PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 9 agosto 1967
Risveglio e fedeltà: duplice impegno dei redenti
ATTO DI FERMA ED OPEROSA VOLONTÀ
Diletti Figli e Figlie!
Si parla molto oggi, e si scrive, anche fuori dell’ambito ecclesiastico, di temi religiosi, di discussioni teologiche, di movimenti spirituali. Si cerca di attribuire al Concilio ogni sorta di novità, specialmente nel modo di concepire la fede e di presentarla al mondo contemporaneo, mettendo spesso in questione dottrine fondamentali del cattolicesimo, dichiarando opinabili verità definite dalla Chiesa e rivendicando alla libertà di coscienza e all’ispirazione dello Spirito Santo il giudizio arbitrario e personale circa principi importanti e talora costituzionali del pensiero e della disciplina ecclesiastica. Un certo fervore critico sembra giustificare questa inquietudine spirituale e conferire speranza di rinnovamento cristiano all’intenzionale eccitazione d’un impaziente disagio verso la norma tradizionale della vita cattolica e verso le forme autorevoli, che la raccomandano e la promuovono.
Noi non parleremo ora delle manifestazioni che queste tendenze innovatrici vanno assumendo. Lasciamo ad altro momento e ad altra sede questo esame. A voi diciamo piuttosto una semplice parola sugli atteggiamenti che devono assumere di fronte a tali fermentanti opinioni coloro, come voi, che vogliono essere sempre fedeli alla Chiesa, e fedeli soprattutto quando l’esserlo può esigere un atto cosciente di ferma ed amorosa volontà.
Quali atteggiamenti assumere? di stupore? di dolore? di difesa? ovvero di avventura? di adesione? di gregarismo? Queste prime e spontanee reazioni si spiegano nella mentalità post-conciliare, che per alcuni era piena di fiducia nel risveglio primaverile delle energie spirituali della Chiesa e nell’accresciuto senso del suo mistero di unità e di carità; per altri invece gli effetti del Concilio dovevano consistere in un rivolgimento dottrinale e istituzionale.
UNA VIGILANZA ATTENTA E SERENA
Una delle osservazioni, ad esempio, che obbliga i fedeli (parliamo sempre di questi) a rendersi conto di queste inattese correnti di opinioni in seno alla Chiesa è quella che avverte come certi inquietanti problemi sono sollevati per opera di membri della Chiesa, i quali più degli altri dovrebbero, per la loro formazione, per i loro impegni, per le funzioni loro affidate, essere sostenitori e devoti della Chiesa stessa.
Dunque, che cosa devono fare i figli fedeli?
Il primo atteggiamento da prendere sembra a Noi quello della vigilanza; una vigilanza attenta e serena, che non cede al sonno della consuetudine, dell’indifferenza, dell’ottimismo convenzionale, ma guarda la realtà dei fatti e alla realtà degli spiriti; e di questa, di solito, la gioventù è indice istintivo ed istruttivo. Una vigilanza non sospettosa, ma umile e buona, che sa trarre motivo d’esame di coscienza e stimolo a sempre migliori propositi da ogni fatto osservato, anche se questo presentasse aspetti sgraditi e punto giustificati. E finalmente una vigilanza che sa riconoscere gli aspetti positivi di questi movimenti spirituali e ciò che vi può essere di buono; come c’insegna l’Apostolo: esaminate ogni cosa, e ritenete ciò che è buono: «Omnia autem probate; quod bonum est tenete» (1 Thess. 5, 21).
COME COMPORTARSI DI FRONTE AL RINNOVAMENTO DELLA CHIESA
Un altro atteggiamento, o meglio orientamento, riguarda la decisione interiore che il figlio della Chiesa sente il dovere di prendere di fronte al rinnovamento, che in lei, in quest’ora storica, deve avvenire ed a cui ogni credente deve partecipare, anzi concorrere. E questa decisione ha due maniere possibili di esprimersi, due direzioni tra cui scegliere. La prima è quella che chiameremo, parlando molto empiricamente, del distacco: per rinnovare la Chiesa, si pensa da alcuni, bisogna distaccarsi da molte e gravi cose, che sono pur sue, della Chiesa, ma sembrano ora imbarazzare e appesantire il suo passo, se questo vuol correre con i tempi nuovi, e vuole arrivare al mondo contemporaneo: tradizione, autorità, filosofia, cultura, diritto canonico, istituzioni, e perfino certi dogmi, certe forme d’interiorità e di culto; in una parola, si dice, bisogna liberarsi dalle «strutture», e avvicinarsi alla vita vissuta, al costume di pensiero e di usi della moda corrente, rinunciare perfino al sacro, all’aspetto confessionale del cattolicesimo, e così via. Questa direzione sembra seducente; e certo nessuno contesta, seguendo il Concilio, che molte forme contingenti della vita della Chiesa possano e debbano essere, con prudenza e con coraggio, abbandonate e sostituite da altre migliori. Ma se questa operazione di distacco, a cui i responsabili della Gerarchia e del Laicato nella Chiesa di Dio stanno laboriosamente attendendo, è compiuta come sufficiente a se stessa e come consentita all’iniziativa di tutti, può avvenire che il cattolico sostituisca alla propria genuina coscienza quella di chi cattolico non è; e può avvenire che in lui alla presenza del mistero di Cristo si sostituisca, come un surrogato quasi ossessivamente ricercato, la presenza mitica di quel mondo a cui si voleva portare il messaggio della salvezza, e da cui invece si attinge, come da nuovo e profano maestro, la norma e lo stile della vita cristiana, con la probabile e desolante conseguenza di smarrire, nella metamorfosi pericolosa, la fede, la sua sicurezza, la sua forza, la sua pace.
AMORE UMILE INSTANCABILE GIOIOSO DI PERFEZIONE
E la seconda direzione? La seconda è quella che chiameremo della scoperta. Sì, della scoperta, o della riscoperta delle meravigliose ragioni, che giustificano le forme concrete in cui si realizza la vita della Chiesa, che le dimostrano come suoi fenomeni vitali, come l’oblazione della Chiesa, preparata con laboriosa esperienza e con lungo amore, per Cristo, suo mistico sposo; come tentativi di adeguare nel pensiero, nella parola, nel costume, nell’istituzione, nello sviluppo storico l’idea seminale del Signore per la sua Chiesa. Non è detto con ciò che tutto sia perfetto e definitivo nelle famose «strutture», ché anzi questa ricerca e questa scoperta delle loro interiori radici accrescono il bisogno ed acuiscono il genio del loro progressivo e coerente miglioramento; ma la loro direzione, piuttosto che esteriore, è interiore; piuttosto che suggerita dalle manchevolezze della Chiesa, è persuasa della sua indefettibile fecondità; piuttosto che mossa dalla noia e dalla critica della vita ecclesiastica, o da qualche carismatica presunzione, è guidata dall’amore, umile, instancabile, gioioso del suo perfezionamento.
E allora, Figli carissimi, se davvero volete dare sincera testimonianza alla santa Chiesa di Dio in queste sue presenti vicissitudini, e volete contribuire a rendere efficace la sua missione salvatrice nel mondo, procurate di non mai dissociare a suo riguardo questo binomio: risveglio e fedeltà.
Questo Noi vi raccomandiamo per il bene della Chiesa e vostro: risveglio e fedeltà! Con la Nostra Apostolica Benedizione.
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