PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 15 dicembre 1971
Necessità assoluta di incontrare Gesù
Parlando a Voi, fratelli, figli, pellegrini, visitatori, chiunque voi siate, Noi non sappiamo rivolgervi, in questa prossimità del Natale, altra parola che non sia sul Natale. Certo, avremmo molti altri temi, che riempiono il Nostro spirito in questi giorni, temi gravi, come la nuova guerra nel Pakistan, che altre peggiori ne minaccia, e le guerre sopite, ma tuttora accese, nel Medio e nell’Estremo Oriente, e la dolorosa condizione dell’Irlanda; e temi interessanti, come il Sinodo poco fa celebrato, e le questioni della pace nel mondo, eccetera; temi tutti che raccomandiamo vivamente alle vostre preghiere. Ma in questo breve momento di confidenziale conversazione, Noi preferiamo ancora discorrere del Natale, che, in un modo o nell’altro, tutti ci riguarda nel segno della serenità e della letizia.
Diciamo meglio: nel segno di Cristo. Una predica allora? no, una domanda piuttosto, la quale potrebbe anche dare motivo d’una predica, ma ora a Noi dà soltanto motivo di qualche semplicissima osservazione. La domanda è questa: quale interesse notate voi per Cristo nel mondo? La domanda ci ricorda quella che Gesù rivolse ai suoi discepoli a Cesarea di Filippo: «la gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?» (Matth. 16, 13).
PRESENZA DI CRISTO NELLA CHIESA
La risposta spontanea, che sembra essere a molti ora la più vera, suonerebbe così: interesse per Cristo? oggi, nessuno. Poi riflettendo un istante, la risposta si rettifica così: qualche interesse per Cristo c’è ancora. Intanto, dove esiste la Chiesa, è chiaro, l’interesse per Cristo non può essere che vivissimo; la Chiesa non è forse la continuazione storica, anzi la personificazione permanente di Cristo? non è il suo Corpo mistico? Per citare ancora una volta S. Agostino, ecco una sua parola: «Noi siamo tutti uno in Cristo, noi siamo il corpo di Cristo» (Enarr. in Ps. 26; PL 16, 211), essendo Lui il capo di questo corpo, che è la Chiesa, a cui noi abbiamo la fortuna di appartenere. Ed è già grande cosa che noi abbiamo coscienza di questa inscindibile unione fra Cristo e la Chiesa, dato che oggi in alcuni la contestazione osa sostenere che Cristo è altro Essere che non la comunità, la tradizione, la religione, il cristianesimo che da Lui reclamano il proprio principio. Ricordiamo bene : non si può concepire la Chiesa senza la sua derivazione storica, autentica, vitale da Cristo; anzi senza la sua presenza stessa nella Chiesa medesima, mediante la sua Parola, la sua grazia, la sua autorità pastorale e sacramentale, la sua comunione ecclesiale, che nell’Eucaristia ha la sua espressione più caratteristica e più piena per cui diventiamo tutti uno, con Lui e fra noi (Cfr. 1 Cor. 10, 17). La Chiesa è la memoria mistica e vivente di Cristo; dovunque è la Chiesa ivi è un interesse, ivi è una attualità palpitante di Cristo (Cfr. Matth. 28, 20). Basterebbe questa realtà storica ed escatologica della nostra fede per farci amare Cristo e la Chiesa ad un tempo.
Dunque un interesse per Cristo esiste tutt’oggi nel nostro mondo moderno, così marcato dalla negazione, o almeno dalla dimenticanza di Lui. Esiste in certi segni curiosi e bizzarri: le riviste americane riportavano poco fa delle fotografie di giovani «hippies», vestiti di maglie portanti delle scritte cubitali: io amo Gesù («I love Jesus»). Come mai, non si spiega; ma molti atteggiamenti di questa paradossale gioventù non si spiegano; eppure sono ostentati in tale spregiudicata maniera da creare una moda, da generare un mimetismo, che, se non depone per l’autonomia personale di troppi giovani, costituisce tuttavia un fatto, e lancia uno «slogan», un aforisma, che si diffonde con epidemica rapidità. Sarebbe venuto il momento dello «slogan» Gesù?
Ma vi sono altri segni dell’attualità di Cristo nel mondo contemporaneo. Non foss’altro per negarlo: l’incubo di Cristo nel mondo della cultura non è scomparso. Con questo risultato alla fine: che le negazioni più autorevoli e forbite di apparati culturali all’ultima moda provocano riesami e risposte da cui Cristo, da morto che era sotto i colpi della critica più raffinata, risorge più reale e più vivo di prima.
TUTTO CONDUCE AL NATALE
Per di più non tutte le affermazioni, che sorgono dal campo estraneo alla Chiesa, dov’è il Cristo vivo, sono radicalmente negative. È sempre di moda, perché vera, l’affermazione di Benedetto Croce, che noi non possiamo non dirci cristiani, tanto ciò che Cristo insegnò è iscritto ed acquisito nel processo storico dello spirito umano. E così il nostro caro e instancabile pensatore, Jean Guitton, in un libro pubblicato in questi giorni: «. . . io mi ricordo, egli scrive, che il mio vecchio amico Couchoud, che aveva filosofato tutta la sua vita sul Vangelo, mi diceva: Io ammetto tutto il Credo, salvo sub Pontio Pilato. Egli avrebbe dato il suo assenso a tutti i dogmi, a condizione che fossero tutti dogmi rivelati, senza alcun rapporto con la storia, Gesù non era esistito storicamente». Il che è forte, e non lascia tranquilli sull’oggettività del pensiero dell’illustre amico citato dal Guitton: è ben difficile sopprimere la parte di Pilato, cioè la realtà storica, nella vita di Gesù.
La sua presenza ci segue; ci illumina, se apriamo gli occhi alla luce; ci perseguita, se li chiudiamo. Chi se ne intende di letteratura contemporanea sa come la figura, o il messaggio di Cristo, affiorino, quasi per logica inevitabile, nella scena umana anche radicalmente profana e perfino nemica a riguardo di Lui.
Perché questa logica? questa necessità del pensiero e dell’esperienza umana di incontrare Gesù? Perché, a noi pare, Egli occupa le posizioni strategiche delle due vie inevitabili, che conducono una all’uomo, l’altra a Dio. Non per nulla Egli è il Figlio dell’uomo, ed Egli è il Figlio di Dio. Così che ogni volta che noi cerchiamo di interessarci dell’uomo, sia l’uomo «sapiens» degli scienziati e dei filosofi, sia l’uomo infelice e misero, il bambino, il povero, l’oppresso, il sofferente, il peccatore, il disperato . . . . noi siamo indotti a cercare Gesù, l’uomo vero, l’uomo-tipo, l’uomo buono, l’uomo libero, l’uomo nostro; e Dio voglia che sappiamo sperimentare la verità profonda della sua stessa parola: in ogni essere umano, bisognoso di aiuto e di salvezza, sono Io, Gesù (Cfr. Matth. 25, 40). E parimente ogni volta che noi cercheremo di scoprire la Verità suprema - che avvolge e che oltrepassa la sfera umana e il campo della conoscenza naturale, cioè qualche bagliore d’infallibile chiarezza del volto di Dio -, dovremo sostare, in ineffabile confidenza, su questa «immagine del Dio invisibile» (Col. 1, 15), e confessare la verità della parola dello stesso Gesù: chi vede me, vede anche il Padre» (Io. 14, 9).
Perciò chi ha interesse alle cose supreme, ancor oggi, deve avere interesse per Cristo. Ogni interesse della nostra vita, anche se temporale ed esterno, anche se agitato ed interno, può essere via verso l’interesse sommo e centrale, Cristo Signore. Purché sia raddrizzato, cioè onesto, vegliante, cercante, implorante; tutto conduce a Gesù. Tutto conduce al Natale. È il nostro augurio per voi. Con la Nostra Apostolica Benedizione.
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