PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 19 ottobre 1966
Un tesoro intangibile: la spiritualità
Diletti Figli e Figlie!
Conoscete questa esclamazione del salmo 83 (84): «Quanto sono amabili le tue dimore, o Dio degli eserciti»? Non sorge dai vostri animi, non viene forse alle vostre labbra in questo momento e in questa basilica? non avete voi forse qualche impressione della bellezza della santa Chiesa? Non diciamo ora della bellezza monumentale e artistica di questo grande e magnifico tempio; e non Ci riferiamo nemmeno alla visione spettacolare di questa udienza, sebbene da tale visione possa venire lo stimolo a pensare ed a scoprire la bellezza della santa Chiesa cattolica in se stessa.
Come sorge nella mente questo pensiero? Dalla visibilità della Chiesa. La vera Chiesa, fondata dal Signore è visibile, non solo perché composta di elementi visibili, i fedeli, la struttura e la vita della comunità cristiana, possiede cioè una visibilità materiale, ma soprattutto perché possiede una visibilità essenziale dei tesori spirituali, che Cristo ha dato alla sua Chiesa. «La Chiesa è visibile precisamente come fu visibile il suo storico Fondatore e Capo principale, l’uomo-Dio» (Scheeben, I misteri del crist. 3ª ed., p. 528).
Questa visibilità di ciò che la Chiesa nasconde ed insieme rivela è uno degli aspetti più interessanti, più delicati, e più sorprendenti della vita religiosa cattolica, perché la visibilità interiore ed essenziale della Chiesa non è che un’effusione della sua spiritualità. Visibilità e spiritualità della Chiesa sono due qualità correlative che non devono essere separate nello studio della Chiesa stessa, come non dovrebbero esserlo mai nella vita del popolo cristiano (cfr. Journet, L’Eglise II, 10 ss.). E questo loro mutuo richiamo, questo rapporto, è a noi ordinariamente presentato per due vie: l’una, che possiamo dire intuitiva, ci mostra la spiritualità del tesoro interiore della Chiesa quando l’involucro esteriore, visibile e sensibile, si fa trasparente e ci lascia intravedere e godere qualche cosa della bellezza ineffabile del mistero di luce e di vita, proprio del Corpo mistico di Cristo; ed è per questa via che l’arte, quando possiede il genio del sacro, e quando è veramente arte, cioè offre il suo magico ministero espressivo dello spirituale nel sensibile, si pone a regale servizio della fede; (ecco perché il cattolicesimo è stato e sarà sempre amico e fautore delle arti); l’altra via, che possiamo dire indicativa, intellettiva, ci ricorda, in rispondenza ad un’intenzione divina, come tutto il creato ci parli del Creatore (Rom. 1, 20), e come nell’economia dell’Incarnazione sia consentito alla vita religiosa cattolica utilizzare un alfabeto, cioè un modo d’esprimersi e di farsi comprendere, estremamente elementare e vicino all’esperienza comune, servendosi di cose sensibili e familiari per introdurci nel regno misterioso delle realtà spirituali; è la via dei segni (cfr. Guardini, I santi segni). Il segno: questa parola nella nostra dottrina è una parola-chiave, e polivalente.
Voi sapete come su di essa si fondi la dottrina sacramentale; il sacramento è infatti «un segno d’una cosa sacra», non solo, ma avente particolare virtù santificatrice (S. Th. III, 60, 1 e 2); ed anche saprete come questo termine di segno e di sacramento si applica a Cristo stesso, come «immagine di Dio invisibile» (Col. 1, 15); e ora, dopo il Concilio specialmente, è attribuito alla Chiesa. Dice il Concilio: «La Chiesa è in Cristo come un sacramento, ossia un segno e uno strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (Lumen Gentium, 1 etc.). La Chiesa è il segno sacro che ci esprime e che ci conferisce Cristo. Guardando alla Chiesa noi dobbiamo intravedere Cristo. La visibilità materiale e temporale della Chiesa deve servirci per avere una visione spirituale e intemporale del Signore. La Chiesa non è uno schermo opaco, è un diaframma diafano, che ci abilita a metterci in contatto con Cristo. E questa penetrazione del nostro spirito attraverso la Chiesa diventa normale per chi conosce ed ama la Chiesa, per chi davvero le appartiene e partecipa alla comunione trascendente e totale, ch’essa ci offre. E qualche esperienza emotiva e spirituale di questa via, che a Cristo conduce, noi abbiamo con grande facilità e felicità, quando la Chiesa ci mostra qualche sua «nota» sensibilmente rappresentata: ecco come un’assemblea come questa, che ci dà qualche indizio dell’unità e della cattolicità della Chiesa, possa farci palpitare di giubilo singolare, quasi non solo sapessimo, ma sentissimo che qui è Gesù. Così avviene talvolta quando vediamo la Chiesa in azione, nella celebrazione liturgica specialmente, o nell’esercizio fervoroso della carità: qui è Gesù.
Ma come mai questa trasparenza si rivela di rado? Anzi: come mai che tanta gente vede nella Chiesa un ostacolo, quasi un impedimento, per non dire addirittura una deformazione di Cristo? È noto quanto dagli avversari della Chiesa sia stato scritto su questo tema; e come anche tante singole persone facciano fatica a scoprire nelle forme concrete, in cui la Chiesa si presenta, qualche consolante e folgorante irradiazione cristiana. Leggiamo una testimonianza del nostro tempo; è un’anima non ancora battezzata, che dice della sua avversione alla Chiesa: «. . . la meschinità delle pratiche devote sentiva della muffa degli ambienti male areati. E poi, il fasto esteriore, il gusto del lusso, dell’apparato, la profusione delle devozioni ai santi . . . Qualche settimana prima del mio battesimo mi pareva ancora assai penoso entrare in una collettività così eterogenea, che porta gravi responsabilità nel corso della storia . . . Io conoscevo tanti cattolici spregevoli, amorfi, indifferenti alle ingiustizie commesse sotto i loro occhi . . . eccetera» (cfr. La vie spir. Nov. 1965, p. 602). Quante simili denuncie potrebbero essere citate!
Come mai dunque la Chiesa non mostra la sua virtù di segno, la sua bellezza, la sua prerogativa di presenza di Cristo? Oh! rispondere sarebbe lungo ! Anche il Signore non da tutti fu riconosciuto (cfr. Matth. 13, 14). Ma possiamo contentarci d’indicare due punti: primo, la Chiesa appare oscura e non diversa dalle cose umane a chi la guarda solo di fuori, a chi non la conosce, a chi non vuol riconoscere in lei un suo segreto trascendente; e secondo, la Chiesa in certi suoi momenti e in certi suoi aspetti non è bella, non è splendida, non è significativa e parlante, perché i suoi figli non sono esemplari e non vivono da veri cristiani. Quale responsabilità, quale colpa hanno talora i figli della Chiesa che non ne riflettono la spiritualità e la santità, e non sono «segni» di Cristo!
Sapete che il Concilio ha applicato questo titolo di «segno» a tutto il Popolo di Dio, a tutti i fedeli? e che così a tutti fa obbligo di «testimoniare» Cristo? lo ha applicato ai Sacerdoti. ai Religiosi, ai Missionari, ai Coniugi cristiani?
Così che tutti siamo invitati a riconoscere e a celebrare nella Chiesa il segno e la bellezza di Cristo; come tutti siamo tenuti a concorrere con la nostra autentica vita cristiana a dare alla Chiesa una più viva ed operante capacità d’irradiare lo splendore salvifico e beatificante di Cristo. L’esortazione è anche per voi, carissimi Figli, che a questa vocazione vogliamo confortare con la Nostra Benedizione Apostolica.
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