DISCORSO DI PAOLO VI
NEL CENTENARIO DEL «CIRCOLO SAN PIETRO»
Sabato, 31 maggio 1969
Diletti Figli,
Noi dobbiamo innanzi tutto esprimere la Nostra compiacenza per la visita che oggi Ci fate. Non è soltanto per le vostre persone, che avviciniamo sempre volentieri, appartenendo voi a un sodalizio tanto distinto e tanto legato a questa Sede Apostolica, ma soprattutto perché la circostanza che vi ha condotto - il centenario della fondazione del Circolo di San Pietro - dà un titolo di speciale valore a questo incontro, e quasi un carattere di intimità familiare che Ci spinge ad aprire a voi il Nostro animo paterno.
Dunque, siate i benvenuti, diletti Figli, e grazie per la vostra visita, per il vostro affetto che Noi sappiamo profondo e sincero; grazie per tutto quello che fate per Noi col vostro obolo generoso e col servizio d’onore prestato alla Nostra persona; grazie per quello che fate per Roma con le molteplici e fiorenti iniziative di carattere sociale, caritativo, apostolico, che Noi seguiamo con tanto interesse ed edificazione. Ebbene, la soddisfazione del Papa e il conforto che voi procurate al Suo animo siano il pegno e la garanzia del premio che vi riserva il Signore, e insieme lo stimolo per iniziare con sempre maggior generosità il nuovo periodo di lavoro che si apre davanti a voi dopo un secolo di vita del vostro Circolo.
CENTO ANNI DI STORIA GLORIOSA
Non rifaremo la storia di questi cento anni. Voi, del resto, la conoscete e l’avete raccolta in una pregevole monografia, documento per voi glorioso, per tutti prezioso. Ci basta lodare con voi il Signore e avere un pensiero di gratitudine per tutti coloro che hanno seminato ieri ciò che voi gioiosamente mietete oggi.
Diremo soltanto che i sentimenti con cui vi accogliamo sono gli stessi con cui il Nostro venerato Predecessore Pio IX, cento anni or sono, accolse il gruppo dei fondatori del vostro Circolo, sono cioè sentimenti di grande affetto, di sincera ammirazione e di lieta speranza. Questo affermiamo, perché riandando con la mente alle vicende del vostro Circolo in questo secolo di vita, possiamo con gioia riconoscere che l’amore e la fedeltà al Papa, da cui ebbe origine la vostra Istituzione, non sono venuti mai meno, ma sono stati sempre la più nobile e ambita caratteristica del vostro sodalizio. Da qui anzi ebbe impulso quella magnifica fioritura di attività nel campo della carità, dell’assistenza e dell’apostolato, che ha guadagnato alla vostra benemerita Istituzione la stima e la riconoscenza di tutta la Città di Roma. Di qui anche la sua sorprendente attualità, oggi più viva che mai. Possiamo, infatti, ritrovare nello spirito e nell’attività del vostro Circolo un singolare «precedente» di quella elevazione del Laicato cattolico nella Chiesa di Dio, che il Concilio Ecumenico Vaticano II ha espressa e codificata, insegnando che «i Laici, resi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione di tutto il popolo di Dio» (Decr. Apostolicam actuositatem, n. 2).
ATTUALITÀ DI UN'INSEGNA
Del resto, basta considerare il vostro motto: preghiera, azione, sacrificio, il quale condensa la sintesi dei caratteri specifici del vostro Circolo, per comprendere come tuttora abbiano valore le linee programmatiche della vostra attività e siano degne d’essere seguite. Vi diremo di più: nella misura con cui voi sarete fedeli a questo programma, dipenderà il grado di vitalità per l’avvenire del vostro sodalizio.
Permetteteci, allora, di richiamare brevemente la vostra riflessione ‘su questi punti fondamentali, affinché abbia a mantenersi vivo quel fervore di iniziative benefiche che fanno onore non soltanto al vostro Circolo, ma alla stessa nostra Città di Roma.
Anzitutto vi raccomandiamo la preghiera. È la condizione indispensabile per assicurare alla vostra associazione la sua affermazione francamente religiosa, cattolica, spirituale, interiore. Se poniamo questa affermazione al confronto col tempo nostro, ne vediamo l’originalità, tanto è grande il bisogno di dare alla religione il suo autentico contenuto: di fede, di vita interiore, di coscienza riflessa, di cultura dottrinale, di funzione ispiratrice, di testimonianza cattolica e di professione coraggiosa e pubblica di appartenenza alla Chiesa, alla Chiesa di Pietro. La negazione, l’abulia, l’indifferenza, l’inquietudine, il dubbio liberale e sistematico, il tradizionalismo senza radice di vera convinzione e perciò superficiale, e spesso convenzionale e ipocrita, l’intermittenza nella fedeltà alla pratica e all’apologia della fede, non sono per voi, che con umiltà, sincerità, franchezza, coraggio, perseveranza volete essere e vi professate cattolici, veri e forti cattolici. Oggi, non meno di ieri, anzi forse più di ieri, questa pienezza cosciente della vostra fede è più che mai necessaria e di grande attualità. Roma, Roma stessa, ha bisogno di cattolici pari a questa concezione integra e virile della professione religiosa e cristiana. Voi dovete essere i laici che personificano l’ideale che il Concilio ha tracciato nei suoi documenti (cfr. Costit. Lumen Gentium, nn. 9, 10, 14).
Viene poi l’azione. È un altro carattere distintivo del vostro Circolo. Esso non è un club chiuso, o un’associazione di svago e di passatempo. È invece una scuola d’attività religiosa, benefica, sociale, civile. È una palestra. È una milizia. È una presenza nel mondo. Voi guardate la scena del mondo: la dovete conoscere, valutare, servire. Quanti, che si dicono e sono cattolici, si sottraggono facilmente a questo fondamentale dovere. E come prima azione: l’esempio, la competenza professionale, l’onestà disinteressata e diritta, l’apologia del vostro merito sociale e della vostra virtù cristiana. A ciò si deve aggiungere l’azione particolarmente impegnata in qualche speciale settore: stampa, beneficenza, opere sociali, vita politica. Il cristianesimo oggi dev’essere attivo, militante, missionario, e la carità del bene lo deve documentare.
SPERANZA NEI GIOVANI
Tutto ciò naturalmente costa sacrificio. Un cattolicesimo comodo, onorato, pacifico e forse anche vantaggioso non è la vostra interpretazione della vocazione cristiana, romana, papale. Voi non rifiutate le responsabilità della vostra professione, ma ne volete fare un servizio alla causa di Cristo e della Chiesa; voi siete disposti, ove occorra, a pagare di persona, non foss’altro con la coerenza della vostra condotta cristiana, con l’umiltà richiesta dall’appartenenza ad un’associazione organizzata e qualificata, con la perseveranza che non conosce limiti di circostanze e di tempo. V’è qualche cosa di nobile e generoso nel vostro modo di dirvi cattolici: voi non appartenete alla schiera dei così detti cattolici dimissionari, apatici, occasionali, conformisti. Voi vivete delle vostre idee, rispettando e conoscendo le altrui, ma senza farle vostre con facili e comode ammissioni, tanto spesso di moda. E nemmeno fate mostra d’essere cattolici profetici ed evoluti, per sottrarvi così agli impegni della comunità ecclesiale e per arrogarvi il diritto della critica senza solidarietà e senza amore. Siete cattolici, vicini al Papa, e ne assumete le conseguenze spesso esigenti e gravose. Anche di questi figli oggi la Chiesa, e la società stessa ha bisogno; e se voi perseverate a rendere viva, moderna, operante la vostra formola, voi compite una missione di grande utilità e di grande attualità.
Vorremmo che i giovani, quelli delle nuove generazioni, fossero così perspicaci e coraggiosi da comprendere la bellezza di tale formola; fossero loro a riprenderla come bandiera, a cui gli anni hanno dato onore, non vecchiaia, e che infondessero nella vostra compagine il genio e la energia della loro età.
I tempi, Figli carissimi, reclamano questa vostra testimonianza; il Concilio ne fa l’apologia e l’esortazione; e il Successore di Pietro che vi parla, mentre esprime a voi tutti la Sua paterna gratitudine, vi incoraggia a proseguire con la stessa fede e con lo stesso amore alla Chiesa e al Papa, e di cuore vi imparte la confortatrice Apostolica Benedizione.
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