DISCORSO DI PAOLO VI
A GRUPPI DI PELLEGRINI MILANESI
Lunedì, 3 novembre 1969
Cari visitatori e visitatrici!
Diletti Figli e Figlie carissime!
A chi dobbiamo il piacere di questa Udienza, che è fuori del ritmo consueto dei Nostri incontri con gruppi collettivi di pellegrini e di visitatori, riservati alle Udienze generali del mercoledì? Lo dobbiamo innanzi tutto all’arrivo d’un gruppo, qui presente, di Collaboratrici del Seminario, zelatrici parrocchiali dei Seminari di Milano e delle vocazioni per il ministero sacerdotale di quella immensa e a Noi sempre dilettissima diocesi. Non potevamo non ricevere queste ottime e operose Figliuole, e dovevamo concedere loro, a Nostro conforto e a loro consolazione, una Udienza speciale: questa; lieti Noi stessi che altri gruppi cospicui vi possano partecipare.
Vi dobbiamo un ringraziamento, Figlie carissime; e non tanto per questa visita, di per sé degna della Nostra riconoscenza, ma soprattutto per la vostra operosità, della quale Noi stessi ricordiamo il merito e l’efficacia. Ciò che voi fate per il Seminario e per . le vocazioni è ben degno di plauso e di riconoscenza. È un esempio il vostro, è un lavoro, che tiene desta nel popolo, oggi tentato a dimenticare la causa del Signore, del suo regno, della sua Chiesa, la coscienza di quella provvidenziale istituzione, ch’è il Seminario, una istituzione di massimo e di comune interesse per il bene di un’intera popolazione, la famiglia diocesana. E vi dobbiamo anche un incoraggiamento, e tanto più cordiale quanto maggiore è il bisogno di sostenere il reclutamento e il mantenimento di quelle anime privilegiate che consacrano se stesse all’unico amore di Cristo, per poter essere impegnate totalmente alla «distribuzione dei misteri di Dio», cioè al ministero sacerdotale nella nostra santa Chiesa cattolica. Avanti! Avanti! Il Concilio ha detto che «il dovere di dare incremento alle vocazioni sacerdotali spetta a tutta la comunità cristiana» (Optatam totius, n. 2); spetta perciò anche a voi, Figlie carissime, che avete meglio di tanti altri la percezione del bene, la capacità della dedizione, l’abilità della riuscita, la perseveranza dell’attività.
Continuate umilmente e generosamente. Vi paragoneremo alle portatrici di lampade del Vangelo. E vi accompagneremo sempre con la Nostra speciale Benedizione.
Il nostro saluto va al gruppo numeroso dei Soci del Dopolavoro della Società Montecatini-Edison, di Milano, e ai loro Familiari; un saluto che si alimenta di un triplice pensiero: 1) di riconoscenza, dapprima. Voi venite da Milano, o meglio dalle file d’una grande Società industriale, che ha a Milano la sua sede centrale; ed è quanto basta per riempire il Nostro animo di carissimi ricordi spirituali, i quali lo tengono legato fedelmente alla Città, che avemmo l’onore e la fortuna e la responsabilità, per otto anni e mezzo, di chiamare Nostra; Nostra per dimora, Nostra per ministero pastorale, Nostra per i mille rapporti di conoscenze, di attività, di esperienze là annodati, e non più dimenticati, tra i quali quelli di alcuni incontri con i Dirigenti delle allora due Società, e con i loro Funzionari. Grazie, Signori e Figli carissimi, del piacere, che la vostra visita Ci procura e della felice occasione, che essa Ci offre, di mandare alla diletta Città e a tutta l’incomparabile Arcidiocesi Ambrosiana il Nostro rispettoso e affettuoso saluto.
2) Altro pensiero, che viene in evidenza in questo momento, è quello della vostra qualifica di esponenti del mondo del lavoro, del lavoro moderno, industriale, specializzato e profondamente innestato, per tanti titoli, nel servizio della società, sia nel campo economico produttivo, sia in quello del progresso scientifico. Siamo lieti che Ci sia data l’opportunità per esprimere, ancora una volta, l’alta stima che Noi professiamo per il mondo del lavoro e il vivo interesse con cui Noi guardiamo ai suoi problemi, dalla cui soluzione dipende lo sviluppo della società, la evoluzione delle classi sociali e la partecipazione di quelle meno elevate, o meno favorite, al benessere economico e culturale, che ne renda più umana e lieta l’esistenza, più sicura la loro posizione civile, più organico il loro concorso al pubblico bene. Comprendiamo come un processo sociale tanto complesso non possa avvenire senza contrasti di idee e di interessi; ma Noi dobbiamo augurare che il senso dei valori umani abbia sempre più a prevalere nella ricerca e nel raggiungimento d’un giusto equilibrio fra le parti in causa, e che una progrediente coscienza dell’ordine pubblico, della solidarietà interiore d’un popolo civile, e della valutazione superiore degli interessi dell’intera nazione, sappia risparmiare alla generalità dei concittadini quando sono estranei alle vertenze delle particolari categorie, le dannose e indebite ripercussioni delle vertenze stesse. Dal mondo del lavoro deve scaturire la giustizia sociale, il progresso civile, il benessere collettivo, la concordia organica delle classi, e sempre nella libertà e nella pace; questo è il Nostro augurio, ch’è certamente da, voi condiviso.
E finalmente la vostra presenza Ci fa pensare a quel «dopo» che qualifica la vostra associazione di Dopolavoro. Il che significa che il lavoro, considerato nel suo aspetto puramente professionale, non basta all’uomo; ha bisogno d’un «dopo», che lo integri e che dia modo alla vita del lavoratore di ristorarsi, non solo, ma di svolgersi in più spontanea e più ricca pienezza. Il lavoro tecnico e burocratico, proprio dell’impresa moderna, non è sufficiente a soddisfare l’uomo; esso lo può alienare dalle forme libere, personali, spirituali della vita, alle quali egli sommamente aspira e a cui ha diritto, non meno che al pane. Questo, ch’è un capitolo attuale e aperto dell’esperienza moderna, Ci autorizza a esprimervi un altro augurio, del quale, per di più, la vostra visita già Ci dimostra il compimento; e cioè quello che voi sappiate abbinare al lavoro, di natura sua rivolto alla terra e al cerchio esterno della persona umana, quell’attività ch’è rivolta ai beni superiori e spirituali, cioè la pratica religiosa, tanto bella e tanto umana, quando con l’amore familiare e la conversazione domestica e comunitaria abitualmente si unisce. Ritorniamo ancora alla formula classica e antica, e sempre attuale: ora et labora, prega e lavora. Questa è una sintesi, che può essere feconda di approfondimenti e di sviluppi, ma incisiva per la sua sapiente semplicità. Noi ve la affidiamo, e la raccomandiamo alla vostra memoria con la Nostra Benedizione Apostolica.
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