DISCORSO DI PAOLO VI
AI COMPONENTI IL TRIBUNALE DELLA
SACRA ROMANA ROTA
Lunedì, 13 febbraio 1968
Il vedere oggi raccolti attorno a Noi i Prelati Uditori della Sacra Romana Rota, assieme agli altri distinti Prelati e Officiali di questo Collegio e agli Avvocati patrocinanti presso questo Tribunale Apostolico, è per Noi motivo di vivo compiacimento e di consolante conforto. Così, come è consolante poter ancora una volta ripetere quale stima e quale considerazione nutriamo per le vostre persone e per il vostro lavoro consacrato all’assolvimento del delicato e arduo compito, che la Chiesa ha voluto a voi affidato.
Quasi a testimonianza di questa stima e considerazione, Ci è grato ora ricordare quanto abbiamo voluto recentemente esprimere nell’elevare alla dignità cardinalizia l’allora Decano degli Uditori della Sacra Rota; per poter poi consacrare a un servizio ancora più completo della Chiesa e della Sede Apostolica le elette virtù e le preziose doti del Signor Cardinale Francesco Brennan.
Ci è inoltre molto grato rivolgere oggi il Nostro particolare saluto al nuovo Decano di questo Collegio, l’Illustrissimo Monsignore Boleslao Filipiak. Mentre lo ringraziamo del messaggio che ha voluto indirizzarci, intendiamo ricordare i molteplici validissimi titoli per i quali egli ricopre ora tanto degnamente questo alto incarico. A questi titoli, tra i quali primeggiano la solidità della preparazione e la serietà degli studi, Ci piace aggiungere quello della sua patria di origine, la Polonia, a Noi tanto cara, oltreché a motivo di particolari ricordi personali, per quella meravigliosa fedeltà alla Chiesa, che rappresenta la sua caratteristica inconfondibile.
Questo nostro incontro Ci offre la felice opportunità di accennare sia pure brevemente a qualcuno dei temi di vivo interesse per tutti noi: in particolare, al servizio necessario e insostituibile reso alla Chiesa dal vostro Tribunale nell’esercizio della «potestas iudicandi»; al prezioso contributo che il vostro Collegio ha offerto e offre alla attività della Sede Apostolica; alle prospettive di ulteriore utilizzazione di questo contributo per l’assolvimento degli impegni che attualmente incombono sulla Chiesa nel campo giuridico.
1. LA S. R. ROTA RENDE ALLA CHIESA E AL PAPA UN SERVIZIO NECESSARIO
La funzione giudiziale della «sacra potestas» concessa dal Salvatore alla Chiesa, come complemento necessario della funzione legislativa, è legata anche al carattere profondamente umano della Chiesa che, pur essendo santa, è tuttavia soggetta a manchevolezze nelle sue membra. San Paolo nella sua lettera ai Corinti mette in risalto questa funzione propria dell’autorità ecclesiastica, proibendo ai fedeli di rivolgersi ai tribunali pagani per risolvere le loro contese (1 Cor. 6, 1-7; cfr. 5, 4). A questo precetto dell’Apostolo si riferisce Sant’Agostino: «Maligni infirmos premunt, et causas suas ad nos ferre compellunt, quibus dicere non audemus: die homo, quis me constituit iudicem aut divisorem inter vos? Constituit enim talibus causis ecclesiasticos Apostolus cognitores, in foro prohibens iurgare christianos» (Enarr. in Ps. 118, serm. 24, 3: M.L. 37, 1570).
Riprendendo gli insegnamenti, qui appena accennati, della Scrittura e della Tradizione, il Concilio Vaticano II non esita ad affermare nella Costituzione Lumen gentium: «Vi huius potestatis Episcopi sacrum ius et coram Domino officium habent in suos subditos leges ferendi, iudicium faciendi, atque omnia quae ad cultus apostolatusque ordinem pertinent, moderandi» (Lumen gentium, n. 27).
Ma questo sacro compito di giudicare risultò fin dai primi secoli particolarmente arduo per la Sede Romana, alla quale per la sua funzione primaziale - «propter potentiorem principalitatem» (S. Irenaeus, Contra haereses, 3, 3, 2: M.G. 7, 848) - venivano sempre più frequentemente deferite da Pastori e fedeli le controversie sorte in seno alle comunità locali. Di qui la necessità per il Vescovo di Roma di assicurarsi una qualche forma di assistenza e di aiuto per poter assolvere l’oneroso compito di amministrare la giustizia; assistenza e aiuto che, dopo una lunga e multiforme evoluzione di forme e di strutture, venne finalmente consacrato dal Nostro predecessore Giovanni XXIII nell’istituzione del vostro venerabile Collegio, sotto la denominazione di «Auditores Sacri Palatii» (Const. Ratio iuris, a. 1325, passim., Bull. Rom., ed. Taur., 4, 317-323, praes. 318). Da allora agli Uditori Rotali e alla loro probità e competenza è affidato il compito necessario e insostituibile di fungere da Giudici Apostolici.
2. CONTRIBUTO DELLA S. R. ROTA ALLA ATTIVITÀ DELLA SEDE APOSTOLICA
Volgendo lo sguardo alla storia di questi secoli, Ci è particolarmente grato richiamare alla memoria l’immensa mole di lavoro svolto da quanti vi hanno preceduto come membri di questo Collegio, per esaltare le loro benemerenze al servizio della Chiesa, la loro scienza eminente, le loro esimie virtù. «Viri doctrina et probitate insignes» furono chiamati fin dai primi tempi (Iacobus Emerix, Tractatus seu Notitia S. Rotae Romanae, edito da Ch. Lefebvre in: Monumenta Christiana Selecta, n. 232, Paris 1963, p. 45). Giacomo Emerix, nel suo Tractatus seu Notitia S. Rotae Romanae, scritto nel ‘600 (recentemente edito da un esimio studioso, membro del vostro Collegio, Mons. Ch. Lefebvre), delinea quasi il profilo spirituale del vostro Tribunale: «Crevit itaque successu temporis in tantam eminentiam sacrum Rotae et ex omni parte laudabile Tribunal, ut ex illo omni tempore prodierint viri virtute et vitae integritate eximii, et inter eos memoratus S. Raymundus et S. Antoninus, Episcopus Florentinus, septemque Summi Pontifices . . .» (Ibid. p. 46).
Questa specchiata probità di vita, che informava la vasta scienza dell’equo e del giusto di quegli Uditori, fece scorgere in essi quasi la personificazione stessa della giustizia: «Iustitiam animatam»; il che, come afferma San Tommaso riprendendo il pensiero aristotelico, esprime appunto l’ideale del giudice secondo il sentire del popolo (Summa Theologica II-IIæ, q. 60, art. 1).
Non fa quindi meraviglia che la «iurisprudentia» maturata da questi uomini abbia rappresentato un fattore decisivo nella elaborazione della legislazione ecclesiastica, a cominciare dalle Decretali di Gregorio IX, e nella formazione dello «ius commune».
Ma la benemerenza del vostro Collegio, non meno che dal meraviglioso patrimonio del passato, viene messa in risalto dall’operosità del presente. Fedele alla sua plurisecolare tradizione, il vostro Sacro Tribunale seguita ad essere anche oggi l’organo di singolare perizia, al quale il Papa affida la necessaria definizione delle causa deferite alla Santa Sede, in particolare delle delicatissime cause matrimoniali.
Riconoscimento solenne di questa vostra qualificata idoneità, e insieme desiderio di agevolare il vostro lavoro, ha voluto essere quella estensione della competenza del vostro Tribunale, che abbiamo disposto nella Nostra Costituzione Apostolica «Regimini Ecclesiae Universae»; abbiamo inteso cioè affidare al vostro Tribunale tutte le cause di nullità di matrimonio che giungono a questa Sede Apostolica, anche se entrambe le parti siano acattoliche o appartengano a diversi riti orientali (A.A.S. LIX [1967] 922, n. 109).
La vostra «instantia cottidiana» del giudicare assume, nelle odierne circostanze, dimensioni di eccezionale contributo al bene della Chiesa e dell’umana società. Ora che un abnorme senso di libertà vorrebbe addirittura sopprimere qualsiasi norma di ordinamento giuridico, ora che un certo spirito, più superficiale che scientifico, non esiterebbe a sostituire le norme perenni incise da Dio nel cuore dell’uomo con un certo relativismo giuridico, le vostre Decisioni proclamano solennemente ogni giorno l’esistenza di una legge divina che non passa né invecchia (cfr. Matth. 5, 18), e tendono autorevolmente ad uniformare ad essa la vita di tutti coloro che ricorrono al vostro Tribunale.
3. PROSPETTIVE DI CONTRIBUTO DELLA S. R. ROTA AI NUOVI IMPEGNI GIURIDICI DELLA CHIESA
Desideriamo inoltre ripetervi quale assegnamento faccia la Santa Sede sul vostro prezioso e insostituibile contributo in ordine al duplice problema a cui è rivolto oggi l’impegno della Chiesa nell’area del Diritto. Ci riferiamo innanzitutto alla revisione del Codice di Diritto Canonico. La vasta e multiforme esperienza accumulata dal vostro Tribunale in questi ultimi anni, vi mette in grado, oggi come in passato, di fornire un materiale copioso e qualificato per la nuova legislazione. Non soltanto, come è evidente la parte dedicata alla struttura e dinamica del processo canonico e alla dommatica del matrimonio, ma anche gli stessi principi e gli istituti fondamentali del Diritto Canonico potranno essere individuati in maniera più genuina e definiti in termini più sicuri con l’apporto della dottrina contenuta nelle vostre Decisioni. Attraverso queste filtreranno nel nuovo Codice i risultati felicemente raggiunti dalla più recente elaborazione del diritto civile delle Nazioni, così come i dati acquisiti dalla scienza della medicina e della psichiatria. Il senso profondamente umano che ispira le vostre Sentenze contribuirà a illuminare il mistero dell’uomo e del cristiano di oggi, colui cioè che sarà il destinatario del rinnovato Codice, colui al quale la nuova legislazione dovrà offrire una chiara traccia e un valido aiuto per vivere coraggiosamente le verità evangeliche e la propria vocazione nella Chiesa di Cristo.
Ma tutto questo ingente sforzo di revisione del Codice risulterebbe in buona parte sterile se contemporaneamente non si provvedesse anche a rinnovare lo0 studio dello stesso Diritto, e ad accrescere il numero di coloro che si dedicano agli studi giuridici specializzati, e che contribuiranno domani, in diversi modi e a vari livelli, ad attuare le rinnovate leggi della Chiesa.
È proprio questo l’altro arduo compito che oggi impegna la Chiesa, sollecita di rinnovare, fra gli altri studi ecclesiastici, anche lo studio del Diritto Canonico. Noi ci auguriamo che il vostro Collegio presti anche ad esso un efficace contributo, sia trasmettendo all’organo competente saggi suggerimenti in merito, sia continuando a svolgere un autentico lavoro di formazione canonistica mediante il vostro «Studio Rotale», che, pur essendo di recente erezione, ha già acquistato indubbi meriti dinanzi alla Chiesa e dinanzi alla scienza.
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Ripensando infine alle parole che il Signor Decano ha voluto rivolgerci all’inizio di questo incontro, ricordiamo di aver colto in esse anche un accento accorato, una eco di angosciosa preoccupazione, per gli attentati di cui, nell’odierna società, è reso bersaglio il sacro istituto del matrimonio. Ora, questo grido di allarme che voi, Giudici nella Chiesa, avete levato, se, a motivo della sua incontestabile attendibilità, viene ad accrescere il Nostro dolore e la Nostra pena, Ci offre nondimeno anche uno spunto che viene a ravvivare la nostra fiduciosa speranza: è la consolante certezza che l’atteggiamento spirituale e l’impegno personale con cui voi attendete al vostro compito, lungi dall’isterilirsi in un freddo e distaccato tecnicismo burocratico, rimane sempre sensibile alla istanza vitale e all’intima finalità del vostro ministero: la difesa dell’umano coniugio, e specialmente la salvaguardia cioè del dono sacramentale del matrimonio, con cui Cristo ha voluto vivificare la sua Chiesa, le membra del suo Corpo Mistico.
Su questa rinnovata consonanza di intendimenti e di impegni Noi invochiamo ora la copiosa effusione delle grazie celesti, a pegno delle quali ben di cuore e con paterno affetto impartiamo a voi tutti la Nostra Apostolica Benedizione.
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