PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 14 febbraio 1968
Perenne validità dell'Azione Cattolica
Diletti Figli e Figlie!
Parliamo dell'apostolato, dell’apostolato dei Laici, di questa vocazione, che oggi la Chiesa intende svegliare nella coscienza d’ogni fedele suo figlio, non escluso, anzi intenzionalmente compreso, colui che non è stato dotato di vocazione sacerdotale, né di vocazione religiosa, ma semplicemente di quella di buon cristiano, che vive nel mondo e che chiamiamo laico, secolare. Anche per questo suo figlio la Chiesa riserva una chiamata conforme sia al suo carattere laico, sia al suo carattere cristiano; la chiamata alla testimonianza, la chiamata alla milizia ideale di chi è stato battezzato e cresimato, la chiamata al servizio della causa di Cristo; la chiamata alla collaborazione alla missione apostolica propria della Gerarchia ecclesiastica.
Figli carissimi! Avete voi ascoltato la voce di questa chiamata? Essa non impone soltanto doveri, ma attribuisce diritti, dignità, funzioni; essa conferisce alla personalità del cristiano, anche laico, una pienezza d’adesione a Cristo, avente la duplice virtù di perfezionare, di santificare colui che la fa propria, e di trasmettere ad altri, ai fratelli vicini o lontani, qualche dono del regno di Dio: lo stimolo al bene, l’amore alla Chiesa, la vivacità della fede, l’intelligenza dei bisogni del prossimo e l’ansia di venirgli in aiuto.
Vi sono tante forme nelle quali questa chiamata si esprime, e perciò tante forme con le quali vi si può corrispondere. Oggi queste forme, sia di domanda che di risposta, si moltiplicano. Lo dicevamo altra volta. Nascono, un po’ dappertutto, gruppi, così detti informali, cioè senza vincoli precisi d’associazione, che una spontanea volontà di operare nella sfera cristiana, per via di affinità d’ambiente, riunisce, con risultati spesso molto belli e generosi, ma indipendenti dalla comunità ecclesiale, e alcune volte diffidenti dall’aggregazione a quadri, a cui presieda l’autorità della Chiesa.
Sono libere palestre del bene, della cultura, dell’apostolato, alle quali si devono riconoscere meriti particolari, fra cui quello di favorire le espressioni congeniali di date categorie e di allenare persone, giovani specialmente, all’esercizio di qualche affermazione morale o spirituale, che supera i confini, tanto stretti, comodi e attraenti dell’egoismo, del gregarismo, del disinteresse verso la grande e somma causa del regno di Dio. Se lo spirito di critica verso i fratelli e verso i pastori della comunità ecclesiale non isola, non invanisce, non deforma questi gruppi, possono anch’essi giovare alla causa cattolica; e con questa fiducia e con questo voto anche Noi riserviamo ad essi la Nostra affettuosa simpatia e la Nostra benedizione.
Ma non possiamo tacere che il grado di autenticità e di efficienza nell’apostolato dei Laici ha oggi nella Chiesa una precisa misura (parliamo ora della forma che configura tale apostolato, non della bontà e della bravura delle persone che lo esercitano); e tale misura è data dal rapporto che esso ha con la Gerarchia della Chiesa; Gerarchia, alla quale compete la prima e somma responsabilità dell’apostolato, la prima e somma funzione pastorale, che fa d’un fratello la guida, il maestro, il distributore dei divini misteri per gli altri fratelli. Il sistema della salvezza, che nell’apostolato trova il suo strumento, derivante da Cristo la sua autorità ed i suoi carismi, primo e qualificato, nel Vescovo: il Vescovo è l’apostolo per eccellenza, perché degli Apostoli è successore, erede, rappresentante. Perciò chi dal Vescovo riceve lo statuto, il mandato, l’istruzione per l’esercizio dell’apostolato, partecipa, per via di collaborazione e di dipendenza, nel grado superiore e nella forma migliore, alla missione salvatrice della Chiesa, e si trova inserito in quella magnifica istituzione, che si chiama l’Azione Cattolica.
Discorso lungo meriterebbe il tema dell’Azione Cattolica; ma tanto esso è stato ripetuto in questi ultimi decenni da Papi, da Vescovi, da Uomini eminenti e sapienti, che si può subito abbreviare e concludere.
Diremo soltanto che l’apostolato dell’Azione Cattolica è più che mai d’attualità. Si legga ciò che ne dice il Concilio (Christus Dom. n. 17, e Apost. actuos. n. 20). I Pastori ben sanno che se ai Laici è libero l’appartenervi o no (l’Azione Cattolica è un movimento di volontari), è obbligo loro di conservarla e di promuoverla. Non è fenomeno caduco, che ha fatto, come si dice da alcuni, il suo tempo; è organo ormai integrativo della struttura ecclesiale; ed è di tale importanza nelle presenti contingenze storiche, che sarebbe fallace giudizio tenerlo in mediocre considerazione (cfr. Ap. actuos. n. 21). E aggiungeremo che proprio gli aspetti, per i quali l’Azione Cattolica è oggetto di critiche e di riserve da parte di chi le è estraneo, o ne considera i pesi e le difficoltà, sono quelli che ne costituiscono i meriti migliori: è una grande schiera di Laici fedelissimi; è organizzata e permanente; è pronta a servire non solo questa o quest’altra necessità della Chiesa, ma tutte; è solidale in toto con la Gerarchia, ne riceve le istruzioni, che con genio proprio attua e perfeziona; è unitaria, è nazionale, è profondamente ed essenzialmente religiosa. Rispecchia, a suo modo, le note della Chiesa, ch’è una, santa, cattolica ed apostolica; e perciò fa partecipare i Laici, che hanno la intelligenza e la generosità di appartenervi, al mistero di unione e di carità, proprio della Chiesa di Cristo.
Il che è quanto dire: Figli carissimi! riflettete se anche voi non abbiate la chiamata ad inserirvi nelle file di questo pacifico esercito; e se già avete questo onore e questa fortuna, ringraziate il Signore, e procurate d’essere degni di questa elezione.
Fecondi questi fugaci pensieri la Nostra Benedizione Apostolica.
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