DISCORSO DI PAOLO VI
AL SINDACO E ALLA GIUNTA COMUNALE DI ROMA
Mercoledì, 30 dicembre 1964
La ringraziamo, Signor Sindaco, di questa visita tanto cortese; La ringraziamo dei Suoi auguri così gentilmente espressi e delle nobili e significative parole, ch’Ella Ci ha ora rivolte. Ringraziamo con Lei gli illustri Signori, che L’accompagnano, membri della Giunta Comunale di questa Sua e Nostra Roma, alla quale vogliamo ricambiare, anche in questa occasione, e per Suo tramite, i Nostri voti migliori.
Ci è intanto propizia l’occasione per rivolgere un particolare augurale saluto a tutto il Consiglio Comunale: tanto è alto in Noi il concetto della funzione amministrativa per la tutela degli interessi e per la prosperità dell’Uber, che volentieri accompagniamo con voti e con preghiere l’esercizio di tale funzione in quanti hanno l’onore e la responsabilità d’esserne rivestiti, sia come appartenenti al Consiglio Comunale medesimo, sia come dirigenti e componenti la vasta e complessa rete dei suoi uffici e dei suoi servizi: vada il Nostro augurio paterno e cordiale a tutta la grande schiera delle persone addette alla amministrazione ed ai servizi della Città, vada la Nostra benedizione a ciascuna di loro, alle loro famiglie, ai loro figliuoli: è cotesto il gruppo «più romano» della cittadinanza, perché non solo vi appartiene, ma la serve, e deve con l’opera, con l’esempio, con lo spirito promuoverne gli interessi, tutelarne il prestigio, conservarne le tradizioni, personificarne la coscienza e la missione.
Siamo poi lieti di ravvisare in questa graditissima visita e nelle parole che le danno senso e valore la bontà dei rapporti, che legano ed insieme distinguono il Comune e la Diocesi di Roma. Pare a Noi che la chiarezza, la cortesia, il reciproco rispetto, un mutuo desiderio di collaborazione ne descrivano le linee, e che una comune soddisfazione ne sia il risultato. Siamo perciò in grado di valutare gli enormi problemi che assillano l’Amministrazione comunale, e di apprezzare gli sforzi, ch’essa va assiduamente e ingegnosamente facendo per risolverli; e Noi auguriamo che la ferma e illuminata saggezza degli Amministratori da un lato, la volonterosa comprensione e la generosa corrispondenza della cittadinanza dall’altra valgano a imprimere al volto dell’Urbe quella dignità, quell’ordine, quella bellezza, quello sviluppo, che sono desiderati per una metropoli moderna, e che sono reclamati tanto di più dal nome di Roma.
Ci piace a questo proposito encomiare ed incoraggiare quella scienza, quell’attività che oggi si chiama l’«urbanistica», e che Noi saremmo indotti a iscrivere nel campo sublime ed umanissimo della carità sociale, tanto essa interessa da vicino bisogni fondamentali, vitali e morali della popolazione, specialmente quando i fenomeni demografici della Città segnano le necessità nuove ed enormi, che tutti conosciamo. Abbiate, Signori, massima considerazione per questi problemi dell’abitazione popolare.
Suona a lode del nuovo Capo dello Stato Italiano la menzione, fatta ieri nel suo messaggio alla Nazione, dell’edilizia in favore dei lavoratori, e torna a stimolo e conforto di quanti, come Voi, Signori, dedicano a questo bisogno sociale la massima attenzione e il più positivo interesse: il nuovo quartiere popolare, con le sue case ordinate e pulite, con le sue scuole, i suoi giardini, il suo mercato, le sue officine, la sua chiesa, è un tema che deve primeggiare nel piano generale della città moderna, e per Roma, accanto alle sue vetuste rovine ed ai suoi incomparabili monumenti, deve testimoniare il carattere sempre vivo e fiorente della sua civiltà, che, per essere spiccatamente cristiana, dev’essere in primo luogo umana e sociale.
Abbiate animo, Signori. Roma non è mai stanca. Roma non è mai vecchia. Roma, se cosciente e fedele al suo alto e misterioso destino, Voi lo sapete, è eterna. E la Nostra benedizione a questa perennità, a questa vitalità, civile e religiosa, vuole ancor oggi, per il nuovo anno, infondere un carisma che viene dall’alto, e che sfida il tempo.
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