DISCORSO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
AL COLLEGIO SAN PIETRO APOSTOLO SUL GIANICOLO
Solennità dell’Epifania del Signore
Martedì, 6 gennaio 1970
Signor Cardinale!
Venerati Confratelli e Figli carissimi!
Prima salutiamo le persone. Le persone, che qua ci hanno invitato e qui ci accolgono; per dire subito la Nostra compiacenza per questo incontro. Salutiamo il caro e venerato Signor Cardinale Agagianian, per la cui salute esprimiamo vivi auguri: sappiamo quanto egli si sia interessato di questo Collegio San Pietro Apostolo, e godiamo con lui per vederne ora felicemente compiuti i lavori di costruzione e di allestimento. Salutiamo il bravo Segretario della Sacra Congregazione per la Evangelizzazione dei Popoli, e Presidente del Consiglio Superiore dell’«Opus Sancti Petri», Mons. Sergio Pignedoli; salutiamo il venerato Rettore di questo Collegio, il Padre Mattia Schneider e con lui i suoi valenti Vice-Rettori; così il saluto va a Mons. Mazza, Segretario generale dell’«Opus» medesimo, che tanto ha lavorato affinché questa impresa giungesse a buon fine; e porgiamo infine un saluto speciale all’architetto progettista Saverio Busiri Vici, sotto la ispirazione del quale la ditta Castelli ha eseguito, con le sue brave maestranze, qui rappresentate, la costruzione di questa ultima e bella parte del Collegio San Pietro.
UNIVERSALE VOCAZIONE
Ma poi, e subito, il Nostro saluto si rivolge a voi, cari e venerati Sacerdoti, che qui siete ospitati: ci dicono che voi siete ormai 145, e più sarete, fino a 170 (quanti ne può contenere l’intero Collegio) nel prossimo avvenire, ora provenienti da quattro Continenti, esclusa l’Europa, da 105 Diocesi, da 35 Paesi diversi! Ecco un bellissimo Presbiterio, unico al mondo nel suo genere, che, solo a vederlo così vario nella sua composizione, così unito nel suo spirito e nei fini che qui lo raccolgono, sveglia in Noi nella memoria l’elenco dei Popoli rappresentati al prodigio di Pentecoste, e citati negli Atti degli Apostoli, quasi a notare il concorso della intera umanità: «Noi Parti, Medi, Elamiti; della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia Cirenaica, peregrini Romani, sia Giudei che Proseliti, Cretesi ed Arabi...» (Act. 2, 9-11). Questo primo quadro etnico-geografico dell’universale vocazione degli uomini alla Chiesa nascente sembra riflettersi ed allargarsi in quello presente, qui da voi figurato e realizzato, e suscita, come allora, una gratissima impressione di meraviglia e d’ammirazione, che fa scaturire nel cuore domande al tempo stesso curiose e rivelatrici: ma come mai? Ma è proprio vero? com’è possibile, e per quale impulso, per quale? scopo. e non è forse questo un fenomeno stupendo, un segno dei destini superiori della storia e del senso della umanità?
Sì, carissimi Figli e Fratelli, Noi, che per la natura del Nostro ufficio apostolico e per questa scelta romana della Nostra residenza, siamo abituati quasi ogni giorno ad osservare nella sua realtà umana e nella sua manifestazione esteriore ed episodica questo stesso fenomeno, non ci stanchiamo mai di osservarlo con sempre nuovo stupore, e non possiamo mai non sentirci obbligati a considerarne in profondità la sua segreta bellezza, ravvisandovi quelle «magnalia Dei» (Ibid. 2, 11), che alimentano di umiltà, di gaudio e di fiducia il Nostro ministero apostolico.
Salutiamo dunque voi tutti. Sacerdoti ospiti ed alunni di questa casa, con grande affezione, come se celebrassimo un rito, umano e sacro ad un tempo, che ci svela gli uni agli altri la nostra parentela spirituale, la nostra fratellanza, la nostra comunione nella fede, nella grazia, nella missione annunciatrice al mondo del Vangelo di Cristo. Benvenuti siate voi, carissimi Presbiteri della Chiesa di Cristo; benvenuti lo siano quanti altri Sacerdoti, come voi, verranno in futuro dalle terre missionarie a questa casa benedetta. E benvenuti i Diaconi di «Propaganda», ordinati questa mattina, qua convenuti per questa occasione.
COMUNIONE SPIRITUALE
E perciò Noi vi preghiamo di ben conoscere, di ben distinguere e definire questa casa, questo Collegio di San Pietro Apostolo. Procurate di formare nei vostri animi il concetto che gli è proprio, e che dovrà non solo dare una impronta qualificatrice al periodo della vostra residenza fra queste pareti, ma dovrà rimanere impresso nella vostra memoria durante tutto il corso della vostra vita ecclesiastica, come rimane, pieno di calore umano, il ricordo della casa paterna, e come rimane, pieno di commoventi rimembranze, quello del Seminario dove foste preparati al sacerdozio. Che cosa è questa casa? come definire questo Collegio? Forse non è facile dire. Non è un albergo, dove estranei si entra, e donde estranei si esce; non è una semplice pensione, dove si trova alloggio per altri scopi, ch’essa non può perseguire; non è semplicemente una scuola, dove l’alunno ascolta ed impara insieme con altri condiscepoli. È qualche cosa di più intimo e di più personale. È un Collegio, che vuol produrre una collegialità, cioè una comunione, un’amicizia, una fusione di spiriti, qui iniziata e goduta nell’unità; e poi da rammentare e da rivivere, negli anni futuri, quando sarete dispersi nel mondo, nella cattolicità. Voi dovrete qui sperimentare quel momento d’interiore pienezza che propriamente si addice alla comunità ecclesiale, e, in raggio senza confine, alla Chiesa cattolica intera: «La moltitudine dei credenti era un Cuor solo ed un’anima sola» (Act. 4. 32). Noi auguriamo che così si possa dire, nonostante la sua eterogenea composizione, della comunità di questo Collegio.
FORMAZIONE ININTERROTTA
Gioverà a tal fine al Collegio, e soprattutto gioverà a voi, alunni, profittare del soggiorno romano, che esso vi offre, se saprete ben comprendere e realizzare le altre caratteristiche, cioè le finalità di questo stesso Collegio. È una casa di studio. Cioè di silenzio, di raccoglimento, di pensiero. Molte fontane di scienze religiose qui in Roma sono più o meno vicine localmente a questa casa, ma lo sono strettamente per il servizio che le vogliono rendere; ciascuno di voi ha assegnata la propria fontana, cioè la propria scuola. Procurate di profittarne bene. Forse non è subito cosa facile; occorre impegno, pazienza, applicazione, fiducia; ma, superata la fase d’iniziazione metodica, voi troverete tesori. La serietà scientifica, specialmente sotto l’aspetto didattico delle Nostre Università ecclesiastiche romane e dei Nostri vari Istituti accademici merita Ia vostra stima. Cercate d’entrare nello spirito di questa Nostra multiforme e specializzata scuola romana, cercate di applicare assiduamente il vostro animo all’insegnamento che vi è offerto, e siate sicuri che non indarno vi spenderete il vostro tempo e le vostre forze.
Benedirete un giorno questa casa, e altri la benediranno con voi, come l’officina intellettuale e spirituale, che vi ha abilitato a dare testimonianza, con l’arte tradizionale e moderna della parola, della penna e della vita, al messaggio evangelico, alla fede e alla carità della Chiesa.
E ricordate: è una casa di formazione, questo Collegio. Di formazione? si può usare questo termine con alunni già assunti al sacerdozio e già iniziati al suo ministero, quali voi siete? Sì, che si può, se per tutti il lavoro della nostra formazione non è mai finito. Ad ogni età, ad ogni condizione di vita è rivolta l’esortazione dell’Apostolo: Crescamus in Illo (in Cristo) per omnia . . .,: progrediamo in tutto verso di Lui che è il Capo, Cristo (Eph. 4, 15). Non sarà la formazione precettistica, propria della prima età giovanile, ma sarà egualmente, Noi crediamo, disciplinare e austera, quasi un’ascetica, quasi a complemento dello sviluppo intellettuale favorito dai vostri studi, la ricerca d’uno stile di vita sacerdotale profondamente vissuto, spontaneo e virile, quale dev’essere quello d’un discepolo e d’un apostolo, che segue da vicino, quasi fascinato da Lui, i passi del Maestro. Una formazione, che risulta, se altra mai, dal luogo, dall’ambiente, dal quadro storico e spirituale, in cui si colloca questo Collegio.
MAGI PELLEGRINANTI
Avete davanti agli occhi la cupola di San Pietro. Potrete anche voi parlarle dalle vostre finestre così: «Non c’è linea che più riesca attraverso i sensi a giungermi al cuore di quella che Ti circoscrive, e che pare realizzare l’antica aspirazione dell’uomo, il ponte gettato tra lui e il cielo . . .» (JEMOLO, Chiesa e Stato, p. 547). Potrete sentire l’emanazione spirituale, che da essa si diffonde, come un linguaggio che non tace mai, e che ripete, perché le simboleggia e, in certa misura tendente ad arrivare oltre misura, le realizza, le autentiche note della Chiesa; eccola qui : una e cattolica, apostolica e santa. Linguaggio interiormente parlante e abilitante a ripeterlo con la convinzione propria di chi, come sarà di voi, ha acquistato un intimo e beato «senso della Chiesa», dal quale si irradia l’attività missionaria; la quale, come c’insegna il Concilio, «scaturisce intimamente dalla natura stessa della Chiesa; ne propaga la fede che salva, ne perfeziona, dilatandola, la cattolica unità, si fonda sulla sua apostolicità, mette in opera l’affezione collegiale della Gerarchia, testimonia infine, diffonde e promuove la sua santità» (Ad Gentes, 6).
Qui voi potete celebrare nei vostri cuori la festa dell’Epifania; qui voi potete sentirvi i magi pellegrinanti per la ricerca e fortunati per la scoperta del vero Cristo Salvatore del mondo; qui voi rifarete interiormente, cento volte, il cammino che a Lui conduce nell’accettazione dei segni a noi dati dal mondo creato, a noi precisati dalla esperienza e dalla sintesi storica, qui confermerete continuamente l’amorosa decisione di rispondere alla vocazione a voi da Cristo concessa, qui troverete logica la continua ricerca di Lui, qui impellente l’ardore di dargli testimonianza, qui la gioia della fatica missionaria a voi destinata, qui l’intelligenza della carità: Credidimus caritati (1 Io. 4, 16); qui il pensiero che guida all’amore, e l’amore al pensiero, alla vita.
Fortunati voi, carissimi Figli e Fratelli, se tale visione sarà la lezione vivificante a voi offerta dal vostro Collegio di S. Pietro Apostolo per il Clero indigeno. Con la Nostra affettuosa e speciale Benedizione Apostolica.
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