PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO A BOGOTÀ
DISCORSO DI PAOLO VI
ALLA PARTENZA DA ROMA
Giovedì, 22 agosto 1968
Prima di partire, Ci sentiamo obbligati a ringraziare ed a salutare quanti hanno voluto, nonostante l’ora mattutina, e a Nostro malgrado, venire all’aeroporto per augurarci il «buon viaggio» e ad assicurarci dell’unione dei loro cuori e delle loro preghiere in questo Nostro intervento al Congresso Eucaristico Internazionale di Bogotà e all’Assemblea generale dell’Episcopato Latino-Americano. Ringraziamo cordialmente tutti i presenti e tutti coloro che sono da loro qui rappresentati: anche Noi vi avremo presenti nel Nostro spirito e nella grande celebrazione di carità e di unità, che Ci attende.
Ma non possiamo lasciare voi e quanti vedono la scena della Nostra partenza e ascoltano la Nostra voce, mediante la Radio e la Televisione, senza confidarvi l’acerba amarezza e la grande ansia che pesano sull’animo Nostro a causa degli avvenimenti in corso nella Cecoslovacchia.
Saremmo disposti a rinunciare all’istante al Nostro viaggio, se sapessimo che la Nostra presenza e la Nostra opera potessero servire a qualche cosa per impedire l’aggravarsi dei mali, che già opprimono quella a Noi sempre cara Nazione, e per scongiurarne le disastrose conseguenze, che purtroppo non è temerario prevedere.
Ancora una volta la forza delle armi sembra voler decidere delle sorti d’un Popolo, della sua indipendenza, della sua dignità; la tranquillità dell’Europa è scossa, compromessa quella del mondo; e la pace, che la maturità dei tempi, anche per un insopprimibile senso cristiano, va cercando e costruendo, dopo le fierissime esperienze delle guerre passate ed anche di quelle in corso, la pace è fieramente vulnerata. Dio voglia che non lo sia mortalmente.
Vivamente Ci rattrista questa ferita all’incolumità d’un Paese, alle buone relazioni fra i Popoli, ai principi soprattutto, tanto faticosamente e dolorosamente emersi dalla nostra storia, come indispensabili per la consistenza e per l’avvenire della civiltà.
E tanto più siamo addolorati di questa sciagura, quanto maggiormente Noi stessi Ci siamo fatti in questi anni disinteressati e ardenti apostoli della pace, ed abbiamo sperato che le diversità delle culture e degli interessi non dovessero finalmente compromettere una comune e leale cospirazione al mantenimento del diritto internazionale e alla progressiva collaborazione fra gli uomini del nostro tempo.
Noi non vogliamo giudicare alcuno; ma come non risalire all’analisi dei principi, donde simili sventure sembrano naturalmente scaturire?
Noi portiamo nel cuore queste amare riflessioni, che tuttavia la speranza umana e cristiana rischiara con ipotesi di sempre possibili onorevoli e pacifiche soluzioni di così deprecabile conflitto. E voglia il Signore della pace, per la cui gloria intraprendiamo questo viaggio, usarci la sua misericordia e ridare a tutti la «tranquillità dell’ordine».
Egli, per mano Nostra, ora tutti vi benedica.
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