DISCORSO DI PAOLO VI AI MEMBRI
DELL’«ASSOCIAZIONE ITALIANA SANTA CECILIA»
Mercoledì, 18 settembre 1968
FEDELTÀ ALLE GLORIOSE TRADIZIONI CORALI E MUSICALI
Diletti Figli!
Ben volentieri vi rivolgiamo la Nostra parola; e lo facciamo ringraziandovi - e lodandovi - per le perfette disposizioni d’animo con cui la volete accogliere. Essa sgorga dalla stima e dall’affezione speciale che nutriamo per le vostre persone; dalla riflessione e dalla sollecitudine che il Nostro pontificale e pastorale Ufficio incessantemente esige a proposito della Sacra Liturgia, «culmine e fonte della vita della Chiesa» (Cost. Sacrosanctum Concilium, n. 16); dal bisogno che abbiamo di voi, coincidendo gli alti fini del vostro movimento con la promozione della vita religiosa comunitaria e dello splendore del culto divino; dalla necessità di una «Associazione Italiana Santa Cecilia» restaurata: ad un tempo, e per intima armonica coerenza, intelligentemente fedele alle gloriose tradizioni corali e musicali della Chiesa e saggiamente aperta alle sopravvenienti esigenze di un culto religioso sempre vivo e rinnovantesi, e di una pastorale liturgica aggiornata, efficace, feconda.
La vostra attività viene ora ad inserirsi in un momento importante della storia della riforma sapientemente promossa dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Buoni frutti sono stati già raccolti anche nel settore che più direttamente vi riguarda. In Italia, non meno che in altri paesi, il popolo cristiano canta ora di più nelle sacre assemblee. Nuovi testi e nuove melodie si sono innestati sul tronco vetusto e venusto: promettenti polloni germogliati sotto il soffio della primavera spirituale, che oggi in maniera tanto sensibile avvolge e penetra la vita della Chiesa.
RESISTENZE E DIFFICOLTÀ AL RINNOVAMENTO
Non mancano, però, alcune resistenze e non poche difficoltà a tale rinnovamento, anche per ciò che concerne la musica sacra e il canto liturgico. E d’altra parte, non sempre si riesce a mantenere nel debito onore l’antico preziosissimo patrimonio; non sempre le nuove espressioni musicali armonizzano con la magnifica e venerabile tradizione ecclesiastica, così valida anche dal punto di vista culturale: mentre da un lato si introducono composizioni bensì semplici ed accessibili, ma talora povere d’ispirazione o prive di qualsiasi grandezza espressiva, e dall’altro si verificano qua e là esperienze completamente inedite ed audaci, di fronte alle quali non si può non rimanere, quanto meno, perplessi e dubbiosi. Tocca dunque a voi dare il vostro contributo ad un’opera delicata ed urgente di riflessione e di discernimento; e di impulso o di correzione, secondo i casi.
Nello svolgimento di tale missione bisogna soprattutto non perdere di vista la funzione della musica sacra e del canto liturgico. Altrimenti, vano sarebbe ogni tentativo di riforma, e impossibile la retta ed appropriata utilizzazione dei vari elementi strutturali della nobile e santa impresa, che sono, come ben sapete, il gregoriano, la polifonia sacra e la musica moderna; l’organo ed altri strumenti musicali; i testi, in volgare e in latino; i sacri ministri, le «scholae cantorum» e l’assemblea; il canto sacro ufficiale e il canto religioso popolare (cfr. «Sacrosanctum Concilium» , cap. VI; Sacra Congregazione dei Riti. Instr. de musica in sacra Liturgia, del 1967).
METTERE L'ANIMA IN DEVOTO CONTATTO CON IL SIGNORE
Musica e canto sono al servizio del culto e al culto subordinati; e pertanto devono essere sempre decorosi: grandi, pur nella semplicità; solenni, a volte, e maestosi: sempre il meno indegni possibile dell’infinita sovreccellenza di Dio, a Cui si dirigono e dello spirito umano che intendono esprimere. Devono essere capaci di mettere l’anima in devoto contatto con il Signore, suscitando ed esprimendo sentimenti di lode, di implorazione, di propiziazione, di rendimento di grazie; di gioia ed anche di dolore; di amore, di fiducia, di pace.
Quale gamma ricca d’ogni intima melodia e d’ogni più varia armonia. Se questa è la funzione essenziale della musica sacra, come si potrebbero accettare maniere espressive veramente povere o banali?; o indulgenti ad un distraente estetismo?; o improntate ad un tecnicismo prevalente ed eccessivo, che sarebbe sì riflesso di una delle peculiarità della nostra epoca - indubbiamente chiamata a raggiungere Dio in tutte le sue manifestazioni -, ma che per entrare nel sacro avrebbe bisogno della mediazione di un’arte genuina?
Se non possiede ad un tempo il senso della preghiera, della dignità e della bellezza, la musica - strumentale e vocale - si preclude da sé l’ingresso nella sfera del sacro e del religioso. L’assunzione e la santificazione del profano, che oggi vuole distinguere la missione della Chiesa nel mondo, ha ovviamente dei limiti; tanto più quando si tratta di conferire al profano quella sacertà che è propria del culto liturgico: dovremmo ricordare che il Concilio di Trento, nel decreto disciplinare «De observandis et evitandis in celebratione missae», proibisce ogni genere di musica «ubi sive organo sive cantu lascivum aut impurum aliquid misceatur»? Non indistintamente tutto ciò che sta fuori del tempio (profanum) è atto a superarne la soglia.
L'AUTENTICA GRANDEZZA ORANTE DELL'UOMO
Né si creda che con simili rilievi si vogliano imporre dei limiti, mortificanti la capacità creatrice dell’artista, del compositore, o quella, non meno ispirata, dell’esecutore; o si vogliano escludere espressioni musicali o vocali caratteristiche dell’indole e dei costumi di Popoli educati da altre civiltà, che non quella del nostro Occidente. Il fine della musica sacra, mentre primieramente consiste nella evocazione e nell’onore della maestà divina, coincide altresì con una solenne affermazione della più autentica grandezza orante dell’uomo; e pertanto, quali e quante composizioni musicali nuove, inconfondibilmente segnate dal carisma della libertà creatrice e dal sigillo autentico dell’arte, possono scaturire da un illuminato e fedele servizio a quegli altissimi scopi! Ma d’altra parte, nella prospettiva indicata meglio si comprende e si apprezza il gregoriano e la polifonia classica, valori religiosi ed umani del passato, ai quali sarebbe difficile poter disconoscere il carattere d’una sempre attuale perennità, e d’una incomparabile perfezione.
Rientra poi, in particolare, nella funzione del canto sacro l’infondere maggior forza ai testi che vengono proposti all’intelligenza e al gusto dei fedeli, per ravvivarne la fede e fomentarne la devozione (cfr. San Pio X, Tra le sollecitudini).
Parola e cantico interiore, e parola proferita, parola cantata: una problematica che si inserisce in quella, tanto suggestiva e più vasta, della contemplazione e della liturgia, interiorità ed esteriorità nel servizio del culto divino; problematica che è insita nella natura stessa dell’uomo; e pertanto ricorrente nella storia delle varie esperienze religiose-culturali, soprattutto di quella cristiana. Sant’Agostino (cfr. De Musica; Conf. 9, 6; 10, 33; Ep. 166, 5, 13; Retract. 1, 11) e San Tommaso, per citare soltanto due maestri sommi, non ne rimasero insensibili (cfr. IIª, IIæ, q. 91, art. 2).
«NOVA ET VETERA» DAL TESORO DELLA FEDE E DELL'ARTE
Per superare le difficoltà ed evitare possibili deviazioni, occorrerà, dapprima, scegliere o preparare - tirando fuori dal tesoro della fede e dell’arte «nova et vetera» - testi adatti, oltre che per il contenuto solidamente religioso ed altamente ispirato, anche per la degna e pregevole veste letteraria; e, poi, musicarli, e curarne quindi la esecuzione, in maniera coerente, non solo senza oscurarli con inutili ridondanze o dannose prolissità, più proprie, forse, di altri tempi, ma anche senza impoverirli, senza pregiudicarli - diremo - per difetto; così che tra «cantus» e «res quae canitur» (S. Agostino, Confessioni, X) si realizzi quella adeguata e feconda ccsmplementarietà, che meglio riesce ad innalzare a Dio le menti ed i cuori.
Accenneremo infine alla funzione comunitaria del canto sacro e religioso, connessa con l’aspetto sociale della Liturgia, fortemente sottolineato, e non senza ragione, ai nostri giorni.
Il canto liturgico interessa la Chiesa nella sua totalità: «comunità di sentimenti» che si manifesta in «un’unica voce» (San Clemente, Lettera ai Corinti, 34, 7), e che dal canto viene a sua volta consolidata e rinvigorita. Quali benefici frutti di solidarietà cristiana ed umana, di carità e di fratellanza in Cristo, può produrre la musica sacra che assolve convenientemente questa sua funzione? E d’altra parte, l’osservanza dello scopo comunitario porterà ad escludere le mode espressive comprensibili solo da iniziati, e pertanto incompatibili con una musica che, per essere del Popolo di Dio, deve essere «popolare».
MISSIONE GRANDE E SALUTARE AL COSPETTO DELLA CHIESA
Ma il canto interessa anche tutta la Chiesa nella sua organicità, e deve quindi farne apparire e risaltare la struttura essenziale, quale si riflette, in generale, nel carattere gerarchico e comunitario della Sacra Liturgia. Siccome, poi, nell’ambito del comune sacerdozio di tutti i fedeli lo Spirito distribuisce la varietà dei suoi doni, ecco, accanto a quello dell’assemblea, il ministero della «schola cantorum», dei fanciulli e degli adulti; ecco il ministero del compositore, dell’organista, del direttore: i vostri ministeri, diletti figli! E in corrispondenza a tutto ciò tante parti da curare, tante funzioni da stimolare. Cosi il canto si spiegherà in maniera consona e ordinata secondo l’ufficio di ciascuno, facendo rifulgere la collaborazione e l’armonia nello stesso Servizio: nell’edificare, cioè, tutti insieme la Chiesa; nel costruirsi, tutti insieme, tempio vivo ad onore e gloria del Padre.
Tali, diletti figli, le supreme finalità della vostra missione, sulle quali abbiamo voluto farvi indugiare, quasi per Nostro diletto, ma ancor più per dovere del Nostro apostolico ufficio, in ripetuta e rinnovata meditazione, come sui criteri fondamentali a cui deve praticamente ispirarsi il vostro lavoro. Siamo certi che non vi sottrarrete al fascino della loro luce, all’impulso della loro forza. E vi assista anche il pensiero che la vostra missione è grande e salutare al cospetto della Chiesa, che col canto esprime e corrobora la fede del Popolo cristiano, e al cospetto del mondo: di questo nostro mondo contemporaneo, tanto bisognoso di una testimonianza bella e intrepida, resa alle realtà religiose, al sacro, a Dio. Con la Nostra Benedizione Apostolica.
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