PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 28 giugno 1972
Pietro fondamento di unità
Domani è S. Pietro. È la festa del primo Apostolo, celebrata a Roma, già fino dal terzo secolo insieme con la festa di S. Paolo, cioè: «quella di S. Pietro in Vaticano; quella di S. Paolo sulla via Ostiense; di entrambi alle catacombe», dove ora si trova la basilica di S. Sebastiano (Cfr. KIRSCH, Jahrbuch f. Lithurgiewiss., 1923, 38, riassumendo il Martirologio così detto Geroniminiano; M. GUARDUCCI, La tomba di Pietro, p. 141 ss.).
Grande festa, a Roma specialmente, come si sa; l’Urbe sembra risvegliarsi nelle sue venerande memorie, tanto più care e stimolanti ora che i recenti scavi e gli studi nuovissimi ci hanno dato la commozione e la gioia della confermata autenticità della tomba e anche delle reliquie dell’Apostolo Pietro, custodite sotto la cupola della Basilica a lui dedicata.
Ma può succedere questo: che la meraviglia e la venerazione delle cose consuete e vicine si attenuano, se la riflessione non ce ne ricorda il senso ed il valore. Bisogna riflettere. E la riflessione, la quale ci porterebbe a profonde e interminabili escursioni nella sacra Scrittura, nella Teologia, nella Storia, nell’Agiografia, e soprattutto nell’Ecclesiologia, ci è facilitata e semplificata, ad uso almeno di questo nostro breve sermone popolare, dai simboli di cui la figura di Pietro è circondata.
IL NOME
A cominciare proprio dal nome stesso di Pietro. Conoscete il racconto evangelico (Cfr. Matth. 16, 18). Chi diede questo nome a Simone, figlio di Giovanni? perché tale era il suo nome originario. Fu Gesù Cristo stesso, che, dopo la dichiarazione ispirata, fatta a Lui dall’Apostolo: «Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivo», proclamò: «. . . e Io dico a te, che tu sei Pietro, e su questa Pietra, Io edificherò la mia Chiesa». Che cosa comporta questa metamorfosi, operata da Cristo stesso, di Simone trasformato in Pietro, e messo al posto della pietra angolare della costruzione progettata da Cristo; posto che solo al Signore stesso deve spettare? (Cfr. Matth. 21, 42; Act. 4, 11; Rom. 9, 33; 1 Petr. 2, 6) Quali concetti richiama, quali doveri impone, quali prerogative conferisce, quali disegni divini rivela, quale ecclesiologia stabilisce, quale prodigio storico permanente annuncia . . . la scelta d’un tale nome inventato ed imposto dal Signore al suo discepolo, il quale, umanamente parlando, non sembrava esservi predisposto? Provate a pensarci (Cfr. S. Aug. Sermo 293; PL 38, 1348).
LE CHIAVI
Un altro simbolo: le chiavi. Cristo a Pietro preannuncia la consegna delle chiavi. Quali chiavi? «Le chiavi del regno dei cieli» dice il Signore. Che cosa vuol dire? le chiavi indicano la potestà, indicano la facoltà di disporre, di aprire e di chiudere per incarico del padrone di casa. Di quale casa? il regno dei cieli, cioè l’economia della salvezza, il disegno misterioso dell’ordine soprannaturale nascosto da secoli e instaurato da Cristo fra Dio e gli uomini (Cfr. Col. 1, 26; Eph. 1, 7 ss.). «Il dono delle chiavi è dunque l’investitura del potere su tutta la casa» (LAGRANGE, Matth. 16, 13). Pietro, e con lui il collegio degli altri Apostoli, è nominato intermediario necessario per l’accesso regolare al regno dei cieli . . . Anche questo simbolo così semplice e così chiaro, ma così denso di significato, invita a pensare.
LA RETE
E la rete? la vedete appesa sulla porta della Basilica, stilizzata in forma abbastanza strana, ma che dice il concetto, e tanto basta. Il concetto, qual è? È quello che ricorda l’umile, ma bella professione di Simon Pietro. Egli era pescatore. E Gesù si vale di questa qualifica, relativa al mestiere del discepolo e di altri parimente con lui, per significare sotto la figura della pesca la missione a cui Pietro e gli Apostoli saranno destinati: «Vi farò diventare, dice il Signore dopo Ia sorpresa della pesca miracolosa, pescatori di uomini!» (Matth. 4, 19). Pescare gli uomini! Cioè: avvicinarli, conoscerne i costumi ed i bisogni, saperli aspettare, sapersi adattare alla loro mobilità, avere l’arte di attrarli, il cuore capace di amarli, la sapienza di convincerli; ecco l’ufficio apostolico, ecco l’esercizio d’un ministero paziente, ecco la prospettiva di un’estensione universale della predicazione evangelica, ecco la tacita promessa di Cristo, che la temeraria impresa di convertire a Lui il mondo potrà avere, non per abilità umana, e nonostante l’ostinata resistenza degli uomini, ma per divina virtù, un insperato esito felice.
LA BARCA
Pietro pescatore ci fa pensare ad un altro segno che lo caratterizza: la sua barca; quella barca sulla quale salì Gesù come sopra una cattedra, ed ivi seduto ammaestrava le turbe «raccolte sulla riva del lago di Genezareth» (Luc. 5, 3); quella barca donde Gesù ordinò di lanciare le reti, e furono piene di pesci a tal punto che un’altra barca fu chiamata al soccorso, ma non senza temere che entrambe facessero naufragio, così che Pietro, uomo del mestiere, notò subito il carattere miracoloso del fatto e proruppe in uno stupendo atto di umiltà, cadendo in ginocchio davanti a Gesù ed esclamando: «Via da me, Signore, perché io sono uomo peccatore» (Ibid. 5, 8); quella barca, su cui Gesù, sedendo a poppa (v’era, osserva Marco forse informato da Pietro, anche un cuscino), misteriosamente s’addormentò; e infuriando un’improvvisa tempesta, i discepoli atterriti lo svegliarono, e Gesù alzatosi intimò al vento furioso di calmarsi e al mare fremente di tacere; e subito fu grande calma (Marc. 4, 35-41); quella barca, che sembra simboleggiare l’aspetto mobile e relativo della Chiesa, che naviga sulle onde del tempo e della storia, e che ancora figura come stemma di Pietro nel sigillo adoperato tuttora per dare autenticità ai documenti più gravi della Chiesa, segnati dall’«anello del Pescatore».
IL GALLO
E ancora un altro segno ci narra la storia di Pietro, il gallo. Quel gallo implacabile che cantò nella notte della negazione, la notte del processo di Gesù, come Gesù aveva predetto: «Prima che il gallo canti per la seconda volta, mi rinnegherai» (Matth. 14, 72). Pietro uomo ci appare nella sua drammatica complessità psicologica, nella sua fragilità umana; era buono, sincero, era esuberante di sentimenti e di parole; si fidava, così trasportato dal suo entusiasmo, si fidava di sé, Il demonio prevalse su di lui (1 Petr. 5, 8). E subito la paura l’invase, e negò, e mentì alla fedeltà e all’amore: «Non lo conosco!» (Marc. 14, 71). Per fortuna - oh! quale bontà di Cristo per il suo debole e prescelto testimonio! - Gesù, proprio in quel momento, «si voltò e guardò Pietro» (Luc. 22, 61); e tanto bastò per sconvolgere nel rimorso e nel pianto il povero apostolo, che fuggì, ma non disperò. Gesù gli aveva anche predetto ch’egli si sarebbe ripreso e che sarebbe stato poi suo compito di «confermare i suoi fratelli» (Ibid. 22, 32).
Possiamo concludere questa serie di simboli ricordando l’ultimo, quello del Pastore, altro titolo proprio di Gesù, che il Signore risorto, dopo aver fatto salire dal cuore di Pietro tre volte la professione dell’amore, tre volte gli affida la missione d’essere per eccellenza il pastore del gregge di Cristo; il pastore, in sua vece, della sua Chiesa (Io. 21, 15 ss.). Meditate: Pietro Pastore, vivente nei suoi successori, «perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità» (Lumen Gentium, 23), nella fede, nella speranza, nella carità!
Chi ora vi parla, esulta e trema rievocando queste immagini evangeliche, relative a Pietro, in cui oggi la Chiesa onora Gesù Cristo; e voi potete comprendere perché. Abbiate allora, Fratelli e Figli carissimi, una preghiera anche per noi, che indegni, ma veri successori di Pietro, tutti di cuore vi benediciamo.
Pellegrini di Acireale
Un particolare saluto desideriamo rivolgere ai numerosi pellegrini di Acireale, i quali, in occasione del primo centenario della esecuzione della Bolla Pontificia che istituiva la loro Diocesi, sono venuti a Roma, per manifestare la loro fede indefettibile in Cristo e la loro costante devozione alla Cattedra di Pietro.
Vogliamo esprimervi in questa lieta circostanza, carissimi figli, il nostro compiacimento per la generosa e fattiva vitalità dimostrata dalla vostra Diocesi nelle molteplici opere sorte sotto la guida di Vescovi operosi ed esemplari, come Monsignor Giambattista Arista, del quale è in corso il processo informativo di Beatificazione, Monsignor Salvatore Russo, da noi conosciuto, e per 32 lunghi anni vostro amato Pastore, e il venerando Cardinale Fernando Cento, il quale nel suo, pur breve, servizio episcopale nella vostra Diocesi, ha lasciato una profonda orma di bontà pastorale.
Noi auspichiamo che questa ricorrenza centenaria non sia soltanto una celebrazione del passato, ma un invito e uno sprone per il futuro. A voi, fedeli di Acireale, ma, in particolar modo, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai seminaristi, ai laici impegnati nei vari campi dell’apostolato, vogliamo raccomandare che siate saldamente radicati nel Cristo, mediante una inconcussa fedeltà al suo Vangelo e una perfetta unione con i vostri Pastori, affinché si manifesti, sempre più, nella vostra Comunità diocesana la presenza e l’opera salvifica della Chiesa di Cristo, Una, Santa, Cattolica e Apostolica (Cfr. Christus Dominus, 11).
Con questi voti e in segno della nostra paterna benevolenza, vi impartiamo l’Apostolica Benedizione.
Sacerdoti di Napoli
Occasione di particolare conforto è per noi accogliere in questa Udienza il nostro venerabile Fratello Cardinale Corrado Ursi, Arcivescovo di Napoli, e il gruppo di sacerdoti da lui guidati nella circostanza del XXV della loro ordinazione sacerdotale.
La vostra esultanza, carissimi figli, non può non essere da noi condivisa e incoraggiata per le nobili motivazioni di cui è espressione sincera.
Essa ci manifesta, infatti, la vostra testimonianza di fedeltà a Cristo Eterno Sacerdote e alla Chiesa sacramento di salvezza: a Cristo, che vi ha scelti, vi ha chiamati e amati con amore di predilezione, che vi ha sostenuti durante le fatiche del vostro ministero; alla Chiesa, che maternamente vi ha seguiti con i suoi consigli e le sue esortazioni, sempre disposta a comprendere le vostre aspirazioni, a stimolare le vostre forme di apostolato, a dimostrarvi piena fiducia. Lasciate, pertanto, che ci congratuliamo con voi per il bene che, con l’aiuto del Signore, avete sinora operato in mezzo al Popolo di Dio, certi come siamo che non lascerete trascorrere quest’ora di grazia senza riconsiderare, con impegno pari alla grandezza del dono ricevuto, la dignità della vostra missione di testimoni e di maestri di verità.
Facciamo voti che, a imitazione del divin Maestro, sappiate sempre dispensare la verità e la grazia, avvalorando il vostro servizio sacerdotale con l’esempio della vita, santificata dalla preghiera e dal sacrificio.
Con tale auspicio, paternamente vi benediciamo.
L’Istituto Teologico per Laici «S. Tommaso d’Aquino»
Desideriamo ora porgere un cordiale benvenuto al gruppo degli iscritti al corso di teologia, promosso dall’Istituto Teologico per Laici «San Tommaso d’Aquino», con sede nella città di Sora. Siamo lieti di rilevare l’importanza di questa Istituzione, rispondente alla necessità di intensificare nel Popolo di Dio la conoscenza delle dottrine sacre per la «formazione di un maturo laicato cristiano» (Ad Gentes, 21), e dovuta allo zelo del Vescovo di Aquino, Sora e Pontecorvo, Monsignor Carlo Minchiatti, qui presente; a lui e a quanti lo coadiuvano vada la nostra gratitudine e il nostro plauso.
Ma noi confidiamo che primi a comprendere il valore di questa iniziativa pastorale, siate voi, figli carissimi, che ad essa avete aderito con entusiasmo. Vi esprimiamo il nostro compiacimento per l’impegno così dimostrato, e in pari tempo vi ringraziamo per la testimonianza di devozione filiale, che avete voluto offrirci con l’odierna visita. Ed eccovi la nostra esortazione: procurate di perseverare nello studio approfondito delle sacre dottrine, per trarne costante alimento al vostro spirito, e per attingervi l’aiuto necessario a pensare e ad agire nella pienezza cosciente della vostra fede. Saprete così apprezzare anche meglio lo sforzo che la Chiesa in questi anni sta facendo, con sofferta fedeltà e con pastorale bontà, per promuovere il rinnovamento religioso; e sarete stimolati a diventare voi stessi gli apostoli della verità, in adesione riconoscente ai maestri della fede, e nel generoso adempimento del dovere che il Concilio Vaticano II ha tratteggiato per tutti i laici cristiani, affinché vivano la propria vocazione configurati a Cristo Signore, a servizio dei propri fratelli.
In questo senso noi auguriamo il felice conseguimento delle finalità a cui tende l’Istituto Teologico per Laici, intitolato al grande Dottore della Chiesa San Tommaso d’Aquino. Avvaloriamo i nostri voti con la propiziatrice Benedizione Apostolica, che ci è caro impartire a ciascuno di voi e ai vostri docenti, e con particolare pensiero al vostro degno Pastore, estendendola altresì all’intera Comunità diocesana, affidata alle sue sollecitudini pastorali.
L’arciconfraternita della Misericordia di Firenze
Un particolare saluto rivolgiamo ora al pellegrinaggio della Arciconfraternita della Misericordia di Firenze, venuto a portarci l’attestato della propria devozione e a chiedere una parola di incoraggiamento e di benedizione.
Noi siamo in dovere di concedervela, carissimi figli, questa parola, perché il vostro antichissimo e tuttora fiorente sodalizio la merita per diversi titoli: per il numero dei suoi iscritti, per il suo spirito e le sue finalità, per il suo tradizionale attaccamento alla Santa Chiesa, e soprattutto per la sua attività, benefica e sollecita, a favore di tanti ammalati ai quali porta l’impareggiabile conforto di una assistenza fraterna sia negli ambulatori, sia a domicilio, sia negli ospedali, nei ricoveri, negli orfanotrofi. Per quest’opera di vera misericordia che voi svolgete, figlioli, siate benedetti dal Signore. E permetteteci di rivolgervi una duplice raccomandazione: amate la vostra associazione! Essa è una grande scuola per voi. Vi rende sensibili alle necessità del prossimo e affina in voi i più nobili impulsi del cuore, per lo spirito di sacrificio che esige. E inoltre la vostra attività continui con sempre rinnovato impegno nel solco regale della genuina carità cristiana: è tanto più facile, tanto più bello, tanto più meritorio, quando si assiste il dolore umano per amore di Cristo, il grande misterioso Paziente, che soffre in ciascuno di coloro sui quali si curva la vostra premurosa sollecitudine.
Noi chiediamo perciò al Signore di benedire le vostre molteplici iniziative; e mentre vi ringraziamo della visita, impartiamo di gran cuore a voi e a tutti i vostri soci la nostra Apostolica Benedizione.
Neo-comunicati di varie regioni
Ancora una volta si rinnova nel nostro spirito la gioia di trovarci tra i fanciulli e gli adolescenti, i prediletti di Gesù, tra i quali Egli amava sostare, abbracciandoli e indicandoli a esempio da imitare: «Se non diverrete come uno di questi piccoli, non entrerete nel Regno dei Cieli» (Cfr. Matth. 18, 3).
Come al Salvatore Divino, che ha voluto chiamarci ad essere suo umile rappresentante, anche a noi è caro soffermarci in mezzo a voi, per dirvi la nostra benevolenza, la nostra speranza, il nostro compiacimento.
Ci sono tra voi coloro, che per la prima volta hanno ricevuto Cristo Signore nell’Eucaristia, iniziando una consuetudine di amicizia con lui, che non si dovrà troncare più, ma crescere d’intensità e di convinzione man mano che passeranno gli anni; altri sono alunni di Scuole medie che, terminati i loro corsi, hanno fatto un altro passo in avanti nella formazione alla vita, alle cui responsabilità si preparano con lo studio e con la padronanza di sé.
Agli uni e agli altri diciamo con intimo affetto: restate fedeli ai propositi che vi hanno animato finora; fate sempre onore a Cristo con una vita gentile, buona e generosa, spesa per un ideale che valga; non mettete mai in pericolo la ricchezza della fede, che avete approfondito, e la santità della vita, che l’incontro col Signore ha improntato della sua forte presenza; e - ve lo diciamo con San Paolo, di cui nove anni fa scegliemmo il nome - «siate sempre lieti nel Signore, siate lieti . . . Tutto ciò che vi ha di vero, di nobile, di giusto, di puro, di amabile, di onorevole, tutto ciò che è virtuoso e degno di lode, questo formi l’oggetto dei vostri pensieri» (Phil. 4, 4, 8). La vita, cristianamente vissuta, è bella, è grande, è destinata ad alte mete, e merita di essere accettata nella sua totalità, come risposta al Signore che ci ha amati per primo, e attende il nostro impegno di servizio, a lui ed ai fratelli.
Lo farete sempre, vero? Ne siamo certi; e, per confermare questi voti, di cuore vi impartiamo la nostra Benedizione Apostolica, che estendiamo anche ai vostri genitori ed educatori. Tutti accompagni la grazia del Signore!
Visitatori giapponesi
We are happy to speak a special word of greeting to the Japanese pilgrims from the Parish of Saint Elizabeth in Tokyo. We welcome you as representatives of the Church in Japan and of your noble nation. We greet the priests as members of the Franciscan family, which has a long tradition of serving Christ in the persons of the poor. And we thank you warmly for coming to visit us, in spite of the sacrifices that such a journey has involved.
Un coro olandese
Liebe Sänger und Pilger aus Holland!
Von herzen begrüssen Wir Sie in der Ewigen Stadt und heissen Sie willkommen hier in der neuen Audienzhalle. Wir danken Ihnen, auch im Namen der hier anwesenden Pilger, für Ihre ausgezeichneten gesanglichen Darbietungen.
Ihr Name «Deo Sacrum» zeigt deutlich die hohen Zielsetzungen Ihres Chores. Denn die Pflege der Kirchenmusik bedeutet für Sie eine heilige Aufgabe: Sie verherrlichen Gott und erheben die Herzen Ihrer Zuhörer zur Gottesliebe. Die Heilige Schrift wie auch die Kirchenväter haben den gottesdienstlichen Gesängen hohes Lob gespendet. Und das Zweite Vatikanische Konzil betont in seiner Konstitution über die Liturgie: «Der Schatz der Kirchenmusik möge mit grösster Sorge bewahrt und gepflegt werden».
Fahren Sie also fort, liebe Sänger, mit froher Begeisterung zur Ehre Gottes und zur Erbauung der Mitmenschen das geistliche Lied zu pflegen. Dazu erteilen Wir Ihnen und allen Anwesenden von Herzen Unseren Apostolischen Segen.
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