Domenica 16 agosto 1970

 

Noi abbiamo ancora lo spirito pieno dei pensieri che la festa di ieri, l’Assunzione di Maria al cielo, offre alla considerazione di noi mortali, cittadini della terra, e pellegrini verso la vita eterna, allotropica, perfetta e beata, che anche a noi, quasi al seguito di quella purissima e perfettissima Donna, Madre di Cristo, ci è promessa e preparata. 

Uno dei pensieri dominanti, che, pare a noi, dovremmo fare nostro e rendere fisso e luminoso, fra quelli sgorganti da quella beata visione di Maria, fin d’ora associata in anima e corpo alla pienezza della divina felicità, è quello della dignità della persona umana, non solo considerata nel suo elemento spirituale, ma altresì in quello fisico, corporale, che pure la compone. Non dimentichiamo mai due cose: che l’uomo è un essere composito, di anima e di corpo; e che questa composizione, questa unità risultante da una perfetta complementarietà dell’una e dell’altro, in noi è stata turbata dal peccato originale, complicando miseramente la funzionalità morale dell’uomo e deturpando l’estetica, la bellezza spirituale ed anche fisica del nostro essere. Così che siamo sempre in cerca di questa personale ricomposizione che dovrebbe dare all’anima il dominio sul corpo, ed a questo la capacità di riflettere in sé la trasparenza dell’anima. 

Questa riflessione ci fa soffrire e ci fa sperare. Soffrire, perché vediamo oggi prevalere, in manifestazioni quanto mai spregiudicate, il tentativo di fare del corpo il principio prioritario, unificatore dell’armonia psicologica ed estetica della vita, arrivando proprio, in questi giorni, con ostentazioni naturistiche ed oscene, all’esaltazione del nudismo, dell’erotismo, del pansessualismo (chi segue i giornali sa a quali spudorate manifestazioni alludiamo): l’uomo animale si degrada senza più limiti. Perché meravigliarsi se poi il piacere, l’egoismo, la delinquenza, la droga si diffondono come epidemie sociali, e rendono così bassa e così triste la vita? 

Ma la nostra riflessione, derivata dalla glorificazione di Maria, ci fa anche sperare! Sperare che il senso della dignità e della purezza si affermi non meno nella nostra generazione, nelle sue file giovanili specialmente, disdegnosa della ipocrita, così detta, liberazione dal « tabù » della decenza e dell’onestà del costume, e sensibile alla vocazione cristiana, che vuole il corpo soggetto all’anima, non senza uno sforzo ascetico, e l’anima unita a Dio, non senza una anticipata esperienza di mistica beatitudine e d’interiore bellezza.  

Preghiamo, carissimi, la Madonna che conforti in noi questa speranza.

 



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