PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 18 luglio 1973
Che cosa significa essere cristiano?
L'antico Catechismo cominciava con una domanda strana, che sembrava superflua, come un lume acceso alla luce del sole: «siete voi cristiano?», e la risposta risultava molto facile, di prima evidenza: «sì, io sono cristiano, per grazia di Dio». Quella prima battuta della dottrina religiosa aveva tuttavia due meriti dialettici, che la rendono ancora per noi attuale e sapiente: il merito d’essere posta in forma di dialogo; e il dialogo conserva oggi la sua piena validità nel discorso religioso; e di più il merito di rendere cosciente ciò che l’abitudine facilmente priva del suo carattere originale ed importante, e fa sembrare del tutto ovvio e connaturato; e questo intento di mettere in evidenza interiore il fatto di essere cristiano assume oggi un significato nuovo, quello, quasi polemico, d’un confronto con un mondo circostante che cristiano non è, o che almeno tale non si professa. Siamo alla questione, tanto tormentata ai nostri giorni, dell’«identità» del cristiano, la quale aggredisce la sua coscienza a tutti i livelli: chi è il cristiano, in fin dei conti? Chi è il credente? Chi è il cattolico nel confronto con chi non lo è? Chi è il prete? Chi è il religioso? Chi è il laico? Queste e simili altre domande attendono una duplice risposta: una cavata dalla profondità della propria interiore consapevolezza, che non possiamo qui esplorare prescindendo da una realtà, la quale ora supponiamo incontrastabile, la realtà religiosa, il fatto cioè d’appartenere alla nostra religione cattolica; l’altra risposta invece dev’essere risultante dal fatto estrinseco, ma dominante, dell’appartenenza al nostro tempo, alla convivenza sociale quale la formano, la impongono, la trasformano l’attualità del costume, della mentalità, della moda del momento storico socio-culturale presente. E la definizione che uno dà di se stesso, oscilla oggi più che mai fra le due risposte: sono figlio della Chiesa, cioè figlio adottivo di Dio Padre, per Cristo, nello Spirito Santo; ma sono e mi sento anche figlio del mio tempo. Certamente le due risposte sono complementari, e perciò non sarà difficile fonderle in unica coscienza cristiana moderna; ma mentre la seconda s’impone da sé, la prima dev’essere termine d’una riflessione, d’una scoperta, d’un primo atto di fede sopra la nostra sorte, per il fatto che siamo cristiani.
A noi ora interessa, sotto molti aspetti, la prima risposta.
Che cosa significa essere cristiano?
Vorremmo che ciascuno di noi ritornasse con genio critico a questa assillante questione del nostro sillabario religioso.
Più volte ci esorta a compiere questo esame introspettivo la catechesi apostolica; scopriamo subito che la nostra personalità è oggetto d’un antecedente ed ineffabile pensiero divino: Dio «ci ha eletti in Lui (Cristo) ancora prima della fondazione del mondo» (Eph. 1, 4); una vocazione intenzionale al disegno divino della salvezza domina perciò il nostro destino (Cfr. Rom. 8, 30; Col. 3, 12; 2 Thess. 2, 12); nostro dovere è di accorgerci d’essere chiamati: «Considerate, fratelli, scriverà S. Paolo ai Corinti, la vostra vocazione» (2 Cor. 1, 26); di essere, come scrive S. Pietro, «una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo d’acquisto . . .» (1 Petr. 2, 9). Il primo albore della nostra coscienza cristiana dovrebbe essere quella di possedere un’immensa fortuna, d’essere elevati ad un’incomparabile dignità. Chi non ricorda le solenni e scultoree parole di S. Leone Magno: «Riconosci, o cristiano, la tua dignità?». Non ci dobbiamo sentire al tempo stesso cristiani e felici. Sì, cristiani e felici di esserlo (Cfr. 1 Petr. 4, 16).
Quante volte ci è ripetuto e raccomandato: «Siate lieti nel Signore; lo ripeto: siate lieti», così S. Paolo ai Filippesi (Cfr. Matth. 5, 12; 2 Cor. 13, 11; 1 Thess. 5, 16; 1 Io. 1, 4, etc.). Una inalterabile gioia è componente necessaria della psicologia cristiana, anche nelle avversità e nelle tribolazioni: «io sono inondato di gaudio in mezzo a tutte le nostre tribolazioni» (2 Cor. 7, 4). E tale gioia non si attenua, anzi si avvalora nell’espressione stessa dell’umiltà, che è perfetta nella riconosciuta verità della sproporzione fra la grandezza di Dio e la piccolezza della creatura umana: ricordate il Magnificat della Madonna (Luc. 1, 46-55); e nemmeno si spegne, anzi rinasce nella confessione dolorosa delle proprie colpe (Cfr. Ps. 50, 10: «esulteranno le ossa umiliate»).
Questa coscienza di beatitudine esistenziale spiega come la voce più fedelmente interprete della nostra condizione di cristiani sia quella del rendere grazie a Dio, come facciamo nel «prefazio» della Messa, e come nell’Eucaristia, che vuole appunto dire «rendimento di grazie», noi traduciamo in linguaggio sacramentale, operante in Cristo stesso, la pienezza della nostra identità soprannaturale: «Io vivo, ma non già io; vive in me Cristo» (Gal. 2, 20).
Forse che allora la vita cristiana diventa, anche nella nostra presente condizione mortale, facile e umanamente felice? Oh, no! lo studio circa la definizione della nostra realtà cristiana ci porterà subito (non ora) a trovare un’altra componente della nostra sorte, e quindi della nostra psicologia, e cioè il dolore, il sacrificio, la croce. Ma ci basti ora riaffermare questa prima caratteristica della nostra elevazione cristiana: quella delle dimensioni sconfinate del regno di Dio in noi, fin da ora (Cfr. Eph. 3, 18).
E perciò sarà nostra vigilante premura di non cedere alle insinuanti e arbitrarie ideologie di coloro che pretendono dare al cristianesimo una nuova interpretazione, che prescinda dall’insegnamento della tradizione e dalla teologia della Chiesa, e che per forza di cose è orientata alla vanificazione della realtà religiosa della nostra fede. Così sapremo giudiziosamente vigilare sulle correnti, che pervase di un abusivo spirito critico, preconcetto e negativo, intendono desacralizzare, o demitizzare la religione cattolica; ne sarebbe presto profanata non solo la nostra fisionomia spirituale e cristiana, ma quella umana altresì. Tema attuale, da ripensare.
Con la nostra Benedizione Apostolica.
Fratelli delle Scuole Cristiane
Ci sentiamo ora debitori di un particolare, affettuoso saluto al folto gruppo di religiosi anziani, appartenenti alla Congregazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane e convenuti ad Albano per un corso di esercizi spirituali.
Figli carissimi! Ci è sempre motivo di paterno compiacimento l’incontro con degni e benemeriti religiosi; e sempre siamo grati a coloro i quali, come voi, vogliono esprimere con la loro visita la conferma dell’offerta solenne della loro vita a Cristo e alla Chiesa. Grazie vivissime per questa vostra testimonianza di filiale pietà. Trovandoci innanzi a membri di un Istituto cui tanto deve la causa della scuola cattolica, avremmo molte cose da dirvi. Ci limitiamo a questa paterna esortazione: siate fedeli alla Chiesa e alla vostra vocazione!
Sì, fedeli alla Chiesa, alla sua dottrina, alle sue direttive, alla sua gerarchia; sappiate comprendere i suoi desideri, le sue necessità, i suoi pericoli, le sue sofferenze. E inoltre fedeltà alla vostra vocazione di religiosi votati all’educazione cristiana della gioventù. Appartenete ad un Istituto che può vantare tante benemerenze nel campo educativo; siate i fedeli custodi delle sue gloriose tradizioni. Questa fedeltà vi impone di essere apostoli della gioventù nel mondo moderno, ma senza confondervi con esso, senza assimilarvi ad esso. Dovete essere tali con la vostra saggezza, con la vostra prudenza, col vostro zelo, con lo spirito di amore e di sacrificio che caratterizza l’autentico educatore cristiano. Il Signore sarà con voi, non dubitate.
Vi accompagni nello sforzo della vostra santificazione personale e del vostro delicato ministero la nostra Apostolica Benedizione.
Villaggio San Camillo di Sassari
Un particolare saluto desideriamo rivolgere al gruppo dei ragazzi spastici, ospiti del «Villaggio San Camillo» di Sassari.
Vogliamo dirvi, figli carissimi, tutto il Nostro affetto ed il nostro sincero augurio affinché, preparati moralmente e professionalmente, possiate reinserirvi con fiducia nella vita e guardare con serenità al vostro futuro, nella certezza di essere circondati dalle premure dei vostri cari, dei buoni Padri Camilliani, della Chiesa, Madre amorosa la quale, sull’esempio di Gesù, predilige i piccoli e i deboli.
Con questi auspici, invochiamo sulle vostre persone e su quanti hanno cura di voi l’abbondanza delle grazie celesti, in pegno delle quali vi impartiamo la confortatrice Apostolica Benedizione.
Pellegrini di Tahiti
Nous ajoutons quelques mots à l’intention d’un groupe de trente pèlerins venus de l’ile de Tahiti. Parmi la foule de nos visiteurs d’aujourd’hui, ils représentent, si l’on peut dire, les populations de l’Océan Pacifique, et contribuent à donner à tette Audience un caractère vraiment universel.
Quand vous rentrerez chez vous, chers amis, après un voyage riche de découvertes, dites à vos parents et à vos compagnons de travail, à vos frères chrétiens et à ceux qui attendent de vous l’annonce de l’Evangile, dites-leur que, malgré la distante, ils ont leur place dans notre cceur et que nous les aimons paternellement. Et vous-memes, puissez dans ce pèlerinage des forces neuves pour la tkhe que le Seigneur vous confie. Avec notre Bénédiction Apostolique.
Capitolari dell’ordine delle Scuole Pie
Reservamos hoy un saludo particular al Padre General de los Religiosos Escolapios y a los demás miembros que participan en el Capítulo General de su Instituto.
Amadísimos hijos: Os recibimos con ánimo grato porque sabemos con cuánto empeño y amor estáis emprendiendo una nueva etapa, que será sin duda de crecimiento y perfección para vuestro Instituto, tan cargado de méritos por su entrega a la educación de la juventud.
Apreciamos y tenemos en grande estima vuestra dedicación a esta forma de evangelizar, tan querida a la Iglesia, que supone sacrificio diario, el diálogo constante con las almas jóvenes, haciéndoos los confidentes partícipes de sus problemas, los testigos privilegiados de sus ansias por lograr un mundo mejor y más auténticamente cristiano. Sed pues ese modelo cercano, dechado de bondad de corazón, de religiosidad transparente, como estaba en la mente de San José de Calasanz, vuestro Fundador, dispuestos siempre a seguir las huellas de este hombre de Dios e hijo de su tiempo.
Con nuestra Bendición Apostólica para vosotros y para toda la gran familia de vuestro Instituto.
Pellegrini del Messico
Un saludo de bienvenida para los numerosos peregrinos mexicanos, jóvenes en especial, que han querido visitarnos hoy.
Que este encuentro sea para todos vosotros un motivo de reflexión y un estímulo más para vivir auténticamente los ideales cristianos y ser fieles testigos del Señor en medio de la sociedad que os rodea.
Con nuestra Bendición Apostólica para vosotros, para vuestras familias y para todo México.
Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana