PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 17 agosto 1966
L'operosità legislativa della Chiesa è congeniale alla sua missione
Diletti Figli e Figlie!
Avete avuto notizia del Nostro «motu proprio», intitolato, dalle parole con cui comincia, «Ecclesiae Sanctae», pubblicato la scorsa settimana? Questo documento dispositivo riguarda l’esecuzione di quattro decreti conciliari: quello circa l’ufficio dei Vescovi, quello circa i Sacerdoti, poi quello relativo alla vita religiosa e finalmente quello riguardante l’attività missionaria. L’applicazione pratica delle disposizioni conciliari non è opera semplice e facile; esige studio, esige chiarezza, esige autorità, esige tempo, specialmente là dove si tratta di introdurre qualche riforma o qualche innovazione in quell’organismo così tradizionale, così complesso, così ordinato e così sensibile, qual è la Chiesa cattolica.
Il Concilio ha tracciato delle norme, a cui bisogna prestare ossequio; ma altre volte ha enunciato principi, criteri, voti, ai quali bisogna far seguire adempimento concreto, con leggi e con istruzioni nuove, con organi e con uffici nuovi, con movimenti spirituali, culturali, morali, organizzativi, che impegneranno molte persone, molte fatiche, e forse molti anni.
LA VITALITÀ DELLA CHIESA CATTOLICA
Il Concilio ha lasciato alla Chiesa non solo un ricco tesoro di dottrine e di impulsi operativi; ha lasciato altresì un’eredità di doveri, di precetti, di impegni, ai quali dovrà corrispondere la buona volontà della Chiesa, affinché il Concilio abbia reale efficacia e raggiunga gli scopi, che si è prefissi.
Da ciò si vede l’importanza del post-Concilio, la quale investe dapprima chi nella Chiesa ha ufficio e responsabilità di guida, e poi tutto il Popolo di Dio. In un certo senso è più grave e laborioso il periodo che segue il Concilio, che non quello della sua celebrazione. Questo periodo, che si caratterizza dalla accettazione e dalla fedeltà nei riguardi delle conclusioni conciliari, mette alla prova e mette in evidenza la vitalità della Chiesa cattolica.
Quali sono le manifestazioni post-conciliari della vitalità della Chiesa? La prima, solenne, universale, ma occasionale è stata la celebrazione del Giubileo straordinario, che ha ravvivato il fervore religioso e morale della Chiesa polarizzando d’intorno al Vescovo e alla Cattedrale il popolo credente, facendogli meglio avvertire le sorgenti di verità e di grazia sgorganti dal ministero gerarchico e meglio gustare il senso comunitario che deve animare e adunare nella fede e nella carità, nella orazione e nell’operosità, i seguaci di Cristo. Siamo lieti di rilevare che là dove il Giubileo è stato piamente organizzato ha dato felicissimi risultati: la vitalità della Chiesa ha dato segno magnifico e promettente d’una sua autentica animazione, quella religiosa.
UNA MISSIONE DIFFUSA APOSTOLICAMENTE
Ma non è il solo segno. Un altro è dato dalla fecondità legislativa, promossa dal Concilio. Può mancare alla Chiesa di Dio questa attività? Noi sappiamo bene che da molte parti si guarda con antipatia all’attività legiferante della Chiesa, come se fosse opposta alla libertà dei figli di Dio, antitetica allo spirito del Vangelo, imbarazzante le spontanee espressioni dei carismi propri del Popolo di Dio, frenante lo sviluppo storico dell’organismo ecclesiastico, che risulta estraniato e ritardato rispetto allo sviluppo storico della società temporale. Ma non vediamo come la Chiesa cattolica, se vuol essere fedele e consequenziaria ai principi costitutivi del suo divino Fondatore, possa prescindere dal dare a se stessa un «diritto canonico»: se la Chiesa è società visibile, gerarchica, impegnata ad una missione salvatrice, che non ammette se non una univoca e determinata realizzazione, custode d’una Parola, che dev’essere conservata rigorosamente e diffusa apostolicamente, responsabile della salute dei propri fedeli e dell’evangelizzazione del mondo, non può fare a meno di darsi leggi, coerentemente derivate dalla Rivelazione e dai bisogni sempre insorgenti della sua vita sia interiore, che esteriore. Per correggere i possibili inconvenienti del così detto «giudirismo», il primo rimedio sarà non tanto nell’abolire la legge ecclesiastica, quanto nel sostituire a prescrizioni canoniche imperfette o anacronistiche altre prescrizioni canoniche meglio formulate. Chi alimenta avversione preconcetta verso la legge della Chiesa non ha il vero «sensus Ecclesiae»; e chi crede di far progredire la Chiesa, demolendo semplicemente le strutture del suo edificio spirituale, dottrinale, ascetico, disciplinare, in pratica demolisce la Chiesa, accoglie lo spirito negativo di chi la diserta, e di chi non l’ama, e non la costruisce. Si legga San Paolo; si vedano i primi passi autentici della vita della Chiesa; e si scorgerà come la premura di esprimere norme positive e autorevoli a difesa, a sostegno, a guida della comunità cristiana, dimostri appunto la vitalità della Chiesa, e come tale premura dica la sapienza, la forza, la carità di coloro che «lo Spirito Santo ha posto quali vescovi a reggere la Chiesa di Dio» (Act. 20, 28).
NECESSARIA RISPOSTA DEI FEDELI
Bisognerà ricordare queste cose, Figli carissimi, perché siamo all’inizio d’un nuovo e grande periodo legislativo della Chiesa. Il Concilio lo ha inaugurato; l’«aggiornamento» lo reclama; il proposito di rivedere il Codice di Diritto canonico lo esige. Perciò dovremo studiarci di riconoscere nell’attività legislativa della Chiesa una manifestazione congeniale alla sua missione; dovremo procurare di «tenerci al corrente», come si suol dire, delle novità legislative ecclesiastiche, specialmente di quelle che ci riguardano direttamente; e piuttosto che affettare disinteresse o disprezzo per le norme canoniche, cercheremo di comprenderne lo spirito, di osservarne i precetti, e di apprezzarne le pastorali sollecitudini. Così si ama la Chiesa e così si partecipa al flusso della sua sempre giovane vitalità, E ciò che vi auguriamo di cuore tutti benedicendovi.
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