"La stampa, la radiotelevisione e il cinema
per il progresso dei popoli"
1968
Cari fratelli e figli, e voi tutti, uomini di buona volontà!
Invitandovi a celebrare con noi la Giornata dedicata agli strumenti della comunicazione sociale, vorremmo offrirvi il nostro aiuto a considerare, con sempre maggior consapevolezza, gli enormi mutamenti che si stanno verificando sotto i nostri occhi in questo campo e le gravi responsabilità che ne derivano per tutti. Molti uomini avevano, fino a poco tempo fa, come soli argomenti per le loro riflessioni le reminiscenze scolastiche, più o meno lontane, qualche tradizione di famiglia, le reazioni del limitato ambiente che li circondava Oggi, invece, gli echi della stampa, del cinema, della radio e della televisione aprono ad essi orizzonti sempre nuovi e li mettono in sintonia con la vita dell'universo. Chi potrebbe non rallegrarsi di un tale progresso? Chi non scorgerebbe in esso la via provvidenziale per il miglioramento di tutta l'umanità? L'avvenire si apre a grandi speranze, se l'uomo saprà dominare queste tecniche nuove; ma tutto potrebbe essere perduto se egli abdicasse alle proprie responsabilità.
La stampa, il cinema, la radio e la televisione serviranno sì o no al progresso dei popoli? Ecco il problema che noi proponiamo alla riflessione dei nostri figli cattolici e di tutti gli uomini generosi. Anzitutto, di quale progresso si tratta? Del progresso economico? Certo. Del progresso sociale? Senza alcun dubbio. Ma come abbiamo detto nella nostra Enciclica Popolorum progressio e come ripetiamo senza stancarci: lo sviluppo, "per essere autentico, deve essere integrale, elevare ogni uomo e tutto l'uomo".1 La nuova visione dell'universo, che viene prospettata all'uomo, grazie agli strumenti della comunicazione sociale, resterà per lui come estranea o inutile se essa non gli offrirà la possibilità di rendere illuminato il suo giudizio - senza orgoglio e senza complessi - sulle ricchezze e sulle lacune della sua civiltà; se non gli consentirà di scoprire - senza presunzione e senza amarezza - le ricchezze e le lacune degli altri; di prendere nelle sue mani con fiducia il proprio destino, di costruirlo in fraterna collaborazione con i suoi fratelli, e di avvertire inoltre che "non v'è vero umanesimo se non aperto verso l'Assoluto"2.
Questa presa di coscienza, questa apertura sono realmente favorite dal flusso delle onde di parole, di articoli, di immagini che ogni giorno si infrangono sul mondo? Questa è la domanda che vorremmo porre a tutti i responsabili della stampa, della radio, del cinema, della televisione, che intendono operare con generosità al servizio degli uomini loro fratelli.
Mentre sarebbe pericoloso alimentare in un popolo lo spirito di superbia ed esasperare il suo chiuso nazionalismo, è invece necessario aiutarlo a scoprire con legittima fierezza i talenti materiali, intellettuali e spirituali di cui il Creatore lo ha arricchito, perché li avvalori a profitto dell'intera comunità dei popoli.
Tanto sarebbe errato un atteggiamento di opposizione sistematica e di spirito di critica corrosiva e distruttiva, lasciando anche credere che la rivoluzione violenta possa essere un rimedio magico, capace di eliminare tutte le ingiustizie, altrettanto è importante aprire gli occhi dei responsabili sulle situazioni intollerabili, denunziare le necessità stridenti, orientare l'opinione pubblica verso le "trasformazioni audaci, profondamente innovatrici, le riforme urgenti che devono essere iniziate senza indugio"3.
In un mondo in cui tanti uomini mancano del necessario, del pane, del sapere, della luce spirituale, sarebbe grave servirsi degli strumenti della comunicazione sociale per rafforzare gli egoismi personali e collettivi, per creare nei consumatori, già saturi, nuovi pseudo-bisogni, per accarezzare la loro sete di piaceri, per moltiplicare le evasioni superficiali e deprimenti. Superata questa tentazione, si offre loro un compito esaltante: vi è tanto da fare per dare rilievo agli appelli di una umanità che ha bisogno di conforto, per mettere in evidenza gli sforzi di cooperazione e di reciproco aiuto, le iniziative di pace, e per suscitare così una sana emulazione apportatrice di speranza.
Chi non vede, nella drammatica situazione in cui si decidono le sorti del nostro mondo, l'importanza degli strumenti della comunicazione sociale per aiutare "il vero sviluppo che è il passaggio, per ciascuno e per tutti, da condizioni meno umane a condizioni più umane"?4
I cristiani, per quanto li riguarda, non potranno dimenticare che questa fraternità che li lega agli altri uomini affonda le sue radici in una stessa filiazione divina. Sorgente e termine dei supremi valori, il Dio vivente ne è anche il garante. A tutti, ai nostri figli cattolici per primi, chiediamo di fare ogni sforzo perché gli strumenti della comunicazione sociale, in un mondo che è in cerca, quasi a tastoni, della luce capace di liberarlo, annuncino sui tetti (cf Mt 10, 27) il messaggio di Cristo salvatore, "via, verità e vita" (Gv 14, 6). Daranno così un contributo insostituibile a quel progresso dei popoli che invochiamo con i nostri voti insieme con tutti gli uomini di buona volontà e per il quale intendiamo lavorare con tutte le nostre forze: "L'avvenire è là, nell'appello urgente dei popoli ad una maggiore giustizia, nella loro volontà di pace, nella loro sete, conscia o inconscia, di una vita più alta: quella che proprio la Chiesa di Cristo può e vuole dare"5.
E questo avvenire che vi invitiamo a costruire generosamente. E con questi sentimenti, di gran cuore vi benediciamo.
Dal Vaticano, 26 marzo 1968.
PAULUS PP. VI
1 | PAOLO VI, Popolorum progressio, 14. |
2 | Ivi, 42. |
3 | PAOLO VI, Popolorum progressio, 32. |
4 | Ivi, 20 |
5 | Messaggi del Concilio all'umanità, introduzione, 8 dicembre 1965. |
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