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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Aula delle Udienze
Mercoledì, 2 aprile 1975

 

La dimensione della gioia nella fede cristiana

La Pasqua è tale festa che deve essere non solo celebrata, ma ripensata, e poi vissuta. Essa esige questo prolungamento spirituale per la preparazione, che l’ha preceduta e che ha inserito negli animi dei fedeli, dei neofiti specialmente, una grande ricchezza d’insegnamenti, i quali non avevano un carattere transeunte, ma volevano iniziare i cristiani, i neo-cristiani soprattutto, a un modo nuovo e caratteristico di pensare e di vivere; questa pedagogia non tramonta, ma prosegue con la celebrazione del grande giorno pasquale. Inoltre il mistero pasquale introduce negli animi tali motivi di pensiero, tali verità da credere e da applicare alla vita vissuta che reclamano una continuità spirituale e morale, la quale dà al fedele la sua più saliente qualifica di cristiano.

Quali sono gli aspetti di questo ripensamento? Sono parecchi; e primo dovrebbe essere il silenzio interiore. Tante sono le voci, che hanno scosso e commosso i nostri spiriti, che sarà cosa saggia riascoltarne gli echi interiori, meditarne il significato, rigoderne le sante emozioni. Non si tratta ora di quel silenzio che spegne le voci ascoltate e cade nell’inerzia e nel sonno; ma piuttosto quel silenzio in cui lo spirito, sottratto agli stimoli dei suoni esteriori, ascolta se stesso, rievoca le voci e le impressioni entrate nella sua coscienza, le medita, le rumina, le assorbe, le consegna alla memoria e alla volontà; e ciò per diffonderci a considerare quel silenzio mistico, ch’è già colloquio con Dio e già muta risposta al colloquio con l’ineffabile linguaggio dello Spirito Santo, quando Egli stesso, lo Spirito, interprete della parola del Cristo, divenuto maestro del cuore, esprime a noi, e per noi a Dio un modo di pregare inesprimibile (Cfr. Rom. 8, 26-27).

Ma forse non sarà a tutti facile rientrare subito dopo la Pasqua in questa cella interiore di grande silenzio, nella quale chi è allenato all’arte della preghiera può intercettare gli accenti misteriosi del mistero pasquale. Più facile, più comune, e perfettamente legittimo è invece un altro modo di ripensare tale mistero pasquale, specialmente se la sua celebrazione è stata preparata e partecipata; ed è l’esperienza d’una grande onda di esultanza; ed è esperienza non solo passiva, ma provocata, come possibile, dall’anima stessa, consapevole delle dimensioni (qui il termine sembra appropriato), dell’amore di Cristo: « la larghezza, la lunghezza, l’altezza, la profondità », così le denota San Paolo (Eph. 3, 18-19): come non cantare? come non proclamare « magnalia Dei » (Cfr. Act. 2, 11) le cose grandi di Dio, come la Madonna col suo Magnificat? come non effondere la pienezza di sentimenti accumulati durante il laborioso tirocinio quaresimale e il drammatico rito del triduo pasquale?

Ma a questo punto, cioè a quello del ripensamento immediato e globale della Pasqua, trionfo della Vita nuova, già perfetto in Cristo, iniziato e promesso in proporzionata pienezza un giorno anche per noi, come trovare espressioni adeguate? La Chiesa, che ben sa a quale vertice d’ineffabilità può arrivare il sentimento religioso, ha trovato una soluzione, quella di condensare il giubilo, l’emozione, l’amore in una sola parola, in una sola esclamazione: alleluia! Questo è il grido pasquale, ed è un grido biblico, antichissimo; lo troviamo già nell’Antico Testamento (Cfr. Ps. 135, 1 ss.), ed è largamente passato nelle liturgie del Nuovo Testamento. Significa: lodate il Signore!, e poi è servito specialmente per dare alla gioia spirituale la sua nota spontanea ed esplosiva, che tutto dice e più vorrebbe dire; il canto sacro vi ha trovato il testo per le sue incantate e incantevoli divagazioni melodiche, come la voce per le sue potenti acclamazioni collettive; ma sempre per esprimere un gaudio prorompente dal cuore, riboccante di fede e di amore (Cfr. Apoc. 19, 1-7).

Alleluia! fermiamoci a questo grido pasquale! Per farlo nostro, con la liturgia della Chiesa. E poi per mettere nel codice della nostra mentalità cattolica questo canone fondamentale: la nostra fede, la nostra vita religiosa, è fondamentalmente ottimista. Anzi è per la beatitudine. Drammatica, dolorosa, terribile perfino in certi suoi accenti ed in certi suoi gravissimi dogmi, l’adesione a Cristo e alla sua Chiesa è orientata verso la gioia, verso la felicità. Il cristiano, il fedele, il santo non può essere che fede. Sempre, anche nelle tribolazioni (Cfr. 2 Cor. 7, 4). « E nessuno, dice Cristo, vi potrà togliere il vostro gaudio » cristiano (Io. 16, 22). Alleluia dunque! con la nostra Benedizione Apostolica.


Basilica Vaticana

Il Santo Padre rinnova le preghiere per la popolazione vietnamita tormentata dalla guerra

Nous accueillons ce matin avec une grande emotion un groupe de pèlerins venus du Viêt-Nam. Oh, chers amis, comme Nous avons pensé à vous durant tous ces jours de la Semaine Sainte, où vos compatriotes ont vécu une véritable passion; une passion qui continue, avec toute la furie et les horreurs de la guerre, toutes les souffrances nouvelles qui s’ajoutent à des plaies anciennes, avec la précarité des conditions de vie de ceux qui s’engagent dans un nouvel exode ou de ceux qui restent.

Ce matin, Nous invitons tous les pèlerins ici présents à s’associer à notre prière, à votre prière, pour que le Seigneur ressuscité vous garde dans l’espérance, pour que des jours meilleurs puissent se lever, pour que Dieu allège les épreuves présentes, pour qu’il suscite dans votre pays, et dans le monde entier, la compréhension, la compassion et l’entraide. Nous prierons de façon spéciale pour les évêques, les prêtres, les religieux et les religieuses, les catéchistes, les fidèles, les nouveaux baptisés et toute la population des diocèses de Hué, de Ban Me Thuot, de Kontum, de Da Nang, de Qui Nhon, de Dalat, de Nhatrang.

Et vous, chers Fils et Filles de ce peuple bien aimé, puissiez-vous au moins ressentir ici la solidarité de l’Eglise dans votre souffrance, et vous, les catholiques, vous revêtir du courage des premiers apôtres pour témoigner de votre foi et de votre charité dans les conditions difficiles qui sont votre lot. Nous vous bénissons, Nous bénissons vos familles et vos amis, sans oublier vos voisins également angoissés de la République khmère, avec la plus grande affection. A la fin de l’audience nous dirons ensemble le Pater pour le réconfort, la prospérité et la paix de votre Pays et de toute la Région tellement éprouvée.

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