SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DI SAN GIUSEPPE ARTIGIANO
OMELIA DI PAOLO VI
Lunedì, 1° maggio 1972
Primo maggio: festa del lavoro!
Quale grande tema di studio e di parola!
Tema attuale, fondamentale, costituzionale! riguarda in pieno l’attività umana (Cfr. Gaudium et Spes, 33, ss.).
Tema fecondo, percorre la storia, la scienza, la tecnica, la economia, la sociologia, la morale, la politica, la cultura, la civiltà.
E tema antropologico, teologico, spirituale, ed ora, con l’apparizione di San Giuseppe in mezzo alla festa del lavoro, tema liturgico.
Tema dunque centrale nel fenomeno mondiale dello sviluppo e del progresso umano; e perciò tema controverso, esplosivo, risolutivo.
Quando se n’è parlato; quanto se ne parla! Anche la Chiesa quali studi, quali documenti, quali esperimenti, quali sforzi e quali opere vi ha profusi!
Accenniamo soltanto a questo tema, affinché, se ve ne fosse bisogno, vi abbiate a pensare, ed abbiate coscienza dell’interesse, dell’importanza, della complessità del tema che s’intitola al lavoro, e abbiate a comprendere come esso supponga ed insieme produca una concezione generale della vita: siamo nel tempo moderno, celebrativo quant’altri mai dell’operare umano, che chiamiamo lavoro. A voi questo studio, che ben sapete quanto la Chiesa, dicevamo, lo alimenti di dottrina e di esempio.
È troppo breve questo momento perché noi ne parliamo. E sapete? Se noi ne dovessimo parlare, preferiremmo parlare dei Lavoratori, piuttosto che del Lavoro in se stesso; cioè degli esseri umani, delle Persone, che sono impegnate nel lavoro; e fra queste sceglieremmo quelle che al lavoro danno la mano, voglio dire la fatica fisica, l’esecuzione, piuttosto che quelle (per altro ben degne esse pure del nostro interessamento) che lo preparano con gli studi e lo dirigono. E qui, in questo momento brevissimo, nemmeno con la parola vogliamo venire a colloquio con il mondo sterminato dei Lavoratori, ma con un altro mezzo di comunicazione sociale, un mezzo silenzioso, e forse non da tutti percepibile: la simpatia.
Sì, oggi noi rivolgiamo verso tutti i Lavoratori questa corrente spirituale e cordiale: la simpatia. Questa onda, invisibile per sé e imponderabile, ha tuttavia la sua realtà e la sua efficacia. La nostra simpatia, che è quella della Chiesa, quella di chi si dichiara discepolo del Vangelo, si effonde su tutti i Lavoratori; vorremmo che loro lo sapessero, anzi che in qualche modo la sentissero. Voce del silenzio; ma voce vera.
Tanto spesso negli ambienti del lavoro è invece diffusa l’opinione contraria: la Chiesa non ha simpatia per la gente che lavora, che tanto spesso è la gente delle classi umili, la povera gente. La Chiesa, si dice, non ci conosce, la Chiesa sta con i ricchi, con i potenti. La Chiesa è conservatrice, la Chiesa predica i doveri dei deboli e i diritti dei forti. La Chiesa si occupa dei valori morali e religiosi, e si disinteressa dei valori economici e temporali. La Chiesa cerca i suoi interessi, i suoi privilegi; è avara, è egoista, non pensa a noi, Lavoratori subordinati, sfruttati, abbandonati.
E quando i fatti dicono il contrario? Allora altre obiezioni si oppongono all’interpretazione giusta del contegno amico e solidale della Chiesa verso la gente del lavoro. Spesso questa gente del lavoro dubita e diffida delle parole e dei gesti benevoli della Chiesa: così ella fa, si pensa e si dice, perché ha paura del popolo lavoratore; ci usa belle maniere, alcuni dicono, per prenderci e per paralizzare le nostre rivendicazioni, o anche per strumentalizzare il nostro numero, per illudere la nostra mentalità semplice e priva di alta cultura, per frenare lo slancio delle nostre ormai irresistibili conquiste sociali: o meno per tenere in piedi tutto il castello della religione, a cui noi non crediamo più . . . E questa diffidenza si fa spesso e subito opposizione, odio, lotta e maledizione. Pur troppo. Lo sanno quei Paesi dove prevale l’ateismo e dove esso è diventato programma. Si potrebbe continuare.
Eppure la Chiesa non può, non vuole guardare al Lavoratore, proprio in quanto tale, senza questo sentimento inestinguibile di simpatia. Lo voglia o no, lo sappia o no, il Lavoratore è oggetto, da parte della Chiesa di Cristo, di simpatia. Che cosa vuol dire simpatia? Oh! vuol dire molte cose, che tutti conosciamo! Vuol dire, innanzi tutto, partecipazione alla sofferenza altrui; vuol dire affinità morale, vuol dire comprensione; vuol dire predisposizione alla stima, al favore, all’amicizia, al servizio, all’amore.
La Chiesa possiede un tale sentimento?
Sì, figli e fratelli; sì, sappiatelo, voi tutti Lavoratori, ai quali arrivasse l’eco di questa semplice professione di simpatia, di questo silenzioso discorso.
Se noi vi dicessimo i motivi di questo profondo sentimento, il discorso non sarebbe più silenzioso, ma sarebbe lungo da non finire più. La Chiesa ha simpatia nel Lavoratore, innanzi tutto, perché ne vede e ne proclama la dignità di uomo, di fratello eguale ad ogni altro uomo, di persona inviolabile sul cui volto è stampata una sembianza divina. E ciò tanto più (badate: non tanto meno!) quanto sono più marcati su cotesto volto il bisogno, la debolezza, la sofferenza, l’offesa, l’ansia di abilitazione e di liberazione. La fatica, la povertà, l’insicurezza, lo sfruttamento, ed anche qualche eventuale inferiorità sono titoli per la simpatia della Chiesa.
E alle tante altre ragioni che fanno scaturire nel cuore della Chiesa questa simpatia per la folla innumerevole degli uomini che a causa del lavoro sudano, soffrono, ed oggi attendono ed esigono, queste due alla fine aggiungiamo, che tutte riassumono; prima: anche Cristo fu uomo del lavoro manuale; fu soggetto alla fatica alla scuola di Giuseppe, fu chiamato «il figlio del fabbro» (Marc. 6, 3), fu collega vostro, Lavoratori numero uno e numero ultimo, perché diede la vita, il sangue, per tutti salvare. E seconda: è proprio di Cristo il grido che ancora passa nei secoli e sul mondo: «Venite a me, voi tutti che siete affaticati ed oppressi, ed Io vi sosterrò» (Matth. 11, 28).
Questa è la simpatia di Cristo, della Chiesa, ancor oggi per il mondo lavoratore.
Con la nostra Apostolica Benedizione.
Quarto centenario di San Pio V
Il nostro saluto si rivolge ora al pellegrinaggio della diocesi di Alessandria, guidato dal suo venerato Pastore, Monsignor Giuseppe Almici. Sappiamo che questo pellegrinaggio rientra nel quadro delle celebrazioni del quarto centenario della morte di San Pio V, l’alessandrino, Religioso Domenicano e poi Cardinale Antonio Michele Ghislieri, ed ha lo scopo non soltanto di venerare le reliquie del Santo custodite nella Basilica di S. Maria Maggiore, ma altresì di «videre Petrum», e porgergli l’omaggio della propria fedeltà e devozione filiale. Grazie, figlioli, della vostra visita! Grazie del conforto che ci procurate col vostro affetto, con la vostra pietà e soprattutto con la vostra testimonianza di fedeltà a Cristo e al suo Vicario in terra. Diremo: camminate sulla via che vi è stata luminosamente indicata dal vostro grande concittadino e nostro Predecessore, sempre fedeli delle belle tradizioni cattoliche della vostra terra e sempre più saldi in quella fermezza di fede e di attaccamento alla Sede Apostolica, che tanto vi onora.
A tal fine impartiamo con effusione di cuore a voi e a tutti i vostri cari l’Apostolica Benedizione.
Cooperativa «La Famiglia» di Brescia
Siamo lieti di incontrarci, una volta ancora, con i membri della Cooperativa «La Famiglia», di Brescia: sono circa quattrocento muratori, tra i quali si trovano anche quelli che lavorano nel villaggio che abbiamo auspicato si costruisse in Acilia. Vi salutiamo con affetto, e con voi salutiamo il Padre Marcolini, il quale si occupa con tanta dedizione della vostra Cooperativa. Conosciamo l’impegno che ponete nel realizzare le vostre opere e nel costruire quella che a noi sta tanto a cuore, ad Acilia. Seguiamo con interesse la vostra attività, che ha acquistato già tante benemerenze, destinate, così speriamo, ad accrescersi sempre più; e vi diciamo la benevolenza, la gratitudine, il compiacimento che la vostra presenza suscita in noi, come tutto quanto ha attinenza con la nostra cara terra bresciana.
Voi sapete mettere a frutto, con un impegno di lavoro comunitario, le istanze del nostro tempo, ove c’è bisogno di braccia generose, che si mettano al servizio del prossimo, privo di casa, di sostegno, di appoggio fraterno. Che San Giuseppe, Patrono dei lavoratori, protegga e dia incremento alle vostre attività! Noi lo preghiamo per voi e per le vostre famiglie, affinché a tutti ottenga dal Signore prosperità, pace e letizia di spirito. Con la nostra Apostolica Benedizione.
Studenti della regione parigina
Nous souhaitons particulièrement la bienvenue aux élèves de la région parisienne, venus, avec leurs professeurs et parents, prendre sur place une connaissance visuelle et concrète de tette histoire romaine qui a déjà enchanté leur imagination dans leur classe de cinquième. Chers enfants, vous trouvez ici, n’est-ce-pas, des souvenirs émouvants de tette civilisation romaine. Il nous est très utile de bien la connaitre: elle a contribué à la nôtre; son expérience, avec ses grandeurs et ses misères, nous fait réfléchir, éclaire notre route. Vous trouvez aussi, dans les catacombes en particulier, la joie sereine, le dynamisme et le courage des premiers chrétiens qui, au sein de la vieille Rome, ont su faire briller leur foi au Christ et leur amour fraternel. Vous êtes invités vous aussi, chers amis, à mettre au service du monde qui doit sans cesse se renouveler, les talents humains et chrétiens que le Seigneur a donnés à votre jeunesse. Pour vous encourager dans cette voie, en union avec l’Apôtre Pierre mort tout près d’ici, Nous vous donnons notre paternelle Bénédiction Apostolique.
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