MESSAGGIO DI PAOLO VI
AI PARTECIPANTI ALLA X RIUNIONE DEL C.E.L.AM.
Giovedì, 29 settembre 1966
Venerati Fratelli,
La Xª riunione del Consiglio Episcopale Latino-Americano, che vi trovate a celebrare in questi giorni a Mar del Plata, Ci offre gradita l’occasione di intrattenerci ancora una volta amabilmente con voi, Venerati Fratelli, quasi a continuare la conversazione che iniziammo il 23 novembre dello scorso anno, quando, celebrando il decennio di fondazione di codesto Consiglio, Ci procuraste la grande gioia di una vostra visita.
Aprimmo allora il Nostro animo su alcuni problemi pastorali più urgenti, segnando quasi un cammino da seguire affinché l’azione della Chiesa si facesse sempre più presente in mezzo alle vostre popolazioni.
Voi oggi riassumete lo stesso tema, inquadrandolo nella prospettiva degli insegnamenti del Concilio Ecumenico Vaticano II e lo applicate ad un settore particolare, quello dello sviluppo e dell’integrazione dell’America Latina. Mossi ancora dal profondo amore che Ci lega intimamente al vostro continente, desideriamo dettarvi alcuni pensieri che siano come un filo conduttore che si stende sul tessuto di idee e di iniziative che si manifesteranno in codesti giorni di studio, per i quali fino d’ora auspichiamo copiosi frutti.
La Chiesa, insieme società visibile e comunità spirituale, è presente sulla terra; composta di uomini, i quali «sono membri della società terrena, chiamati a formare già nella storia dell’umanità la famiglia dei figli di Dio», «cammina insieme con l’umanità tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena ed è il fermento e quasi l’anima della società umana»; perseguendo il suo proprio fine di salvezza, mentre comunica all’uomo la vita divina, con la sua luce esercita un influsso su tutto il mondo, «specialmente per il fatto che risana ed eleva la dignità della persona umana, consolida la compagine della umana società» (Costit. Past. «Gaudium et Spes», n. 40 passim).
Consapevole degli inesauribili tesori di cui è depositaria, conscia delle responsabilità storiche che le vengono in eredità dal passato e la proiettano a pieno diritto verso l’avvenire, la Chiesa intende offrire il suo aiuto agli individui e all’umana società di oggi, senza ignorare quello che anch’essa riceve dal mondo contemporaneo. Nei testi della Costituzione Pastorale «Gaudium e Spes», ai quali Ci riferiamo, troverete abbondante materia di riflessione per comprendere e delineare la preziosa missione che la Chiesa compie. In essi si parla di:
- luce, che la Chiesa espande col complesso delle iniziative destinate a proporre il messaggio evangelico in maniera che, tendendo sempre alla salvezza dell’uomo, lo illumini anche nei suoi doveri di ordine temporale; è il magistero sociale della Chiesa;
- forza, che la Chiesa esercita: è la forza morale della verità, la forza soprannaturale che viene dalla grazia e ancora la forza che il mondo riceve dai movimenti di educazione e promozione sociale;
- compiti, che la Chiesa svolge in modo e con mezzi coerenti con la sua missione, nel promuovere, ad esempio, la giustizia e la pace;
- opere, l’insieme delle istituzioni ed attività concrete, che la Chiesa ritiene suo dovere realizzare in determinate situazioni ed in particolari ambienti per aiutare la società, quali ad esempio le opere caritative ed assistenziali.
Di fronte a questo vastissimo campo di azione specifica, voi Pastori di anime concluderete agevolmente che alla Chiesa non si chiede di farsi specialista, nell’una o nell’altra disciplina, di sociologia o di economia, bensì di concorrere alla soluzione dei gravi problemi contemporanei con quello che le è proprio, e cioè con le risorse di ordine religioso e soprannaturale, che essa ha ricevuto dal suo divino Fondatore, Cristo Signore.
La Chiesa, ornata di questa veste, non ha bisogno di chiedere una timida autorizzazione per portare la sua pietra alla costruzione della città terrena: può farlo con credenziali validissime ed ineccepibili perché ne ha un mandato divino. E il mondo di oggi ci sarà grato se gli mostreremo il nostro ideale in tutta la sua pienezza e con tutte le sue esigenze, e se gli diremo con chiarezza fin dall’inizio ciò che solo noi, Chiesa di Dio, possiamo offrirgli in vero spirito di amore e di servizio.
Voi, dunque, nella riunione esaminerete la presenza attiva della Chiesa nello sviluppo e nell’integrazione dell’America Latina: argomento che tanto interessa i vostri Paesi desiderosi - e giustamente - di partecipare alla comunità delle nazioni con tutta la loro vitalità e il peso della loro forza. Il vostro dovere di Pastori di anime sarà quindi di portare allo studio dell’impegnativa questione la luce religiosa e soprannaturale. Ad un materialismo pratico e teorico, che racchiude l’uomo nella sua prigione terrestre, voi presenterete un umanesimo cristiano, la visione cioè dell’uomo e dell’universo che viene dalla fede e dalla dottrina cristiana.
Nel costante e responsabile magistero richiesto dal Nostro umile servizio pastorale Ci siamo sentiti in dovere di accennare più volte ai problemi dello sviluppo, sostenendo apertamente e coraggiosamente ogni iniziativa che organismi internazionali ed enti nazionali hanno promosso. Viene quindi naturale chiederci che cosa intendiamo e vogliamo per sviluppo noi come cristiani e soprattutto noi uomini di Chiesa.
Nella visione cristiana lo sviluppo non va identificato con la crescita puramente economica di beni: per essere autentico deve anche essere integrale, elevazione della persona sotto tutti gli aspetti ed elevazione universale di tutta l’umanità; indivisibile ed armonico, ordinato cioè in tutte le componenti, sorretto da un principio unificatore e guidato da un intervento razionale e continuo dell’intelligenza e della volontà dell’uomo.
È quindi alla base stessa del concetto di sviluppo che deve impegnarsi l’opera illuminatrice, peraltro insostituibile, della Chiesa: infondergli cioè un’anima, per cui esso non sia fine a se stesso, ma mezzo per facilitare la formazione completa delle facoltà dell’uomo, nella piena espansione di una ordinata vita individuale e sociale; non sarà cioè lo sviluppo considerato come supremo valore, ma come strumento al servizio dei veri valori umani, i valori dello spirito (cfr. «Gaudium et Spes», n. 64). In tale prospettiva, il progresso e il conseguente benessere non finiranno per materializzare l’uomo: gli daranno, al contrario, la possibilità di perfezionarsi, di elevarsi e quindi di spiritualizzarsi. Questi sono gli impreteribili criteri che devono guidare tutta la dinamica dello sviluppo.
La Chiesa in America Latina, nel farsi sostenitrice e promotrice dello sviluppo, ha pertanto il compito di evitare un ripetersi di gravi errori occorsi in altre regioni, nelle quali parallelamente al progresso materiale non si è promosso un eguale progresso morale e spirituale, il solo che avrebbe potuto equilibrare e vivificare il primo (cfr. Discorso sull’assistenza ai paesi in via di sviluppo, del 9 maggio 1964).
Un altro punto che vorremmo sottomettere alla vostra attenta considerazione concerne la gradualità con cui, senza ricorrere a metodi violenti e a rivolgimenti inconsulti, è bene procedere nel promuovere lo sviluppo. «In molti casi è urgente procedere ad una revisione delle strutture economiche e sociali. Ma bisogna guardarsi dalle soluzioni tecniche premature, specialmente da quelle che, mentre offrono all’uomo certe utilità materiali, si oppongono al suo carattere e al suo profitto spirituale» («Gaudium et Spes», n. 86). Per custodire e conservare gelosamente alle vostre popolazioni il loro volto cristiano, non permettete, venerati Fratelli, che il loro fecondo patrimonio di tradizioni cristiane venga sostituito da un effimero progresso che uccide la fede.
Pur con la gradualità cui abbiamo ora accennato, la Costituzione Pastorale «Gaudium et Spes» , nella visione complessa dello sviluppo, afferma decisamente l’esigenza di profonde riforme di struttura e profondi mutamenti della società: «Si richiedono molte riforme nelle strutture della vita economico-sociale e in tutti un mutamento nella mentalità e nelle abitudini di vita» (n. 63; cfr. anche n. 26). In questo settore i Pastori d’anime possono e devono svolgere un ruolo importante, che - se è delicato - può anche diventare risolutivo. Lo svolgeranno esponendo la sostanza della dottrina cristiana, che porta a non indulgere «ad un’etica individualistica», bensì a coltivare maggiormente le virtù morali e sociali e a diffonderle nella società, «cosicché sorgano uomini nuovi, artefici di una umanità nuova» (ibid., n. 30). È inoltre indispensabile creare nella coscienza cristiana un atteggiamento attivo di responsabilità e di partecipazione (cfr. ibid., n. 31). Come vedete, venerati Fratelli, è tutta un’opera di formazione culturale, spirituale e morale, adeguata alla nuova e mutevole situazione storica, a cui la Chiesa è direttamente chiamata a collaborare.
Una parola vogliamo dirvi ancora sull’integrazione: essa deve spezzare il cerchio chiuso delle divisioni, che allontanano, rimpicciolendoli, gli uni dagli altri. Sviluppo e integrazione sono concetti e fattori complementari e inseparabili.
La Chiesa, operando sempre nel campo di sua competenza, può contribuire alla nobile impresa dell’integrazione del continente latino- americano:
- additando la sua storia: la Chiesa, infatti, è stata il fattore più forte di unità dei popoli dell’America Latina;
- insegnando la sua dottrina, fondata sulla fraternità umana, che trova la più sublime espressione nell’unica origine da Dio, Creatore e Padre, e nella Redenzione universale di Cristo;
- attuando il suo spirito unificatore, che porta a radunare tutti gli uomini di qualunque nazione, stirpe e civiltà, perché in Cristo siano «un solo corpo ed un solo Spirito» (cfr. Eph. 4, 4).
L’unità e la fraternità umana non devono limitarsi al piano spirituale e individuale, ma esprimersi concretamente nella società in tutte le dimensioni, e quindi anche a livello continentale e mondiale. Anche qui non si chiederà alla Chiesa una dottrina particolareggiata sull’integrazione: ma se il problema, considerato in se stesso è d’ordine tecnico, esso tuttavia presenta molteplici aspetti morali, i quali, mentre interessano la vita dell’uomo, la promozione umana e l’avvento della pace, rendono legittimo e atteso l’interessamento dei Pastori d’anime. In nome del Vangelo, essi possono contribuire validamente a diffondere l’ideale della integrazione, risvegliando nei cristiani la convinzione che i propri destini nazionali saranno conseguiti soltanto nella solidarietà internazionale; formando una coscienza soprannazionale e insistendo, come ha fatto il più recente magistero pontificio e quello conciliare sulla imprescindibile esigenza di una cooperazione mondiale per cui «la Chiesa deve essere assolutamente presente nella stessa comunità dei popoli» («Gaudium et Spes», n. 89).
La Chiesa, inoltre, nel sollecitare e stimolare la cooperazione internazionale a favore dello sviluppo sa anche dire in quale maniera la stessa cooperazione va prestata e ricevuta. Molto significative sono in proposito le indicazioni che ci vengono dalla Costituzione Pastorale «Gaudium et Spes» (cfr. n. 85): Noi stessi poi recentemente abbiamo affermato che per lo sviluppo occorre mobilitare tutte le risorse umane, e che «il ne suffit pas de donner de son avoir, il faut encore y apporter le meilleur de son être» (Lettera del 26 maggio 1966 al Segretario Generale dell’ONU).
Il cristiano deve amare tanto i suoi fratelli da darsi a loro per intero e troverà un modo efficace di impegnarsi per i fratelli nel farsi presente al processo del mondo in fase di aumento e di sviluppo. La partecipazione cristiana allo sviluppo viene pertanto a collocarsi su di un livello ben più elevato: ancorata non solo a ragioni di pura giustizia, di equità o di convenienza, essa viene proiettata nel piano del vero amore e diventa autentica imitazione della carità di Cristo, il quale sul rapporto di amore che ci avrà tenuti vincolati ai nostri fratelli detterà la sua sentenza di giudice (cfr. Discorso del 25 giugno 1966).
È infine da ricordare che questo vasto e complesso ordine di idee non si oppone né vanifica la visione pastorale propria della Chiesa, alla quale ella deve rimanere fedelissima e deve impegnare direttamente l’alacrità e la generosità sia del Clero che, nelle debite forme, di tutta la comunità cattolica. Nulla infatti è più importante che la ricerca del regno di Dio, e nulla giova tanto all’incremento dell’uomo, sotto ogni riguardo, quanto la luce della fede e l’aiuto della grazia.
Ci sembra, venerati Fratelli, che quella che siamo venuti delineando sotto vari aspetti sia davvero una presenza autonoma, caratteristica ed efficace della Chiesa nel mondo per attuare la sua missione di salvezza in tutta la sua estensione e quindi anche nei doveri di animazione cristiana della società e della storia.
Noi, infine, siamo fermamente convinti che esplicando codeste attività per lo sviluppo e l’integrazione, nel senso ora indicato, anche voi lavorerete concretamente per la causa della pace non solo del continente latino-americano, ma del mondo intero. Lo strettissimo e vitale rapporto, che abbiamo riscontrato tra sviluppo e pace, Ci ha indotto a far Nostra l’espressione: «le développement est le nouveau nom de la paix» e a dire ai Delegati dell’ONU per l’attuazione del programma di sviluppo: «C’est à la paix, en definitive, que vos activités rendent témoignage» (citato Discorso del 25 giugno 1966). Ne diamo solenne riconoscimento anche a voi, Pastori di anime, così zelanti e solleciti per il bene integrale delle vostre popolazioni.
Vi ringraziamo sentitamente delle speciali preghiere per la pace, che i vostri fedeli, tanto devoti alla Vergine Patrona delle Americhe, eleveranno durante il mese di ottobre in filiale risposta all’accorato appello da Noi rivolto all’umanità con l’Enciclica «Christi Matri Rosarii».
E con particolare effusione di cuore impartiamo affettuosa e paterna l’Apostolica Benedizione a voi, venerati Fratelli presenti alla riunione, a tutti gli Ecc.mi Arcivescovi e Vescovi del continente, ai quali insieme a questa Nostra parola va anche il Nostro memore pensiero, ai Sacerdoti, ai Religiosi, alle Religiose ed ai Laici: tutti impegnati a lavorare insieme alla costruzione del mondo nella vera pace.
PAULUS PP. VI
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