PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 15 ottobre 1975
Venerati Fratelli e Figli carissimi!
Noi ci troviamo in un momento ed in una sede: l’Anno Santo e queste tombe apostoliche, da cui ci si presenta nella sua più chiara e più drammatica prospettiva la questione pratica e principale della nostra vita cristiana, quella del confronto, del rapporto cioè fra la professione della nostra fede ed il mondo nel quale ci troviamo. È una questione capitale: un cristiano, che vuole essere coerente e fedele con la propria adesione alla religione cattolica, può immergersi nel mare potente e tempestoso della vita moderna? Vi è un contrasto, un conflitto, un urto fra la concezione circa il modo di vivere d’un battezzato, d’un figlio autentico della Chiesa, e la concezione, il costume d’un figlio non meno autentico del nostro secolo? Ed è una questione antica; risale al Vangelo, il quale, da un lato, professa un’adattabilità aperta a tutte le nazioni, a tutte le civiltà: « andate, ha detto Cristo ai suoi discepoli ed ai suoi apostoli, andate a tutte le genti » (Matth. 28, 19); e dall’altro lato, non nasconde una irriducibile diversità, un antagonismo fra chi vuol essere seguace di Cristo e chi non lo è e al seguace si oppone; Gesù ha detto: « Ecco, Io vi mando come pecore in mezzo ai lupi » (Ibid. 10, 16): sarete perseguitati; la vostra esistenza sarà resa dura e difficile; perfino in seno ad una stessa famiglia potrà sorgere divisione; « voi sarete odiati da tutti a causa del mio nome »; . . . « non pensate che Io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare la pace; ma la spada . . . » (Ibid. 34); « verrà l’ora in cui chi vi ucciderà, penserà di rendere omaggio a Dio » (Io. 16, 2). La tragica storia del Santo che abbiamo canonizzato domenica scorsa, Oliviero Plunkett, ne è, fra le tante, una drammatica testimonianza; e quanti cristiani, ancora oggi, perché cristiani, perché cattolici vivono soffocati da una sistematica oppressione! Il dramma della fedeltà a Cristo, e della libertà di religione, se pure mascherato da categoriche dichiarazioni in favore dei diritti della persona e della socialità umana, continua!
Perché ricordiamo questa triste sorte ancor oggi riservata a tanti fratelli di fede? La ricordiamo, primo, perché dobbiamo averli presenti nella preghiera questi fratelli, nel cuore, nell’onesto tentativo di ottenere anche per loro giustizia, pace e libertà nella civile professione dei loro sentimenti religiosi. Secondo: perché noi tutti abbiamo a riflettere realisticamente su questo aspetto della nostra fede: essa comporta sempre fortezza d’animo, coerenza di vita, capacità di pazienza e di testimonianza. Terzo: perché sappiamo leggere e rileggere quella grande pagina del Concilio, che s’intitola Gaudium et Spes, dove con tanto ottimismo, con tanta larghezza di vedute, con tanto senso della realtà storica, questo immenso problema del confronto fra la vita cristiana e la vita profana e moderna è analizzato sapientemente e praticamente.
Noi ci limitiamo qui ad accennare ai tre atteggiamenti che in simile situazione ci sembrano raccomandabili. L’atteggiamento della fedeltà a Cristo, alla Chiesa, al nostro inalienabile rapporto con la verità religiosa, col nostro destino vitale e soprannaturale. Ripeteremo ancora una volta le parole esortatrici di San Pietro: siate « forti nella fede » (1 Petr. 5, 9); e non sedotti dall’opportunismo di moda, o dalla parziale priorità sociologica, o politica data talora alle questioni di religione e di coscienza. L’atteggiamento critico e morale a riguardo di espressioni ideologiche e morali, che spesso diventano convenzionali nella pubblica opinione, e trovano facile appoggio nell’acquiescenza collettiva d’un decadente costume; e ciò specialmente quando sono in gioco valori superiori, sia a riguardo del pensiero, che della condotta pratica, che il magistero della Chiesa abbia autorevolmente difeso. Parola di San Paolo: « Esaminate bene ogni cosa; ritenete ciò che è bene; astenetevi da ogni forma di male » (1 Thess. 5, 21-22). E finalmente atteggiamento apostolico, pieno di stima, di simpatia, di fiducia anche verso gli uomini del nostro tempo: cioè procuriamo, non solo di difenderci dal contagio del male, che possiamo pur troppo riconoscere presente un po’ dappertutto (Cfr. 1 Io. 5, 19), ma di promuovere il bene, di sostenerlo, di attestarlo, di difenderlo, di moltiplicarlo: il cristianesimo possiede tali risorse di bene, che dobbiamo talvolta attribuire a noi stessi se il mondo va male, per nostra insipienza, per nostra ignavia, per nostra viltà. Lasciamoci esortare dall’Apostolo: « sappiate ben conoscere il tempo; questa è già l’ora per noi di svegliarci dal sonno! » (Rom. 13, 11). Coraggio, dunque! con la nostra Apostolica Benedizione.
Saluti
Padri Passionisti partecipanti al Congresso internazionale sulla teologia della Croce
Un particolare saluto meritano i Padri Passionisti e gli altri studiosi che partecipano al Congresso Internazionale indetto nel secondo centenario della morte di San Paolo della Croce, in collaborazione con la Fondazione Internazionale « Stauros » di Lovanio, e il Pontificio Ateneo « Antonianum » di Roma. Voi state dedicando contributi di studio e di riflessione ad approfondire « La Sapienza della Croce, oggi », nel ricordo di un grande Santo che della Croce ha fatto il programma totale della sua vita, del suo apostolato, della sua mistica, della sua famiglia religiosa. Vi siamo grati di codesta iniziativa: effettivamente, la Sapienza della Croce È punto centrale del Cristianesimo, è forza della Chiesa, è fulcro della sua vita sacramentale, della sua preghiera, della sua predicazione, fondate sul Cristo crocifisso e risorto, vivente nella Chiesa (Cfr. 1 Cor. 1, 18). E questo paradosso di Sapienza-stoltezza va illustrato oggi, quando tanta parte del pensiero, della mentalità, della prassi sembra rifuggire da esso, o rinnegarlo addirittura. Che il mondo contemporaneo, lacerato da tante contraddizioni, ritorni a scoprire nella Croce la luce, la forza, il coraggio, l’amore di cui ha bisogno se non vuole perire: è il nostro voto, con cui accompagniamo i vostri lavori, insieme con la nostra Benedizione.
Catechisti di varie nazionalità partecipanti all’« Incontro Mondiale Catechisti Missionari »
We wish to express our deep affection for all the missionary catechists present here today. We want you to realize the dignity of your role and the importance of your mission in the Church. We want the whole World to know our esteem for you.
How often we pray for you! And how many times we enquire about you and send you our blessing through your Bishops! Beloved catechists, you must always be strong in your faith. You must teach Christ and bring him to your fellowmen by word and example. The Church loves you and depends on you. And Christ loves you and depends on you. And in his name we bless you once again.
Chers catéchistes ici rassemblés, présenter l’Evangile à vos frères, éduquer la foi, donner votre propre témoignage, soutenir vos communautés chrétiennes, quelle merveilleuse mission vous avez dans l’Eglise! C’est votre honneur d’y participer avec le désintéressement et le courage que Nous savons. C’est notre joie de vous saluer ici, et de vous encourager de toutes nos forces, avec notre Bénédiction Apostolique.
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