MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 1976
Venerabili Fratelli e Figli carissimi!
Nel quadro delle principali celebrazioni della Chiesa, previste per quest’anno, un posto di particolare rilievo per il suo profondo significato pastorale spetta senza dubbio alla Giornata Missionaria Mondiale, che fu istituita cinquant’anni or sono dal nostro grande Predecessore Pio XI il 14 aprile 1926, e avrà luogo, come sempre, nella penultima domenica di ottobre.
Accolta fin da principio con singolare interesse e fervore da tutto l’Episcopato, generosamente in ciò assecondato dal clero, dai religiosi e dai fedeli, tale Giornata ha procurato alla Chiesa frutti consolanti e copiosi non solo a riguardo dell’apostolato missionario diretto, ma altresì per la conservazione e l’incremento della fede tanto nelle Chiese di antica data, come in quelle di recente fondazione.
Secondo le intenzioni del suo Promotore, l’annuale Giornata mira soprattutto alla formazione della coscienza missionaria in seno a tutto il popolo di Dio, tanto degli individui quanto delle comunità, alla cura delle vocazioni missionarie, al progressivo incremento della cooperazione, spirituale e materiale, all’attività missionaria in tutta la sua dimensione ecclesiale.
Noi stessi, fin dall’elevazione al Supremo Pontificato, sull’esempio dei Nostri Predecessori, abbiamo cercato con la nostra autorità, con le nostre esortazioni e i nostri consigli di potenziare il più possibile tale ricorrenza, nella convinzione di adempiere un sacro dovere. In quest’anno giubilare desideriamo anticipare la nostra consueta esortazione per la celebrazione della Domenica Missionaria al giorno stesso della sua istituzione, che cade appunto il 14 aprile.
UNIVERSALISMO MISSIONARIO DEL POPOLO DI DIO
Nel Messaggio che nel 1972 indirizzammo al Signor Cardinale Alessandro Renard, Arcivescovo di Lione, in occasione del Congresso Missionario ivi celebrato, ricordavamo già la necessità di dare sempre maggiore importanza alla celebrazione di questa grande Giornata. Queste giornate seriamente preparate - dicevamo – permettono ai cristiani di rivolgere uno sguardo nuovo alle missioni . e di esaminare l’evangelizzazione locale e l’evangelizzazione lontana, come integrate nella medesima pastorale missionaria, la cui unica fonte è Cristo (AAS 64 (1972) 732).
Desideriamo vivamente che nell’anno 1976 tale celebrazione abbia uno speciale rilievo mediante un’approfondita ed ampia catechesi circa l’universalismo missionario della Chiesa. Questo tema importantissimo costituisce uno dei principali motivi dottrinali di tutto il Concilio Vaticano II, come pure del più recente Sinodo dei Vescovi e della nostra Esortazione Apostolica «Evangelii Nuntiandi», che da esso è scaturita.
Fu precisamente la diffusione in seno al Popolo di Dio della dottrina sull’universalismo missionario, la prima e più importante finalità assegnata a questa Giornata, che fin dal suo inizio in un pubblico documento della Santa Sede venne definita «La Grande Giornata della Cattolicità» (Cfr. Lettera del Card. Van Rossum, Prefetto di Propaganda Fide, ai Vescovi d’Italia, 1926). Questo stesso universalismo ha costituito, altresì, il motivo fondamentale di tutte le nostre esortazioni pastorali dirette al popolo cristiano, in occasione della ricorrenza missionaria di ottobre.
L’universalismo missionario affiora continuamente dal Vangelo. Ciò non desta meraviglia, dal momento che il Vangelo è il compendio degli atti e delle parole del Figlio di Dio, inviato dal Padre nel mondo per realizzare il suo disegno di salvezza universale. Per questo, tutto ciò che Cristo ha operato, tutte le parole che ha pronunziato, non possono non essere in relazione con la sua missione di Redentore di tutti gli uomini.
In tutte le pagine del Vangelo incontriamo prospettive sempre nuove, luminose e profonde, circa l’universale missione salvifica di Cristo, trasmessa alla Chiesa da Lui fondata. Non dobbiamo dimenticare che questa missione deve costituire un centro dottrinale e dinamico di tutta la pastorale ecclesiale, pur nel mutare delle età e delle circostanze storiche e ambientali. Ciò vuol dire che quella stessa legge, di carattere permanente e universale, dovrà essere applicata in concreto dalla Chiesa agli uomini di ciascuna generazione.
Dobbiamo, purtroppo, riconoscere a questo proposito che, a quasi duemila anni dalla fondazione della Chiesa, l’attuale situazione religiosa dell’umanità non sembra corrispondere all’efficacia di questa azione apostolica, intesa a dare applicazione al mandato ricevuto. Già San Paolo a suo tempo si domandava perché tanti uomini non credessero in Gesù Cristo; ma, invece di attribuire la responsabilità all’ostinazione dei pagani o alle loro false credenze, egli chiamava in causa lo scarso impegno apostolico dei cristiani: E come crederanno in Lui (Cristo), se non ne hanno sentito parlare? E come ne sentiranno parlare, se non c’è chi predica? Come ci può essere chi predica, se nessuno viene mandato? La fede dunque proviene dall’ascolto, e l’ascolto dalla parola del Cristo (Rom. 10, 14 ss.).
E’, questo, uno dei grandi misteri, il cui contenuto è riservato al Signore. Avendoci chiamati a far parte del popolo di Dio, e avendo voluto farci destinatari del suo universale piano di salvezza, egli ci ha reso un inestimabile onore, ma nello stesso tempo ci ha posto in una tremenda responsabilità. Costituendo la Chiesa come sacramento di salvezza, l’ha dotata bensì di tutti i mezzi necessari per il pieno adempimento della sua trascendente missione; ma nei suoi inscrutabili disegni ha stabilito che questi stessi mezzi salvifici, efficaci perché divini, dipendano in qualche modo, nella loro applicazione, dal nostro maggiore o minore zelo, siano cioè condizionati dalla nostra volontà, più o meno generosa, dalla nostra fragile corrispondenza e, al limite, dai nostri stessi peccati.
Potremmo anche rispondere che la situazione religiosa del mondo moderno sarebbe diversa, se tutti i cristiani avessero mantenuto vivo nel loro cuore l’amore a Cristo e ai loro fratelli, e se si fossero di più impegnati a diffondere il Vangelo in tutto il mondo per tener fede alla consegna di Cristo. Possiamo, sì, trovare nelle pagine della storia, popoli che si sono chiusi volontariamente al Vangelo, o che hanno perseguitato violentemente la Chiesa, già impiantata tra loro; ma numerose sono anche le pagine - riferibili a tutti i tempi - che attestano omissioni ed egoismi, per cui è stata ritardata o gravemente compromessa l’opera dell’evangelizzazione.
Nella citata Nostra Esortazione «Evangelii Nuntiandi» abbiamo indicato in particolare la divisione tra i cristiani, la quale – sono parole del Concilio Vaticano II - pregiudica la causa sacrosanta della predicazione del Vangelo ad ogni creatura e chiude a molti le porte della fede (Ad Gentes, 6).
RESPONSABILITÀ MISSIONARIA DI TUTTO IL POPOLO DI DIO
Tutti i membri della Chiesa indistintamente debbono avere viva coscienza della loro responsabilità di fronte al mondo, favorire in se stessi lo spirito veramente cattolico e consacrare le loro energie all’opera di evangelizzazione (Ibid. 36). Lo spirito missionario e lo spirito cattolico sono la medesima cosa, così ha affermato la importante Enciclica «Fidei Donum» di Pio XII (PII XII Fidei Donum: AAS 49 (1957) 237) La cattolicità - essa continua - è la nota principale della Chiesa al punto tale che il cristiano in nessun modo aderisce alla Chiesa ed è vincolato ad essa, se insieme non aderisce e non è vincolato all’universalità di tutti i fedeli e se non desidera ardentemente che questa stessa Chiesa metta radici e fiorisca in tutte le regioni della terra (PII XII Fidei Donum: AAS 49 (1957) 237). Queste due condizioni essenziali per lo spirito veramente cattolico sono ben degne di essere ricordate in previsione della prossima Giornata di ottobre.
Nella nostra Epistola Apostolica «Graves et Increscentes» circa la Pontificia Unione Missionaria abbiamo ricordato a tutti i sacerdoti, religiosi e religiose del mondo, che è dovere loro proprio e gravissimo di aiutare il popolo di Dio ad acquisire retta e piena coscienza della Chiesa come corpo vivo che consta di vari membri uniti fra loro . . . . che imparino a pensare e ad agire come particelle, come figli e fratelli di codesta comunità ecclesiale . . . . che acquistino piena coscienza circa il mistero della Chiesa, e che si crei così un dinamico spirito missionario (PAULI PP. VI Graves et Increscentes: AAS 58 (1966) 753-754). Infatti: Niente di ciò che appartiene alla Chiesa è o deve essere alieno per il cristiano; perché allo stesso modo che la fede di ognuno è la fede della Chiesa universale, e la sua vita soprannaturale è la vita propria di tutta la Chiesa, così pure le consolazioni ed i dolori della Chiesa saranno i suoi dolori e le sue consolazioni; allo stesso modo le preoccupazioni e le prospettive universali della Chiesa debbono essere le preoccupazioni e le prospettive dei cristiani nella loro vita quotidiana (PII XII Fidei Donum: AAS 49 (1957) 238).
Tale responsabilità missionaria di dimensione universale è, d’altra parte, in perfetta consonanza con le esigenze missionarie universali che emanano da una delle note principali della Chiesa, che è la cattolicità; dal Battesimo e dalla Confermazione; dalla liturgia e, segnatamente, dalla celebrazione eucaristica; dalla gravissima responsabilità missionaria del Papa e dei Vescovi; dall’ampio, ripetuto e chiaro magistero pontificio intorno al dovere di cooperare all’attività missionaria della Chiesa; ed infine dai documenti del Concilio Vaticano II.
PRIMATO DELLA COOPERAZIONE MISSIONARIA UNIVERSALE
Questa cooperazione di carattere universale non è solo un dovere di tutto il Popolo di Dio, ma è un dovere prioritario rispetto a qualunque altra forma di cooperazione di ordine particolare, il quale abbraccia, oltre i singoli membri del Corpo Mistico, anche tutte le comunità ed istituzioni ecclesiali. Esso corrisponde analogicamente alla esigenza primordiale ed insopprimibile di ogni cellula di un organismo vivente: quella di contribuire al sostentamento, allo sviluppo ed al perfezionamento di tutto l’essere. Solo in questa cooperazione alla pienezza del tutto, ciascun membro troverà la garanzia della sua salvezza, della sua crescita e della sua perfezione.
Il Decreto «Ad Gentes», quando parla degli aiuti missionari, prestati da una Chiesa particolare ad un’altra, li approva e li raccomanda; però aggiunge un importante avvertimento: Sarà utilissimo mantenere i contatti, senza tuttavia trascurare l’opera missionaria generale, con i missionari che dalla stessa comunità hanno avuto origine, o con una parrocchia o con una diocesi di missione, perché divenga visibile L’unione intima tra le comunità, con il vantaggio di una reciproca edificazione (Ad Gentes, 37; cfr. PAULI PP. VI Evangelii Nuntiandi, 61-64).
LA GIORNATA MISSIONARIA
ESPRESSIONE DI UN’EVANGELIZZAZIONE PERMANENTE
Molti cristiani credono che sia sufficiente, per soddisfare al loro dovere missionario, offrire orazioni ed elemosine nella Domenica Missionaria. Ciò significherebbe non comprender bene il vero significato di tale celebrazione, poiché si tratta di dovere che nasce dalla natura stessa della Chiesa, e grava costantemente sulla nostra coscienza - come in ogni giorno dell’anno grava su di noi l’obbligo dell’amore fraterno - anche se un solo giorno dell’anno è dedicato in modo particolare a questa finalità.
Nel motu proprio «Ecclesiae Sanctae», col quale si stabiliscono le norme per l’applicazione di alcuni decreti conciliari alla pratica pastorale, abbiamo già incluso questa importante nota rispetto a detta Giornata: Al fine di intensificare lo spirito missionario nel popolo cristiano, si devono raccomandare orazioni e sacrifici quotidiani, in modo che la celebrazione dell’annuale Giornata Missionaria sia una spontanea manifestazione di quello spirito (PAULI PP. VI Ecclesiae Sanctae, III, 3).
LE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE, ESPRESSIONE PRINCIPALE
E PERMANENTE DELLA COOPERAZIONE MISSIONARIA
DI TUTTO IL POPOLO DI DIO
Vogliamo terminare questo nostro Messaggio presentando ancora una volta le Opere Missionarie come portatrici di questo universalismo missionario, che obbliga - come abbiamo già detto - tutti i membri della Chiesa, a livello personale e collettivo.
È infatti l’universalismo missionario che le ha distinte fin dall’inizio e che ha mosso la Santa Sede ad elevarle alla dignità di «Opere Pontificie» nel significato appunto di strumento ufficiale della Chiesa per la cooperazione missionaria del popolo di Dio. Questo stesso universalismo e questo titolo hanno dato occasione al Concilio Vaticano II di dichiararle anche strumento principale dei Vescovi per l’azione pastorale che svolgono in favore delle missioni.
Non è, pertanto, a causa di un privilegio graziosamente concesso dalla gerarchia ecclesiastica che le Opere Missionarie debbono anteporsi alla cooperazione missionaria particolare; è un titolo che deriva dalla loro stessa natura e dalla loro specifica finalità. Si tratta di Opere che sono nate, si sono strutturate e sviluppate con lo scopo preciso di cooperare a tutta l’attività missionaria della Chiesa secondo le sue molteplici necessità, provvedendo in base ad un lucido piano nella visione globale dei problemi. Per questo motivo esse hanno piena ragione di ricevere aiuto dall’intero Popolo di Dio, sia dai singoli individui sia dalle diverse istituzioni.
Tale sistema di cooperazione all’attività missionaria della Chiesa abbraccia tutti i suoi componenti, dal Papa fino all’ultimo dei fedeli (...). Ogni Vescovo, ogni Sacerdote, ogni fedele, se compie qualche attività di apostolato missionario, diretto o indiretto in settori personali, deve dare la sua collaborazione anche alle attività generali della Chiesa; cioè alle Opere Pontificie, le quali mentre sono del Papa, sono di tutto l’Episcopato e di tutto il popolo di Dio (PAOLO PP. VI, Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale del 1968).
Queste Opere cercano con sollecitudine di tradurre nella realtà il motto significativo di uno dei più efficaci promotori dell’universalismo missionario nel secolo XX, il P. Paolo Manna, motto impresso sulla sua tomba: Tutta la Chiesa per tutto il mondo.
La stessa finalità universale di queste Opere le spinge, altresì, a porre in azione tutti i mezzi che appaiono efficaci per educare il popolo di Dio nell’autentico spirito universalistico e missionario; per promuovere, nella loro multiforme varietà, le vocazioni missionarie; per sviluppare in maniera permanente la carità nel suo duplice aspetto, spirituale e materiale, sempre all’insegna della più piena cattolicità (PAOLO PP. VI, Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale del 1974).
Proprio ad una di queste Opere, quella della Propagazione della Fede, spetta il merito di avere proposto a Sua Santità il Papa Pio XI, nel 1926, la felice iniziativa di indire l’annuale giornata in favore dell’attività missionaria della Chiesa. Essa, ancora, ha ricevuto l’oneroso incarico di promuovere e di organizzare, col concorso delle altre Opere Pontificie e sotto la direzione dei rispettivi Vescovi, questa stessa Giornata, come pure quello di distribuire equamente alle Missioni le offerte raccolte in detta circostanza dalla carità del mondo cattolico.
Noi desideriamo vivamente che in quest’anno cinquantenario le Pontificie Opere Missionarie acquistino vigoroso incremento tanto nelle Chiese di antica tradizione cristiana, quanto nelle Chiese di più recente fondazione. Grazie a queste Opere ogni Vescovo otterrà, in modo facile ed efficace, che tutta la sua Diocesi, con la quale forma una cosa sola (Ad Gentes, 38), prenda coscienza delle sue responsabilità in ordine alla cooperazione alla missione universale della Chiesa; nel medesimo tempo, esse stesse diverranno sicura garanzia per un profondo rinnovamento della vita cristiana.
Nella speranza che la nostra esortazione trovi generosa corrispondenza da parte di tutti i Fratelli e Figli sparsi nel mondo, esprimiamo loro fin d’ora il nostro paterno ringraziamento e, quale pegno dei celesti favori, impartiamo la Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, nel cinquantenario dell’istituzione della Giornata Missionaria Mondiale, 14 aprile dell’anno 1976, tredicesimo del nostro Pontificato.
PAULUS PP. VI
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