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SOLENNITÀ DELL'EPIFANIA DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO

OMELIA DI PAOLO VI

Venerdì, 6 gennaio 1967

 

Signori Cardinali,
Venerati Confratelli,
Figli carissimi!

Sapete quale sia il motivo occasionale che Ci ha suggerito di celebrare con voi, Superiori ed Alunni del Nostro Collegio Urbano «de Propaganda Fide», e con voi, Figli cattolici della lontana Cina, questa festa della Epifania del Signore, in questa basilica di San Pietro, sulla tomba del primo fra gli Apostoli, dove sembra farsi visibile e simbolico il punto di convergenza dell’unità della Chiesa, anzi del genere umano?

Si, voi lo sapete. Noi abbiamo scelto questo momento, questo luogo, questa assemblea e questa festa per ricordare, con gioia celebrativa e con speranza antiveggente, un duplice anniversario: quello della consacrazione dei primi sei Vescovi cinesi, avvenuta quarant’anni fa, il 28 ottobre 1926, in questa stessa basilica, per mano del Nostro predecessore di venerata e grande memoria, Pio XI, e quello dell’istituzione canonica, normale della sacra Gerarchia in Cina, decretata vent’anni fa, nel 1946, da un altro Nostro non meno venerato e grande predecessore, Pio XII.

Perché celebrare questi anniversari? Perché i due fatti, che Noi vogliamo ricordare con religiosa e raccolta solennità, sono fatti grandi, sono fatti storici, sono fatti pieni di significato umano e spirituale, e perché sono fatti che postulano una loro regolare e felice sequela, la quale invece incontra in questi ultimi anni gravi e dolorose difficoltà. I fatti vi sono noti. La libertà religiosa nella Cina continentale incontra gravi ostacoli; le Nostre comunicazioni sono del tutto impedite; il Concilio ecumenico non ha visto presente alcun membro di quella Gerarchia; tutti i Missionari sono stati espulsi; alla Chiesa cattolica, a questa stessa Sede apostolica si fa accusa d’essere contraria al Popolo Cinese. Ora tutto questo non ha ragione d’essere; e lo potremmo provare con molti argomenti. La Chiesa cattolica, ognuno lo sa, ha sempre guardato con immensa simpatia alla Cina; una lunga e drammatica storia delle sue relazioni con il Popolo Cinese dice con quale stima, con quale dedizione ella ha desiderato conoscerlo, senza alcun interesse temporale proprio; ha desiderato servirlo, cercando di aiutarlo a sviluppare le sue intrinseche ricchezze morali e offrendo quanto di meglio ella possiede per contribuire all’istruzione, all’assistenza, al prestigio del Popolo stesso. È noto come in quel risorgente Paese la vita cattolica - specialmente in virtù degli avvenimenti che stiamo commemorando - abbia del tutto rinunciato d’essere e d’apparire un fenomeno paracoloniale, e come sia e voglia essere autentica espressione dell’anima cinese, la quale può trovare nella fede cristiana il rispetto delle sue nobili tradizioni e la pienezza delle sue profonde aspirazioni spirituali. La Chiesa cattolica, e questa Sede apostolica in ispecie, non è mai stata nemica, ma sempre amica della Cina - così grande per estensione di territorio, per numero di abitanti, per tradizioni civili e culturali, per virtù naturali e per capacità evolutive - ella l’ha sempre ammirata ed amata, ed è ancor oggi in grado di comprendere e di favorire, nelle sue giuste espressioni, il travaglio della presente fase storica della sua trasformazione, dalle antiche e statiche forme tradizionali della sua cultura a quelle inevitabili e nuove, nascenti dalle strutture industriali e sociali della vita moderna: la dottrina sociale della Chiesa ne può essere prova.

Che cosa dunque vorremmo? Lo diciamo semplicemente: riprendere i contatti, come già li conserviamo con quella porzione del Popolo Cinese con la quale abbiamo relazioni amichevoli. Dobbiamo anzi riconoscere che fra i tanti Cinesi dimoranti fuori dello Stato continentale la Chiesa cattolica è lieta di annoverare, in estremo Oriente e in ogni parte del mondo, molti figli ottimi e fedeli, e comunità fervorose e fiorenti, bene assistite da Vescovi cinesi e Clero cinese; gli Alunni cinesi presenti a questo rito, come gli altri Cattolici cinesi, che pure vi assistono, sono per Noi un carissimo segno della persistente vitalità della Chiesa cinese e sono motivo di grande conforto e di grande speranza.

Vorremmo ora tuttavia riprendere i contatti col Popolo cinese del continente; contatti non da Noi interrotti volontariamente, per dire a tutti quei Cattolici cinesi, che sono rimasti fedeli alla Chiesa cattolica, che Noi non li abbiamo mai dimenticati, e che non rinunceremo mai alla speranza della rinascita, anzi dello sviluppo della religione cattolica in quella Nazione. Riprendere i contatti per far sapere alla gioventù cinese con quale trepidazione e con quale affezione Noi consideriamo la presente sua esaltazione verso ideali di vita nuova, laboriosa, prospera e concorde. E vorremmo anche con chi presiede alla vita cinese odierna nel Continente ragionare di pace, sapendo come questo sommo ideale umano e civile sia intimamente congeniale con lo spirito del Popolo Cinese.

Sono questi i Nostri desideri, i Nostri voti. Ma conosciamo le difficoltà dell’ora presente. Esse però non impediscono che Noi rendiamo particolarmente vigilante, amoroso, premuroso il Nostro pensiero per la Cina. Ed è ciò che stiamo facendo. Se altro non Ci è dato praticamente di fare, questo, non solo Ci è consentito, ma Ci è più fortemente imposto: ricordare e pregare. È ciò che stiamo facendo: ricordiamo e preghiamo. Per questo siamo qui riuniti per commemorare due fatti della storia religiosa della Cina, i quali a Noi sembrano simbolici e decisivi. E tutti i presenti Noi invitiamo, anzi tutti quanti sono in comunione con Noi, a ricordare ed a pregare.

E proprio in questo giorno, Figli carissimi; in questa festa della Epifania, cioè della manifestazione di Cristo all’umanità. Quanta luce contiene questo fatto, questo mistero! Il Nostro discorso non avrebbe fine, se Noi lasciassimo la Nostra parola seguire il filo interminabile dei pensieri, che questa festa della rivelazione del Salvatore suscita nello spirito. Uno di questi pensieri, uno solo, a voi consegneremo, e non con parole Nostre, ma con quelle del Concilio ecumenico testé celebrato. Vi suggeriamo di considerare l’Epifania come la festa della vocazione dei Popoli, di tutti i Popoli, senza distinzione, alla medesima salvezza, alla medesima fortuna. E Ci sembra che voi, Figli carissimi dei Paesi dove l’annuncio di Cristo è ancora nella sua fase costitutiva della Chiesa, diventiate in questo momento i rappresentanti - i Magi - delle vostre rispettive Nazioni, e realizziate in questo momento un episodio tipico del mistero dell’Epifania: quello della scoperta che la venuta di Dio nel mondo è proprio a ciascuno di voi destinata, a ciascuno dei vostri Paesi; e ciò non per sconfessare ciò che voi siete e rappresentate, ma per assumere la vostra singola anima e la vostra personalità nazionale ai vertici d'una espansione, d’una coscienza, d’una capacità nuova di vita e d’una speranza di ineffabili destini, in cui consiste appunto la Redenzione di Cristo. Ascoltate il Concilio: «Dai tempi più antichi fino ad oggi presso i vari popoli si trova una certa sensibilità di quella forza arcana, che è presente al corso delle cose e agli avvenimenti della vita umana, anzi talvolta si trova la cognizione della Divinità suprema, ed anche del Padre! Sensibilità e conoscenza che compenetrano la loro vita d’un intimo senso religioso . . . La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini» (Nostra aetate, 2).

Pensate: quanto voi siete ha questo supremo significato: di vocazione, di predisposizione a Cristo. Quale gioia dev’esser la vostra nel riconoscere che nella chiamata alla fede un’immensa bontà divina si rivela, un dono è preparato, una felicità. Nulla toglie questa chiamata di ciò ch’è veramente umano, e tutto assume e redime.

A voi Alunni di «Propaganda», specialmente, non sono ignoti questi riferimenti al grande disegno della diffusione della Fede nel mondo e a voi sono familiari le magnifiche e moderne idealità che illuminano il panorama missionario, nel quale sono inseriti i vostri Paesi, e oggi possiamo quasi dire: tutti i Paesi della terra. E sia con questa visione della capacità cristiana d’ogni Popolo, d’ogni anima, dell'universalità potenziale della fede cattolica d’essere retaggio di ciascuno e di tutti, che Noi mandiamo i Nostri voti alla Cina così remota da Noi geograficamente e così vicina a Noi spiritualmente, alla Cina ed a tutti i Popoli della terra, a tutti i messaggeri del Vangelo sparsi nel mondo, a tutte le Missioni cattoliche, affinché l’Epifania, la manifestazione di Cristo, tutti ci illumini, ci diriga sulle vie della verità, della giustizia, della fratellanza e della pace, e tutti ci salvi.

                                             



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