DISCORSO DI PAOLO VI
ALLA CURIA ROMANA IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE
DEGLI AUGURI NATALIZI.
Giovedì, 24 dicembre 1964
Grazie, Signor Cardinale Decano, dei suoi auguri e delle sue nobili espressioni. Il Sacro Collegio, di cui salutiamo così numerosa e ragguardevole parte qui riunita, la nobile Anticamera con la Prelatura Romana, presente si può dire al completo a questo incontro augurale, hanno avuto un eminente interprete nella formulazione di voti, che, per la loro provenienza e per il loro significato, Ci sono carissimi, e vengono a sostenere con la loro testimonianza di fedeltà e di devozione l’umana debolezza delle Nostre limitatissime forze; e con l’ausilio delle preghiere, onde certamente traggono senso ed efficacia, essi confortano grandemente il grave ministero apostolico, al quale siamo totalmente impegnati. Grazie di tanta cortesia e di tale spirituale partecipazione alla Nostra umile e pontificale fatica.
Ci è caro rilevare in codesti auguri collettivi, resi un solo sentimento ed una sola voce dalle labbra e dal cuore del Cardinale Decano, la espressione unanime del Sacro Collegio, alla quale si associa la Prelatura Romana, con i Capi e con altri Officiali dei vari Dicasteri, Uffici, Vicariati, Commissioni, Amministrazioni, che tutti insieme formano quella Curia Romana, di cui si vale il Papa per l’esplicazione della sua missione nella guida e nel servizio della Chiesa cattolica.
Profittiamo anche Noi di così bella occasione per ricambiare alle degnissime persone qui presenti, ed ai vari ceti ed enti ch’esse rappresentano, i Nostri auguri migliori, ai quali Ci piace unire i Nostri ringraziamenti per l’opera che ciascuno compie al servizio della medesima Santa Sede, e per l’animo con cui essa certamente tè compiuta, cioè con dedizione e assiduità, che guardano oltre l’immediato impegno professionale, e mirano alla causa del regno di Dio, alla prosperità della Santa Chiesa e alla gloria di quel Cristo, a cui tutti con fedelissimo amore vogliamo servire. Ci sia consentito, in un momento come questo, in cui gli animi si aprono a parole che la prosa e la fretta della vita ordinaria vogliono escluse, confortare voi tutti, venerati Confratelli e Figli diletti, a generosa perseveranza, a continuo perfezionamento, a saggio sforzo di dare valore ideale e spirituale alla rispettiva attività, così che sempre meglio questa Nostra Curia Romana apparisca indispensabile strumento, ordinata compagine, esemplare corona intorno alla Cattedra di S. Pietro nel suo pastorale ufficio per il bene della santa Chiesa.
Ma le parole del Cardinale Decano non si sono limitate agli auguri; esse hanno accennato anche ai fatti salienti di quest’anno del Nostro Pontificato; e questo hanno fatto con benevolo e generoso riconoscimento degli aspetti positivi dei vari avvenimenti ricordati. Anche di cotesto suffragio dobbiamo ringraziare, lieti Noi stessi se l’opera Nostra ha potuto riuscire in qualche misura a gloria di Dio e a vantaggio della Chiesa e del mondo.
Noi dobbiamo, in modo particolare, ringraziare il Signore per la celebrazione della terza sessione del Concilio Ecumenico, la quale deve ritenersi senz’altro positiva e felice.
Le conclusioni, a voi note e testé ricordate nelle parole del Cardinale Decano, sono senza dubbio di grande importanza ed hanno in sé la promessa di feconde e benefiche applicazioni per l’interiore vitalità della Chiesa, come per lo svolgimento della sua missione nel mondo. Non Ci dispiace notare come la grande Assemblea conciliare abbia raggiunto tali conclusioni dopo lunghe, varie e difficili discussioni; indice questo della libertà di giudizio e di parola concessa, fin dal principio, ai Padri, e segno del vivo interesse da loro preso per i vari temi posti davanti al loro esame. Non è meraviglia perciò se il cammino delle trattazioni si sia fatto talora lungo oltre il previsto ed animato da pluralità di sentenze; ma non sarebbe esatto qualificare il Concilio di interiori divisioni e di opposte tendenze, quando una profonda e comune aspirazione di sostanziale unità e di fraterna collaborazione ha diretto le singole espressioni conciliari, e quando una quasi unanime convergenza di consensi ha magnificamente coronato le conclusioni medesime. Si è impiegato parecchio tempo; e, come testé è stato osservato, il Concilio non ha potuto esaurire il suo programma, rendendo così necessaria una prossima quarta sessione, che sarà senz’altro l’ultima, e che darà modo alla Chiesa di pronunciarsi su questioni che interessano non solo il suo proprio pensiero e il suo interiore governo, ma altresì il mondo contemporaneo, in cui essa si trova a svolgere la sua missione; assisteremo perciò ad un momento molto importante e significativo dello sforzo pastorale caratteristico della Chiesa Cattolica, quello cioè di concordare la sua fedeltà al proprio patrimonio dottrinale con lo studio amoroso di comprendere i bisogni umani nella loro realtà e di assisterli con la propria originale capacità di soccorso e di redenzione; anzi quello, possiamo dire, di trarre dall’impegno stesso, fermo e coerente alle verità divine e umane, di cui la Chiesa è custode e maestra, l’impulso nuovo e geniale per offrire ai problemi della vita moderna sapienti e provvide soluzioni. Speranza questa che, per divina bontà, non andrà certo delusa.
Se poi il Nostro sguardo dovesse in questo riassuntivo momento estendersi ad altri fatti e ad altri aspetti della vita della Chiesa, la rassegna si farebbe assai lunga e non sempre consolante: possiamo tacere le Nostre apprensioni per una certa facilità, con cui da alcuni, che sono pure buoni cattolici, si propende verso un relativismo ideologico e pratico, che pensa di risolvere le questioni proprie del vivere cristiano con l’acquiescenza alla via facile del conformismo con le opinioni profane correnti?
Così, possiamo dimenticare le sempre difficili condizioni, in cui la Chiesa si trova in Paesi a Noi cari e a Noi ostili, dove tante elementari libertà sono dosate o negate alla vita cattolica, e dove l’educazione della gioventù specialmente è pervasa dalla negazione di Dio e di Cristo, e dall’opposizione e dal discredito alla Chiesa Cattolica? E le prove sofferte dai nostri Missionari e Missionarie, in più d’un Paese, quest’anno, non saranno ora da Noi ricordate? La loro gravità, giunta talora all’esilio, allo strazio delle persone inermi e innocenti e al sangue, merita il gemito e la deplorazione dei cuori buoni e civili, ed esige da Noi l’encomio per chi dà a Cristo la testimonianza della suprema fedeltà.
Voi, venerati Fratelli e Figli, conoscete queste non sopite sofferenze della Chiesa stessa; e vorrete perciò confortare con le vostre preghiere queste sofferenze dei fedeli lontani e questa pena propria del Nostro cuore, e vorrete anche comprendere la linea del Nostro atteggiamento, altrettanto fermo e persuaso nel buon diritto d’una religione come la nostra, che dall’autorità stessa onde si sostiene trae imperativo impulso al rispetto all’ordine civile e alla promozione d’ogni bene sociale, quanto vigile e pronto ad ogni leale dialogo e ad ogni onesto adattamento, che garantisca alla Chiesa un semplice e dignitoso svolgimento della sua missione.
Ma l’osservazione di alcuni aspetti infelici, che pur non mancano nel quadro delle presenti condizioni ecclesiastiche, Ci obbligherebbe a indicazioni e ad analisi non confacenti con questa serena ora prenatalizia; Ci basti notare come anche gli aspetti dolorosi e preoccupanti della scena del mondo sono presenti al Nostro spirito, e certamente al vostro, ove alberga la pietà per ogni umana miseria. Se è proprio dell’amore vigilare e trepidare, Noi non saremo insensibili a tanti malanni e a tanti pericoli che gravano sulla società contemporanea. Alludiamo alle inquietudini, che travagliano non poche Nazioni, con agitazioni e guerriglie, con discordie ed opposizioni che minacciano la pace e compromettono la tranquilla convivenza, interna ed esterna, dei popoli; alludiamo a certe crisi della pubblica moralità, e all’insorgenza e alla diffusione della delinquenza, per cui non può non essere pensieroso chiunque ami l’onestà e la dignità del pubblico costume; alludiamo alla fame, ch’è tuttora nel mondo.
Non vogliamo però, in questo fugace sguardo sul mondo, chiudere gli occhi sullo spettacolo meraviglioso delle cose grandi, nuove e magnifiche, che il panorama moderno Ci presenta. Un processo immenso e travolgente sta cambiando la faccia della terra, quasi che l’uomo compisse oggi in pieno il primissimo precetto biblico: «Riempite la terra e soggiogatela» (Gen. 1, 28). Ecco: si inventano strumenti nuovi e prodigiosi, d’ogni sorta, si potenzia come non mai il lavoro umano e lo si idealizza, si moltiplicano a dismisura le ricchezze e i beni fungibili, si diffonde dappertutto la cultura, si combattono le malattie e la fame, si sviluppano vertiginosamente i trasporti, si esplorano le ampiezze spaziali, si avvicinano i commerci ed i popoli, si affrancano le nazioni, si proclamano la libertà e la giustizia, si aspira come a ideale supremo alla pace.
Questo è stupendo. Noi benediciamo Iddio e Ci congratuliamo con l’uomo. Ma qualche cosa manca ancora, tragicamente: la concordia, la stabilità, la felicità. Il cuore dell’uomo nasconde - è lui che spesso lo confessa - il dubbio, l’inquietudine, e poi l’odio, e l’assurdo, e la disperazione, e la morte, e il nulla! A ben osservare tutto il bene e tutto il male ch’è nel mondo: non è forse una tensione nuova e potente verso Cristo Salvatore? verso il Natale? Noi lo pensiamo.
Tutto questo perciò non fa che accrescere ed allargare i Nostri auguri; per voi, per la Chiesa, per i fratelli separati, per l’intera società umana; auguri che la speranza in Cristo sostiene, che la preghiera a Lui Redentore accompagna, che la Nostra Benedizione avvalora ed esprime.
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