PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 31 agosto 1966
Sempre rigogliosa e nuova la primavera della Chiesa
Diletti Figli e Figlie!
La Chiesa vive, dicevamo. Ma subito una questione sorge spontanea: di che cosa vive la Chiesa? Qual è il segreto della sua vitalità? Spontanea e legittima la domanda. Forse voi stessi ve la siete posta: donde la Chiesa trae la sua energia? La sua sussistenza? La sua capacità di durare, nel tempo; di diffondersi, nel mondo; anzi, di crescere, di rinnovarsi, di ringiovanire? Spontanea e legittima domanda, ma estremamente difficile: osservare un essere vivente è facile a tutti; ma indovinare i principi della sua vita é cosa assai ardua, e in buona parte superiore alla nostra possibilità di conoscenza. Così è della Chiesa. È come un albero fiorente; ma quali sono le radici che rendono sempre vegeta e nuova la sua primavera ?
I PRINCIPI FONDAMENTALI DI SUPERNA PROSPERITÀ
Figli carissimi! Vi proponiamo ad arte una simile curiosità. Cercate di corrispondervi! È questa Nostra esortazione, che deve segnare la memoria di questa Udienza. E se cercate di dare qualche risposta, vedrete che questa non è semplice.
Noi non pretendiamo affatto, in un colloquio così breve e familiare come questo, esporre organicamente la dottrina, che dà qualche ragione della vitalità della Chiesa. Ci basta presentarvi, come stimolo a migliore ricerca, qualche spunto. Per esempio: è la prosperità temporale la causa del benessere della Chiesa? La ricchezza? Oggi, chiunque voglia farsi un concetto autentico della Chiesa, risponde subito che no; anzi trova che l’abbondanza dei beni economici è in molti casi più dannosa, che propizia alla Chiesa; pagine storiche lo documentano; parole evangeliche lo proclamano. I mezzi temporali sono, sì, necessari alla vita della Chiesa; ma nella misura del pane per vivere, e sempre ordinati rigorosamente alla finalità della sua missione spirituale. E si può dire fortunatamente che ora questa è la mentalità e la prassi degli uomini di Chiesa. Ringraziamo Dio; e facciamo credito al disinteresse economico, cioè alla povertà, che il Signore ci ha insegnata per scoprirvi non già un impedimento alla vera prosperità della Chiesa, ma una fonte di forza spirituale, di libertà, di saggezza, di coraggio. Così potremmo ragionare della potenza temporale: non è da questa che la Chiesa deriva la sua linfa vitale. Così pure, sotto un certo aspetto, potremmo, dire perfino della cultura profana: «La nostra fede - scrive S. Paolo - non sia basata sull’umana sapienza, ma sulla forza di Dio» (1 Cor. 2, 4-5).
L’INSUPERABILE SCUOLA DEL CROCIFISSO SIGNORE
E allora? Allora bisogna osare d’oltrepassare le soglie del Vangelo, e di studiare da quali principi il Signore vuol trarre la fecondità dell’istituzione spirituale e sociale, ch’è la Chiesa, da Lui fondata. Ci fermiamo ora soltanto ai principi morali, anzi ad uno solo di essi, ma fondamentale nel sistema della religione cristiana. E c’incontriamo subito nel notissimo paradosso: Cristo ha fondato la vita morale dei suoi seguaci sopra una base, che noi diremmo negativa: la rinuncia, l’abnegazione, il sacrificio, la croce. Ricordiamo tutti le sue tremende parole: «Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; chi invece perderà la propria vita per causa mia, la salverà» (Marc. 8, 35; Io. 12, 24). Chi di noi credesse rinnovare la vita della Chiesa sopprimendo le mortificazioni e le molestie, piccole o grandi, che le sono proprie, per esigenza morale o per costume ascetico riconosciuto, non interpreterebbe a dovere la legge fondamentale dello spirito evangelico, dal quale appunto la Chiesa riceve la sua vitalità. Questa non ricava incremento dalla ricerca d’un benessere avido di comodità e d’esteriorità, alimentato dall’edonismo e dall’egoismo, che spesso caratterizzano le abitudini agiate, frivole e gaudenti del mondo moderno; lo ricava piuttosto dalla pratica silenziosa e costante di quelle virtù che insieme mortificano e fortificano l’alunno di Cristo; dalla sofferenza paziente, dall’obbedienza fedele, dalla semplicità austera, dall’imitazione di Cristo; di Cristo crocifisso (cfr. 1 Cor. 1, 23).
FLUENTI EPISODI
Non facciamo qui una predica, né prolunghiamo questa riflessione; ma vogliamo accennare ad alcuni episodi, fra i tanti che vengono a Nostra notizia, per documentare questo Nostro pensiero. Il primo episodio lo leggiamo su L’Osservatore Romano del 25 agosto: un gruppo di studenti universitari di Padova ha rinunciato alle vacanze per costruire una casa destinata a due famiglie povere e numerose di un paesino della campagna padovana, le quali erano costrette ad alloggiare in dimore insufficienti e disagiate. Non è questo un bellissimo esempio di cristiana vitalità?
Il secondo episodio ce lo offre ancora L’Osservatore, in data odierna: «Giunge a Roma la notizia che circa due mesi or sono è morto in un campo di lavori forzati del Kiangsi, nella Cina continentale, il sacerdote cinese Kiam Lau Mai-Chung, della diocesi di Swatow. Nato nel 1915, aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale nel 1944. Arrestato nel 1955, fu rinchiuso in un campo di lavori forzati, dove è morto dopo 11 anni di sofferenze cristianamente sopportate». Questo potrebbe apparire un segno di morte e non di vita della Chiesa; ma non saranno proprio queste sofferenze e questo martirio il seme d’una futura ripresa del cattolicesimo in quell’immenso e a Noi sempre carissimo Paese?
E terzo. Ci è riferito da un viaggiatore, reduce da una visita all’ormai famoso lebbrosario di Padre Damiano, nell’isola Molokai, nell’Oceano Pacifico. Egli racconta d’aver potuto avvicinare - privilegio riservato ai Sacerdoti - il reparto dei lebbrosi più deformi e repugnanti, e d’aver così avvicinato un’umile infelicissima creatura orribilmente corrosa dalla lebbra, che le ha divorato gli occhi trasformandoli in due sanguinanti e paurose caverne e le ha demolito le estremità, mani e piedi, inchiodandola da anni nell’immobilità e nella sofferenza, quanta ne può portare un organismo tuttora superstite in così penose condizioni. Ebbene, la paziente povera lebbrosa, informata che parlava con un Sacerdote in viaggio per Roma, aveva la semplice e sublime audacia di mormorare questa meravigliosa confessione: sono contenta del mio stato, perché così io ho potuto conoscere Gesù Cristo ed essere cattolica. E si diceva lieta di mandare al Papa il suo devoto e filiale saluto e l’offerta del merito dei suoi patimenti.
AMORE GENEROSO ED EROICO
Che ne dite? Noi crediamo essere queste le forze che fanno viva e santa la Chiesa e che le conferiscono la gloria di rispecchiare Cristo Gesù. Da queste fonti scaturisce la sua perenne vitalità. Perché nel regno di Dio (come, del resto, anche nell’ordine naturale) solo l’amore è fecondo; e l’amore totalizza la sua più alta espressione nel dono di sé, nel sacrificio.
Vi aiuti, Figli carissimi, la Nostra Benedizione Apostolica a capire, a meditare, a vivere il mistero del sacrificio, della legge cristiana del morire per vivere, dell’amore generoso ed eroico, di cui si alimenta la Chiesa viva ed immortale.
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