PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Martedì, 25 aprile 1972
Rinnovarsi sempre secondo il disegno divino
Il pensiero della Pasqua, testé celebrata, ci segue, ci insegue. Non possiamo staccarci dalla riflessione del mistero pasquale. È la liturgia che ci esorta a prolungarla, poiché prolunga i suoi riti ed i suoi canti, su tale mistero, che del resto domina la teologia, anzi tutta la vita cristiana.
Come mai questo? Per la novità, l’eccezionalità propria del mistero, cioè la risurrezione di Cristo, «primogenito dei morti» (Apoc. 1, 5; Col. 1, 18) ritornati alla vita, e con ciò stesso diventato capo e fondatore d’un ordine nuovo; e per la novità che questa inaugurazione d’un nuovo e stupendo disegno divino riverbera sui destini dell’umanità, sul nostro personale destino. La Pasqua, non solo ci fa assistere al passaggio di Cristo dalla morte alla vita, ma instaura altresì una novità di vita per noi.
L'ANNUNCIO DELLA NOVITÀ
Bisogna che ci facciamo, per quanto è possibile, un qualche concetto di questa novità. Il concetto di novità, applicato alla vita stessa dell’uomo, è uno dei cardini della nostra fede, come è uno dei principi della vita spirituale e morale. E non è facile, nemmeno con l’immaginazione, entrare in questo regno delle meraviglie, che l’onnipotenza e la bontà di Dio «ha preparato per coloro che lo amano» (1 Cor. 2, 9). La Sacra Scrittura lascia trasparire qua e là un senso incantatore di questo ordine misterioso, al quale siamo incamminati. Ecce nova facio omnia esclama Colui che, nell’Apocalisse, siede sul trono della sua gloria: Io faccio nuova ogni cosa! È l’eco d’un vaticinio del profeta Isaia (Is. 43, 19), e che lascia intravedere una metamorfosi non solo nel campo umano, ma altresì nel cosmo (2 Cor. 5, 17; Is. 65, 17; 2 Petr. 3, 13; etc.); tanto che l’orecchio metafisico di San Paolo riesce a percepire il gemito «d’ogni creatura che... è nelle doglie fino a questo momento; e non soltanto essa, ma noi pure che abbiamo le primizie dello Spirito; noi stessi gemiamo dentro di noi aspettando ansiosamente l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo; infatti siamo stati salvati nella speranza» (Rom. 8, 22-24).
L’annuncio della novità si svolge in sistema, di cui noi ora annunciamo soltanto i capitoli. Capitolo primo, dicevamo, la novità della vita di Cristo: Egli, risorto, è proprio Lui in carne ed ossa, ma animato da leggi diverse da quelle che governano l’essere umano psicosomatico nel presente ordine temporale; la Sua è una vita nuova risuscitata e animata dallo Spirito Santo (Luc. 24, 39); è una vita caratterizzata da uno stato di superamento, uno stato di vittoria (Cfr. Rom. 8, 11).
Questo passaggio ad una pienezza nuova di vita, a noi pure conferita, avviene per gradi. Il primo grado, e in certo senso principale, è il passaggio dallo stato di peccato, cioè di rottura dalla sorgente della vita che è Dio, da uno stato di morte, che è conferito a noi dal battesimo; è questa Ia prima e sovrana novità, la prima e fondamentale liberazione. Se Cristiani, noi camminiamo già in navitate vitae (Cfr. 1 Cor. 15, 54. 9 Rom. 6, 4), possediamo ad uno stato iniziale, non sperimentale, ma reale, la grande novità della vita che non muore, candidata alla finale risurrezione.
UNO STILE NUOVO
Questa presente condizione comporta, cioè rende possibile, ed esige un’altra novità, quella spirituale che si esprime nel saperci ed in parte almeno nel sentirci figli di Dio, rinati, elevati ad un livello soprannaturale di esistenza. Abbiamo coscienza di questa fortuna? Di questa novità? Se sì, comprendiamo che una novità, morale questa, deve imprimere alla nostra vita uno stile suo proprio, uno stile cristiano, uno stile nuovo. Anzi, come c’insegna la Sacra Scrittura, dobbiamo lasciare cadere in noi l’«uomo vecchio», e dobbiamo rivestirci dell’«uomo nuovo». Questa parola è un programma. I maestri di spirito trovano tema di ampli e bellissimi insegnamenti: un «abito nuovo» questo, che non si logora, ma che da sé si rinnova, come insegna San Paolo (Col. 3, 10; Eph. 4, 23-24; Rom. 12, 2; 2 Cor. 4, 16). Uno stile nuovo, lo stile cristiano, sempre in via di perfezionamento, fino all’inverosimile, alla santità; lo insegna Gesù: «Siate perfetti come il Padre vostro celeste . . .» (Matth. 5, 48; Col. 4, 12; etc.).
IN VISTA DELLA VITA FUTURA
Per un cristiano il rinnovamento continuo è programma. Il principio aristotelico della immobilità del centro come principio della mobilità del cerchio intorno al centro rispecchia bene la vita cristiana. Fissità e novità: sono termini che riguardano essenzialmente la vita cristiana, simultaneamente.
E questo binomio di fissità e di novità dovrebbe esserci sempre presente, e darci risposta, sia dottrinale che pratica, alla grande questione modernissima del come essere cristiani fedeli, autentici, liberi e radicati in verità, in forme di vita, che non possono subire variazioni, e del come essere fervorosi e sempre tesi verso forme nuove di vita sempre fiorente di innovazioni e di progresso: bisogna tendere ad un rinnovamento continuo di vita (Cfr. Rom. 6, 4), nella fissità forte ed univoca alla fede (1 Petr. 5). Questa combinazione fra la fissità nella fede, nella speranza, nella carità, nell’ansia della coerenza e dell’autenticità cristiana, con la tensione verso l’esplorazione inesauribile della verità rivelata, nella vivace genialità dell’imitazione di Cristo e del servizio, sempre nuovo, sempre inventivo, alla salute dei fratelli, dovrebbe essere una delle aspirazioni costanti del cristiano autentico; dovrebbe, cioè, la nostra capacità di resistenza allo spirito rivoluzionario proprio del nostro secolo, e di emulazione vittoriosa nello stesso tempo nell’imprimere alla nostra vita cristiana un’agilità di movimenti, una genialità di operazioni benefiche, una freschezza di espressioni spirituali, apostoliche ed artistiche, ricordare a noi stessi il genio del cristianesimo, ch’è una sempre nuova fioritura di vita presente, cioè precaria in vista della futura, ma sicura dell’eternità; e dimostrare agli altri la coerenza e la fedeltà della nostra vita al Cristo risorto, «che ormai più non muore» (Rom. 6, 9).
Con la nostra Benedizione.
Diocesi di Parma
Rivolgiamo ora un cordiale saluto al pellegrinaggio della diocesi di Parma, guidato dal Vescovo Mons. Amilcare Pasini, e organizzato dall’Opera Diocesana per le Vocazioni Ecclesiastiche allo scopo di suscitare l’interessamento dei fedeli su questo problema.
Ecco un’iniziativa che raccoglie la nostra aperta lode e il nostro vivissimo incoraggiamento. Vi esprimiamo perciò, figli carissimi, la nostra gratitudine per il grande conforto che ci procurate con tale impegno, dimostrando così di aver fatto vostro l’ammonimento del Concilio che dice: «Il dovere di dare incremento alle vocazioni . . . spetta a tutta la comunità cristiana» (Optatam totius, 2). Vi esortiamo pertanto a perseverare con fiducia ed auguriamo di cuore che attraverso i vostri sforzi possa sempre più allargarsi quel concorso spirituale e morale che offre l’ambiente favorevole al fiorire delle vocazioni, e che è dato anzitutto, come lo stesso Concilio afferma, «con una vita pienamente cristiana» e con «la fervente preghiera» (Ibid.). A tal fine volentieri vi impartiamo la nostra Apostolica Benedizione.
Suore di S. Francesco di Sales
Rivolgiamo ora un saluto alle Figlie di San Francesco di Sales, qui presenti con le loro ex-alunne ed alunne, in occasione del primo Centenario di vita della loro Congregazione. La nostra parola vuol essere di compiacimento e di augurio. Compiacimento, anzitutto, per lo sviluppo che la vostra Famiglia Religiosa ha avuto fino ad oggi, dai suoi umili inizi a Lugo di Romagna, il 23 agosto del 1872, quando il locale Prevosto Don Carlo Cavina volle formare un gruppo di apostole della preghiera, della parola e dell’azione fra la gioventù, fra gli ammalati e fra gli anziani, per vivere l’ideale della Croce e della santità secondo lo spirito di grande equilibrio e di serena dolcezza, che promana dalla figura e dall’opera di S. Francesco di Sales. In questi cento anni la Congregazione è aumentata di numero, si è estesa in Francia, e di recente si è anche impegnata nell’azione missionaria diretta. È un segno di vitalità; di qui perciò il nostro augurio, che vi facciamo nel nome del Signore, affinché, fedeli alla fisionomia del vostro Istituto, possiate attendere generosamente alla vita di perfezione per meglio servire la Chiesa. Come ha sottolineato il Concilio Vaticano II, le anime consacrate «quanto più fervorosamente si uniscono a Cristo con questa donazione di sé, che abbraccia tutta la loro esistenza, tanto più la vita della Chiesa si arricchisce ed il suo apostolato diviene vigorosamente fecondo» (Perfectae caritatis, 1). Su questa via luminosa di dedizione e di servizio a Cristo e alle anime la vostra Congregazione sappia trovare sempre l’ispirazione per percorrere il suo cammino, in felice continuità con la sua tradizione centenaria, e in uno slancio che si protenda verso il futuro. A tanto vi conforti la nostra Benedizione Apostolica.
Pastori luterani della Svezia
We are pleased to welcome the Right Reverend Dottor Sven Silen, Bishop of the Lutheran Diocese of Västeräs in Sweden and many of his clergy with their wives.
You have come as pilgrims to the shrines of the great apostles and martyrs of the Church in Rome. You have also wished to make contact with the present-day Church here by paying us this visit, which-we assure you-is deeply appreciated, and by meeting the Clergy of Rome. Such contacts are welcome and indeed necessary if our Churches are to develop mutual confidence and work together for the restoration of the full unity willed by Christ. We hope that your visit will mark yet another stage on the road to the reconciliation of full fellowship in faith and charity. We assure you of our affection and of our prayers.
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