OMELIA DI PAPA PAOLO VI
Solennità del Corpus Domini, 17 giugno 1965
Venerati Fratelli e Fedeli,
che avete partecipato a questo Rito solenne; e voi, cittadini e figli Nostri, che abitate in questo nuovissimo quartiere di Roma!
Voi avete certamente notato che per la prima volta la festa romana del Corpus Domini svolge in questa parte marginale della Città la sua tradizionale pubblica processione; e avrete forse indovinato che la scelta del quartiere voleva indicare una qualche particolare intenzione. Quale intenzione? Un'intenzione molteplice!
Quella dapprima di mettere in evidenza, di mettere in onore, fra queste belle case e fra questi monumentali edifici la presenza silenziosa, misteriosa e amorosa del Signore: Habitavit in nobis, abitò fra noi, dice il Vangelo (Io. 1, 14). Questa permanenza, questa coesistenza dura tuttora, moltiplicata nel prodigio sacramentale su quanti altari si celebra il santo sacrificio della Messa, in quanti tabernacoli è conservata l'Eucaristia. Anche qui Egli ha la sua dimora, inquilino, cittadino, come quanti qui hanno la loro abitazione; vostro compagno, vostro collega, vostro ospite, vostro amico, che condivide la vostra vita, tacitamente, nascostamente; ma di null'altro interessato, che della vostra vita spirituale; di null'altro desideroso, che della vostra conversazione, della vostra comunione con Lui. Perché non si dica, ancora come nel Vangelo: "In mezzo a voi sta Uno che non conoscete" (Io. 1, 26), questo culto solenne è qui celebrato. Abitanti di questo quartiere! Riconoscete Cristo vivo e presente in mezzo a voi; e pensate come la vita quotidiana, profana, possa essere come magnetizzata, illuminata, confortata, santificata per coloro che con semplicità di fede sanno captare le mistiche irradiazioni del divino Fratello.
Così questa intenzione di disvelare e di onorare la presenza del Pellegrino celeste, che anche qui fa una sua umana e temporale stazione, si integra con un'altra, che voi vorrete gradire; quella di meglio associare spiritualmente questa nuova e magnifica porzione periferica della nuova Roma all'Urbe antica e gloriosa, non solo con i vincoli anagrafici, tecnici e amministrativi dell'urbanistica moderna, ma con quelli altresì della vita religiosa, normale e pontificale, propria del centro della cattolicità. Romani siete, cittadini dell'EUR; ma quali Romani sareste, se non fosse pienamente estesa a questo splendido quartiere la splendida spiritualità della fede cattolica romana?
Ed ecco che l'intenzione promotrice di questa manifestazione religiosa vi dimostra un altro Nostro scopo; il compimento d'un Nostro urgente dovere: quello di offrire a voi una prova tangibile che il Papa di Roma è non meno per voi il vostro Vescovo, di quanto lo sia per ogni altro rione parrocchiale della Città e della Diocesi romana, che vede in Lui - come voi, a vostro conforto e a vostro vanto, vorrete vedere - il successore di San Pietro e il Vicario di Cristo. Il vostro Vescovo anche qua desidera recare il suo messaggio di fede e di carità. Unita all'intenzione cultuale e liturgica, perciò, di tributare a Cristo un atto di omaggio sovrano, la Nostra intenzione si fa pastorale; a voi si rivolge, per concedere a Noi stessi, la consolazione di salutarvi come figli, di convocarvi come fratelli, di benedirvi come fedeli; e per dare a voi l'occasione di conoscerci personalmente, e di considerarci vostro, e al vostro bene direttamente interessato e dedicato.
E nessun'altra migliore circostanza di questa può servire a questo scopo comunitario, perché nessun altro momento della vita religiosa è più propizio a svegliare in una popolazione il senso della sua profonda solidarietà, anzi a infondere il carisma d'una sua reale, se pur mistica, unità, che quello ,della celebrazione del Sacrificio Eucaristico.
Ricordate sempre: l'Eucaristia è il sacramento della comunione cristiana. Vorremmo che tale fosse il ricordo speciale di questa memorabile cerimonia. È il sacramento dell'unione vitale a Cristo, che ha dato la sua vita per noi, e che appunto si è rivestito dei segni del pane e del vino per rappresentare a noi il suo sacrificio, quello del suo corpo e del suo sangue, e per rendere a noi possibile la partecipazione alla virtù redentrice del suo sacrificio medesimo, facendosi nostro spirituale e reale alimento. Unione vitale, personale perciò, intesa a nutrire la religiosità individuale più intima e più profonda; ma sociale altresì, perché intesa al tempo stesso a immettere in ogni umana esistenza, partecipe di tanto Sacramento, un principio di vita identico per tutti; a offrire a ciascuno quello stesso pane, che fa dei commensali una cosa sola, un corpo solo con Cristo (cfr. 1 Cor. 10, 17).
Noi siamo facilmente indotti a considerare questo Sacramento, per il mistero che contiene e che lo circonda, per la riverenza che gli è dovuta e che lo mette al riparo d'ogni profano rumore e d'ogni comune contatto, quasi isolato ed estraneo all'esperienza della vita vissuta e alla circolazione dei rapporti sociali. Che al Sacramento della presenza del Signore fra noi sia dovuto ogni riguardo, ogni riverenza, e non solo esteriore (cfr. 1 Cor. 2, 30-31), sta bene; ma sarebbe incompleta la nostra informazione religiosa e sarebbe priva della sua migliore risorsa la nostra coscienza sociale, se dimenticassimo che l'Eucaristia è destinata alla nostra umana conversazione, oltre che alla nostra cristiana santificazione; è istituita perché diventiamo fratelli; è celebrata dal Sacerdote, ministro della comunità cristiana, perché da estranei, dispersi, e indifferenti gli uni agli altri, noi diventiamo uniti, eguali ed amici; è a noi data, perché da massa apatica, egoista, gente fra sé divisa e avversaria, noi diventiamo un popolo, un vero popolo, credente ed amoroso, di un cuore solo e d'un'anima sola (cfr. Act. 4, 32). Ripetiamo le sante e celebri esclamazioni: "O sacramentum pietatis! O signum unitatis! O vinculum caritatis!" (S. Aug., In Io. Tract. 26, 13; P.L. 35, 1613). Ora, fratelli e figli carissimi, tutto ciò ha una duplice grandissima importanza: quella di mostrarci come l'Eucaristia sia causa meravigliosa dell'unificazione dei credenti, con Gesù Cristo e fra di loro; lo afferma con la sua consueta incisiva chiarezza l'antico e grande Nostro predecessore, San Leone Magno: "Non . . . aliud agit participatio corporis et sanguinis Christi, quam ut in id quod sumimus transeamus": a non altro tende la nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo, che a trasformarci in ciò che assumiamo" (Sermo 63, 7; P.L. 54, 357). La vera e completa unità dei fedeli componenti la Chiesa è il risultato della loro partecipazione all'Eucaristia. E in secondo luogo questa comunione di fede, di carità, di vita soprannaturale, derivante dal Sacramento che la significa e la produce, può avere un enorme e incomparabilmente benefico riflesso sulla socialità temporale degli uomini. Voi sapete come questo fondamentale problema della socialità umana primeggi fra tutti nel nostro tempo, e domini tutti gli altri con le ideologie, le politiche, le culture, le organizzazioni, con cui gli uomini del nostro tempo lavorano, faticano, sognano e soffrono, per creare la città terrestre, la società nuova e ideale; e sappiamo tutti come in questo molteplice sforzo gli uomini, impegnati nella immane costruzione, spesso riescano, sì, a fare progressi notevoli e degni d'ammirazione e di sostegno, ma trovino in se stessi ad ogni passo ostacoli e contrarietà che diventano divisioni, lotte e guerre, proprio perché mancano di un unico e trascendente principio unificatore dell'umana compagine, e mancano di sufficiente energia morale per dare ad essa la coesione altrettanto libera e cosciente, quanto solida e felice, quale a veri uomini si conviene.
La città terrestre manca di quel supplemento di fede e di amore, che in sé e da sé non può trovare; e che la Città religiosa in essa esistente, la Chiesa, può, senza in nulla offendere la autonomia della Città terrestre, anzi la sua giusta laicità, può, per tacita osmosi di esempio e di virtù spirituale, in non scarsa misura, conferirle.
E sia questo il Nostro voto al termine di questo solenne rito in onore del Sacramento capace di rendere fratelli gli uomini. Voi, cittadini di questo moderno quartiere, avete qui un illustre tipo di città nuova e ideale: non lasciatele mancare l'animazione interiore, che la può rendere veramente unanime, buona e felice; quella che le deriva dalla sorgente della fede cattolica, vissuta nella celebrazione comunitaria della liturgia eucaristica. Non mancate mai a tale festivo convegno, che spiritualmente unifica e sublima la popolazione cittadina, ancor oggi priva di sufficiente interiore cemento coesivo e di perfetto concerto comunitario, tonificante e consolatore; diventate famiglia d'intorno all'altare di Cristo, diventate Popolo di Dio!
E lasceremo questo voto a chi presiede e provvede alla vita religiosa del quartiere, affinché sappia, con spirito di pastorale bontà e di sacerdotale sacrificio, compiere degnamente il ministero che gli è affidato.
Lo lasceremo alle Autorità civili della Città, che sappiamo tanto valenti e tanto dedite allo sviluppo e allo splendore di questo quartiere.
Lo lasceremo ai Cavalieri del Lavoro, grandi operatori del moderno progresso, e pensosi studiosi degli sviluppi sociali, reclamati dalle non ancora perfette condizioni delle classi lavoratrici nel nostro Paese. A questi benemeriti e tipici artefici del benessere civile ed economico, i quali Ci hanno accolto per l'ottimo coronamento di questa cerimonia, vada, con il ringraziamento per tanta loro cortesia, il Nostro augurio di sempre nuove, civili e spirituali ascensioni. Ma a voi specialmente, fedeli della Nostra Roma, e a voi cittadini dell'EUR, lasceremo il Nostro voto, che ora con la Benedizione Eucaristica di tutto cuore intendiamo convalidare.
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