DISCORSO DI PAOLO VI
AL TRIBUNALE DELLA SACRA ROMANA ROTA
Giovedì, 12 dicembre 1963
Diletti figli,
La nobile consuetudine, che si ripete ogni anno, all’inizio dell’attività giudiziaria del Tribunale della Sacra Romana Rota, vi ha portati stamane da Noi, dopo che, raccolti intorno all’Altare del Divin Sacrificio, avete invocato i doni dello Spirito Santo, e prestato il giuramento di rito. Oggi dunque Ci offrite l’onore e la consolazione di intrattenerci per la prima volta con voi, dopo la Nostra elevazione alle responsabilità del Supremo Pontificato, di ricevere la vostra famiglia al completo, così distintamente rappresentata dal Collegio dei Prelati Uditori, dagli Officiali del Tribunale, dagli Avvocati tutti.
Il primo sentimento, dopo quello della profonda gratitudine a Dio, è di vivo compiacimento per il lavoro da voi compiuto. Abbiamo potuto scorrere con vero interesse la relazione, che il benemerito Signor Decano dei Prelati Uditori ha avuto la bontà di sottoporci nei giorni scorsi: e ne abbiamo ricavato - non poteva essere altrimenti - un’impressione magnifica della serietà e complessità del -lavoro svolto, delle cause trattate, di cui un terzo col beneficio del gratuito patrocinio o con altre provvidenze, dei decreti, cui devesi aggiungere l’attività relativa allo Studio Rotale, e alla pubblicazione delle Decisiones seu Sententiae S. R. Rotae.
È una mole di lavoro giuridico, che può sfuggire all’occhio profano, ma che non per questo merita meno l’approvazione e l’incoraggiamento. E Noi siamo lieti di attestarvi pienamente questi sentimenti, nel presente inizio solenne dell’Anno giudiziario. Abbiamo anzi rilevato un crescente aumento del vostro lavoro, il che Ci offre lo spunto per un ansioso interrogativo, e per le considerazioni, che vogliamo affidare stamane alla vostra attenzione.
Per quella vigilanza di Pastore Universale della Chiesa, al quale non devono sfuggire anche i sintomi relativi alla vita spirituale dei fedeli, Ci siamo chiesti se l’aumento delle cause matrimoniali, trattate dalla Sacra Rota nei recenti anni, non sia forse da porre in relazione con la diminuzione - in taluni casi - della sensibilità della coscienza morale, che dovrebbe sempre guidare l’uomo, e il cristiano specialmente, nella sua vita, particolarmente nelle decisioni più gravi; e se questo non sia un indizio, che, insieme con tanti altri, può spiegare l’atteggiamento talora superficiale, leggero, quando non addirittura irriverente verso l’istituto matrimoniale, patto indissolubile, elevato alla dignità di Sacramento da Gesù Cristo per il bene dell’umana famiglia. È vero che alla diffusione di pericolose concezioni e di atteggiamenti errati han contribuito in varia misura gli stimoli eccitanti, e non di rado pervertitori, di certa letteratura, di certa stampa, di certo spettacolo. Ed è anche vero che tali stimoli incontrano resistenze più deboli che non un tempo nello stesso santuario delle famiglie. Resta il fatto che da taluni si affronta il matrimonio con molta leggerezza, senza la dovuta preparazione psicologica, spirituale, religiosa, riducendone così la sostanza sacra e solenne alla condizione di esperimenti avvilenti, di avventure rischiose, quando non sia di paurosi naufragi. Facciamo Nostre le parole di Giovanni XXIII di v.m., che, ricevendovi il 25 ottobre del 1960, così si esprimeva: «A considerare la gravità del pericolo, costituito non tanto da episodi individuali e determinabili, quanto invece da un diffuso rilassamento di salde barriere morali, sgorga spontaneo l’invito, che ripetiamo ardentemente in visceribus Iesu Christi anzitutto ai pastori di anime, affinché adoperino ogni mezzo . . . per illuminare le coscienze dei genitori e dei giovani sul loro dovere» (Discorsi, Messaggi, Colloqui, II, p. 517).
Il punto centrale della questione è proprio qui: in questo rilassamento della coscienza morale, che va riavvalorata con la collaborazione pensosa ed efficace di quanti possono ancora in essa influire con la parola, con l’insegnamento, con l’esempio. Ecco dunque la imprescrittibile necessità di un forte richiamo alla preminenza dei valori morali, specialmente alle giovani generazioni, le quali debbono essere preparate alla fondazione della famiglia mediante una salda coscienza morale. Esse debbono sapere che la formazione della coscienza suppone un armonioso equilibrio di natura e di grazia. La coscienza infatti esige rettitudine ed equilibrio, sanità di giudizio e chiarezza di impostazioni, forza di decisione e adamantina schiettezza, che davanti alle grandi e sacre leggi della vita rifugge da ogni compromesso, da ogni bassezza, da ogni meschinità. Queste sono doti naturali, di cui l’uomo ha in sé le risorse per un ascensionale sforzo di perfezione, anche se la ferita del peccato originale lo può indebolire nella costante pratica del bene.
Ma quando la grazia divina si innesta nella natura, e la virtù redentrice di Cristo, attraverso i Sacramenti, viene a trasformare nell’intimo l’anima umana, ecco nuovi saldi fondamenti per la coscienza morale: e, come Noi stessi una volta dicemmo, avviene allora «un rinnovamento che passa nel nostro costume e diventa possibilità di giustizia - non fatto automatico - da un lato, dovere dall’altro, e impegna la nostra vacillante e capricciosa libertà ad un esercizio sorprendente, quello della onestà . . . , quello d’una perfezione morale, d’una santità, che dovrebbe essere lo stile di vita per tutti, consueto nelle linee essenziali, variabilissimo nelle forme adattabili all’indole e al giuoco d’ognuno».
Vediamo perciò con piacere che si vanno diffondendo nel campo cattolico buone iniziative pastorali per dare ai fidanzati ed ai giovani sposi quella preparazione morale e spirituale che dia alla loro coscienza luce e vigore per la santità dell’amore e per la saldezza e la vera felicità della vita familiare.
Ecco poi che questa luce dell’anima, che è la coscienza morale, come deve animare ogni settore della vita, così deve pervadere anche lo strumento giuridico, che è un Tribunale, e un Tribunale, diciamo, che, come il vostro, è prevalentemente impegnato alla difesa sia del Sacramento del matrimonio, sia della libertà della persona umana: quindi chiamato in un caso e nell’altro a tutelare la coscienza, a stimolarla, e, quando è necessario, anche a procurarne il recupero per una vita consapevole dei propri obblighi e responsabilità.
La vostra attività si svolge dunque sotto il segno della coscienza morale. Nei giudici, anzitutto, essa costituisce la loro altissima nobiltà, il loro programma; essa è la sicurezza che la lettera del diritto ne interpreterà sempre lo spirito. Sono essi che insieme col promotore di Giustizia e col Difensore del Vincolo, devono dirigere ogni loro fatica ad accertare la verità e a ristabilire la giustizia, e ai quali principalmente è demandato il gravissimo onere della tutela della coscienza morale, a cui abbiamo accennato.
Negli avvocati, inoltre, la coscienza morale deve essere l’orientamento costante e normativo della loro attività, chiamata a superiori espressioni ed esposta a maggiori pericoli: infatti, il loro dovere morale professionale è la ricerca della verità, non il giuoco della verità. Dovendo ascoltare per primo le parti, l’avvocato rotale può prima di ogni altro consigliare rettamente per l’accettazione della causa, o per sconsigliarla con chiarezza e sincerità; e nel suggerire le prove, nel determinare il capo di accusa e nel confutare gli argomenti contrari, il suo unico movente sarà l’accertamento della verità dei fatti, e il trionfo della giustizia, rifiutandosi sempre, ad ogni costo, di costruire artificialmente un processo, di patrocinare una causa infondata, o di ricorrere a mezzi sleali e disonesti.
Infine, la coscienza morale è richiesta - e va illuminata, ove occorra - nelle parti in causa, per quanto riguarda il loro atteggiamento di fronte al Matrimonio e ai suoi obblighi, la loro umiltà e sottomissione alle leggi della Chiesa e alle decisioni del Tribunale. Ma qui il problema diventa assai vasto, e affonda radici ben più lontano, quando è necessario che i contraenti si accostino al Matrimonio non come a un capriccio dei sensi, o ad una avventura, o a un esperimento precario, con deplorevole superficialità; ma che invece, consapevoli del passo che compiono, sappiano vedere in esso il Sacramentum magnum, che li consacra alla missione sublime di collaboratori di Dio nell’infondere la vita in nuove creature, e nell’educarne lo sviluppo con trepida delicatezza, e con la coscienza delle proprie responsabilità.
Diletti figli!
Lo spunto iniziale delle Nostre parole si è allargato così a un esame vasto, seppur necessariamente frammentario, dei rapporti fra coscienza morale ed esercizio giuridico. Ne affidiamo l’ulteriore approfondimento alla vostra meditazione e alla vostra esperienza. Noi vi siamo vicini con la preghiera, invocando su di voi tutti i continui doni del Divino Paraclito, che stamane, cor unum et anima una, avete instantemente implorato sulla attività che state per intraprendere. E siamo sicuri che essa sarà sempre improntata a fedelissimo amore alla Chiesa e ad appassionata ricerca del vero bene delle anime. La confortatrice Benedizione Apostolica viene ad attestare la profonda stima e benevolenza, che nutriamo per ciascuno di voi, e ad infondervi lieto incoraggiamento per i gravi compiti che vi attendono nel compimento quotidiano della vostra alta e delicata mansione.
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