DISCORSO DI PAOLO VI
AI GRUPPI DI SPIRITUALITÀ FAMILIARE
Sabato, 25 settembre 1965
Eccellenza,
Rev.di Sacerdoti,
carissimi Figli!
Abbiamo desiderato molto di riservarvi un’accoglienza particolare, pur nell’intensità degli impegni di questo momento, per dirvi quanto grande sia la Nostra stima per la vostra associazione, quanto intenso il Nostro affetto per voi, quanto viva la Nostra speranza per l’influsso che voi potete e dovete operare nella società, e per i frutti ch’esso promette per il domani.
«Gruppi di spiritualità familiare» vi denominate, nell’ambito vario e pulsante di vita delle istituzioni dell’apostolato dei laici: e in queste parole è già ben detto tutto quanto siete e volete compiere, per vivere cristianamente, nella forma più alta e completa, la vostra vocazione terrena, che trova nella famiglia la sua espressione più nobile e vera.
Per questo Ci fa assai piacere ricevervi e conoscere tutte le cose belle e buone, a cui vi dedicate coltivando il vostro santo ideale. Per questo vi incoraggiamo con cuore di Padre e di Pastore a vivere sempre più a fondo gli impegni forti e soavi, le esaltanti responsabilità, che derivano da codesta dichiarata esigenza di portare le vostre famiglie su di un piano altissimo di spirituale fecondità. In attesa della promulgazione della Costituzione conciliare sull’apostolato dei laici, Ci piace vedere in voi compiutamente avverato quanto il Concilio medesimo ha detto sul posto che i coniugi cristiani debbono avere nella vita della Chiesa: «Nella vita matrimoniale e familiare si ha l’esercizio e un’eccellente scuola di apostolato dei laici? dove la religione cristiana permea tutto il tenore di vita e ogni giorno più lo trasforma. Là i coniugi hanno la propria vocazione, per essere l’uno all’altro, e ai figli, testimoni della fede e dell’amore di Cristo. La famiglia cristiana proclama ad alta voce e le virtù presenti del Regno di Dio, e la speranza della vita beata. Così col suo esempio e con la sua testimonianza accusa il mondo di peccato, e illumina quelli che cercano la verità» (Const. Dogm. De Ecclesia, n. 35).
Voi vedete, diletti figli e figlie, quale sia il vostro compito nella Chiesa al tempo presente, e quale attesa la Chiesa stessa nutra sui vostri cenacoli di spiritualità e di vita. Di fatto, voi siete chiamati a testimoniare nel mondo l’arte difficile e delicata, fragile e preziosa di amare cristianamente, nella grazia del Sacramento del matrimonio, rendendo presente, e rinnovando in ogni focolare, l’amore di Cristo per la Chiesa, secondo le parole dell’Apostolo Paolo: «. . . Mistero grande è questo, ma lo dico riferendomi a Cristo e alla Chiesa» (Eph. 6, 21-23, 32) Esemplato su questo soprannaturale modello, l’amore umano si affina sempre di più, acquista in profondità e in vigore, si tempra nella pazienza e nella perseveranza, si impreziosisce nella custodia del cuore, si fortifica nell’accettazione delle prove crocifiggenti dell’intera esistenza, preparando ai gaudi sovrabbondanti del Cielo. E con la progressiva maturazione psicologica, fisica, spirituale, si compie il prodigio di quest’arte cristiana d’amare: infatti in tal modo l’amore umano si trasforma in grazia, si fa veicolo e strumento dell’amore divino, che si effonde sempre più abbondantemente su di voi, e dall’uno all’altro, e da entrambi i genitori verso i figli, in mutui scambi, cui prepara e avvalora la grazia del sacramento. Quanto è dunque necessario essere profondamente coscienti di questa alta missione, alla quale i coniugi sono chiamati nel matrimonio, affinché - come ha scritto Pio XI nella Enciclica Casti Connubii - «possano a vicenda porgersi il dovuto conforto nelle vicende tristi e liete della vita, e molto più nel procurarsi la salute eterna e nel formare l’uomo interiore “alla misura dell’età piena di Cristo” (Eph. 4, 13). Ciò servirà loro di aiuto a dimostrarsi veramente tali verso la loro diletta prole . . .; sicché, grazie al loro pio amore e alle loro cure assidue, la casa paterna diventi per i figliuoli . . ., in questa valle di lacrime, quasi un’immagine di quel paradiso di letizia, dove il Creatore dell’uman genere aveva collocato i nostri progenitori» (A.A.S. XXII 1930, p. 585).
Sia questo il quadro, il modello, l’aspirazione delle vostre famiglie, dei vostri gruppi di spiritualità familiare: portare anche nella odierna società il soffio di una vita di grazia integralmente vissuta, nella quale il Signore, come nell’Eden dell’alba della creazione, possa trovare tutte le sue compiacenze.
Vi assiste in questo alto, difficile ma tanto nobile compito l’intercessione della Santa Famiglia di Nazareth; vi conforta l’assistenza divina, che non può mai mancare; e vi incoraggia la Nostra Apostolica Benedizione, che vi invoca tutti i doni più santi del Signore.
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