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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 28 settembre 1966

 

L'opera dei singoli fedeli per la causa di Cristo

Diletti Figli e Figlie!

Codesta visita, che per molti di voi muove i passi da lontano, così premurosa perciò, così filiale, così compresa del significato ecclesiale e del valore spirituale d’un incontro col Papa, dice a Noi un sentimento, un desiderio che voi tutti avete nel cuore, e che Noi crediamo d’indovinare a vostra lode e a Nostro conforto; e cioè il desiderio di fare qualche cosa per il Papa, per la Chiesa; qualche cosa di utile, di saggio, di personale. Ciascuno di voi chiede a se stesso: che cosa posso fare io, in quest’ora dopo il Concilio, per la causa di Cristo e della sua Chiesa?

Figli carissimi! Se tale davvero è la vostra aspirazione, Noi benediciamo il Signore e Noi di cuore vi ringraziamo. La vostra silenziosa domanda si può formulare in modo diverso, così che la risposta può tornare più facile. Voi chiedete a voi stessi che cosa potete fare per collaborare con la Nostra missione apostolica? Ebbene, ponete la questione così: quali sono oggi i bisogni della Chiesa? Quali sono? È chiaro che sono moltissimi e grandissimi. Non si potrebbero certo elencare, sia che guardiamo al fondo delle esigenze, che potremmo dire costituzionali, della Chiesa, quali sono quelle immense e non mai abbastanza soddisfatte della missione evangelizzatrice e santificatrice della Chiesa stessa, e sia che guardiamo più superficialmente alle sue necessità pratiche, funzionali, anche queste senza numero e senza misura. Ma questo sguardo generale ai bisogni della Chiesa ha un’importanza molto grande nella formazione della vita cattolica. Un’importanza teologica: esso ci ricorda che il regno di Dio è sempre in fieri, non è mai compiuto durante il corso del tempo, ed ha sempre bisogno d’essere portato a compimento. E per di più ci ricorda una verità fondamentale del piano divino circa l’umana salvezza, e cioè Dio, unico principio, libero e sommo, dell’umana redenzione, ha voluto che l’uomo collaborasse all’attuazione del suo piano; fosse cioè ministro e strumento e veicolo della verità e della grazia, portata da Cristo nel mondo. In altri termini: l’opera di Dio ha bisogno dell’opera dell’uomo, non per raggiungere la sua intrinseca validità, ma per raggiungere la sua estrinseca efficacia. La fede, ad esempio, ch’è all’origine della nostra salvezza, ha bisogno d’essere annunciata, predicata, insegnata. «Come crederanno, scrive S. Paolo, in Uno di cui non hanno sentito dir nulla? E come ne sentiranno parlare senza chi lo annunzi?» (Rom. 10, 14). E chi vede questo bisogno dell’economia cristiana avverte subito il bisogno d’un ministero, d’un apostolato, d’un lavoro missionario.

Così che l’aprire gli occhi sopra i bisogni del regno di Dio acquista un’importanza morale e formativa di primo ordine. Chi apre gli occhi sopra tali bisogni sente nascere dentro di sé un senso nuovo di responsabilità, quasi un invito, uno stimolo, una vocazione. V’è un capitolo in molte vite di Santi in cui si narra appunto la scoperta che il futuro Santo fa dei bisogni spirituali, morali, o caritativi, che lo circondano; e tale scoperta provoca in lui un imperativo nuovo: io posso, io devo, io voglio. La visione da esteriore si fa interiore; e lo Spirito Santo parla nel cuore a chi ha aperto il cuore alle sofferenze dei fratelli, ai bisogni della Chiesa; e quel soffio misterioso trasforma l’uomo da egoista, da timido, da inetto che era, in un nuovo uomo, coraggioso, ingegnoso, generoso; in un eroe, in un santo.

Ma non occorre che ciascuno arrivi a tanto; come non è necessario che ciascuno faccia di proposito un’inchiesta sui bisogni sia generali che particolari della Chiesa, per trovare modo di testimoniarle col fatto il proprio intento di fare qualche cosa in suo favore. Basta che ciascuno guardi davanti e d’intorno a sé, nel campo della propria esperienza ecclesiale; e vedrà subito quali e quanti bisogni siano lì, presenti, urgenti, imploranti: adesione, fedeltà, collaborazione, preghiera, apostolato, dono di tempo e di borsa, testimonianza, difesa, amore . . . Ciò che importa è suscitare in sé questa attitudine: guardare, vedere, comprendere i bisogni della causa di Cristo, che sono d’intorno a noi.

E poiché voi, Figli carissimi, facendo a Noi questa visita, piena di devozione e di buona volontà, Ci fate comprendere quanto voi siate pronti e disponibili a venire in Nostro aiuto, Noi vi diremo che tutto quello che fate di bene per le necessita della Chiesa a voi vicine, nelle vostre famiglie, nelle vostre parrocchie, nelle vostre comunità, lo fate anche per Noi, che della Chiesa abbiamo la prima responsabilità; anzi lo fate per Cristo stesso, Che ha detto (ricordate?): «Tutte le volte che avete fatto qualche cosa in favore dei minimi miei fratelli, l’avete fatto a Me» (Matth. 25, 40).

Grazie perciò, Figli e Figlie, della bontà che Ci dimostrate; grazie di quella che effettivamente dimostrerete per i bisogni dei poveri e dei sofferenti, per i bisogni della Chiesa! Vi sia pegno delle divine ricompense la Nostra Benedizione Apostolica.


Il 75° de «Il Cittadino» di Lodi

Dopo l'incontro con i Nostri figli, nella numerosissima udienza generale di oggi, Ci è caro sostare un istante in mezzo a voi, che formate il gruppo redazionale del settimanale cattolico diocesano di Lodi, «Il Cittadino», e, stretti intorno al vostro zelantissimo Vescovo, rappresentate ai Nostri occhi non solo la grande famiglia dei lettori, ma tutta la diletta Diocesi, nel Settantacinquesimo di fondazione del giornale.

Vi salutiamo con paterno affetto, e vi ringraziamo di codesta vostra presenza, che, appunto, Ci fa risentire come in famiglia, riportando alla Nostra mente il quadro confortante della vita e dell’attività cattolica, che fiorisce presso di voi, e di cui serbiamo caramente il ricordo, come di un impegno serio, generoso, calmo e ardito e volitivo, fedele alle tradizioni di una secolare pietà e dirittura, e aperto altresì, con responsabilità cosciente, alle esigenze dei tempi.

Ci è caro darvene atto, con un particolare compiacimento, che va in primo luogo al Venerabile Fratello Tarcisio Vincenzo Benedetti, Vescovo di Lodi. E tanto Ci allieta vedere fra voi il valoroso Procuratore della Repubblica di Lodi, il Dott. Francesco Novello.

L’occasione del vostro pellegrinaggio è data dall’avvenuta celebrazione del Settantacinquesimo di vita del vostro settimanale. Sono stati 75 anni di autorevole presenza del pensiero cattolico in un arco di tempo che ha compreso periodi duri e battaglieri, crisi di pensiero, pericoli ideologici e morali. Sono stati 75 anni di azione continua, intelligente, coraggiosa per dare ai Lodigiani una regola di giudizio e di orientamento, alimentandone la fiaccola di fede in Dio e di attaccamento alla Chiesa. Sono stati 75 anni di approfondimento di avvenimenti mutevoli alla luce della Verità «che tanto ci sublima», nell’adesione fedele al Magistero Pontificio, da cui il giornale ha tratto le indicazioni per la soluzione dei più assillanti problemi del tempo.

È una grande e bella grazia del Signore poter gettare indietro lo sguardo, come voi oggi fate, e trovare soltanto motivi di soddisfazione e di gratitudine. Traetene dunque le conclusioni necessarie per il proseguimento della vostra azione, in novità di propositi, in ardore di programmi, in decisione di realizzazioni. La causa della Stampa Cattolica è sacra, e dedicarvisi è un dovere prima che un onore, ed è un merito altissimo che nel dovere matura, e ne corona lo sforzo.

Continuate, con giovanile ardore: la Nostra Apostolica Benedizione, sappiatelo sempre, vi accompagna nella vostra provvida opera, e si estende a quanti, collaboratori e lettori, vi sostengono nell’arduo vostro impegno.

                                                            



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