DISCORSO DI PAOLO VI
IN OCCASIONE DELL'INAUGURAZIONE
DELLA COLLEZIONE DI
ARTE RELIGIOSA MODERNA NEI MUSEI VATICANI
Sabato, 23 giugno 1973
Signori,
Voi vedete, questa apertura d’una nuova Collezione d’Arte religiosa moderna in Vaticano assume subito l’aspetto d’una cerimonia sacra: pregando, cantando, noi varchiamo le soglie di questo ultimo reparto dei Musei Vaticani, or ora allestito per raccogliere opere d’arte, che il genio espressivo del nostro tempo ha prodotto non certo pensando alla loro presente collocazione, e nemmeno intendendo, per la maggior parte almeno di esse, di destinarle precisamente al culto religioso ufficiale.
Pensate intanto: i nostri passi muovono da questa Cappella Sistina, luogo, se altro mai fu, dove l’Arte religiosa diede saggio della sua potenza, dispiegando nelle sue immagini quel concerto di grandezza ideale e di bellezza estetica, che ancora forma e formerà, finché i secoli ne rispetteranno la pur caduca materia, uno degli incantesimi più suggestivi e stimolanti dell’umana civiltà. Muovono dalla Cappella Sistina, non solo per l’ubicazione della nuova Galleria, localmente contigua alla Cappella Sistina medesima, ma perché l’idea d’onorare arte ed artisti di questa nostra età, che al soggetto religioso hanno rivolto opera libera e degna, sorse appunto, come ognuno sa, proprio in questo esaltante cenacolo, durante una memorabile cerimonia, sotto la martellante interrogativa questione: l’Arte religiosa è frutto d’altra e ormai sorpassata stagione dello spirito umano, ovvero è e può esserlo anche di questa nostra moderna stagione, ove la radice religiosa sembra aver perduto tanto della sua magica virtù ispiratrice? Formulando questa domanda noi sceglievamo, fino da quel primo momento generatore, il criterio direttivo, che poi ha presieduto alla composizione della collezione, che ora stiamo per inaugurare; e cioè noi ora intendiamo occuparci delle espressioni artistiche, dalle quali tacitamente traspare, o palesemente si afferma un riferimento, un’intenzione, un soggetto religioso, liberamente concepito dall’Artista, e lasciamo da parte di proposito le opere, che pur dall’Arte prendono nome e ispirazione, ma che decisamente sacre si chiamano, perché destinate e qualificate per il culto sacro.
Ebbene, chiedevamo allora collettivamente a noi stessi: esiste oggi, proprio nel quadro della nostra vissuta esperienza, un’Arte religiosa, attuale, moderna, figlia del nostro tempo e gemella dell’Arte profana, che ancora assilla ed incanta l’occhio, ed anche lo spirito dell’uomo del nostro secolo? Vi era sì, un’improvvisa risposta rassicurante e positiva, ma non priva di dubbio e di mortificazione, dovendosi restringere tale risposta a qualche caso e a qualche nome, ben degno del suffragio della stima comune, quasi che si trattasse di casi e di nomi isolati, e sotto certi aspetti, velati da qualche timidezza, schiva di confrontarsi con le superbe tradizioni del passato, ovvero con le più qualificate affermazioni dell’Arte contemporanea. Sì, dicevamo allora; ancor oggi abbiamo Artisti capaci di misurarsi con le pretese dei soggetti religiosi, e abbiamo opere d’Arte religiosa, anche se non propriamente sacra, che fanno a buon diritto parlare di sé; ma Artisti ed opere di tal genere dove sono? Quanti e quante sono? E la Chiesa, sempre legittima arbitra di giudicare quanto alla sua religione si riferisce, che cosa ne pensa? Che cosa ne dice? Due fenomeni balenarono allora, non senza provocare un certo disagio, ai nostri spiriti; primo: la Chiesa fu maestra di Arte, e cultrice nel passato e conservatrice del passato; la sua grande tradizione s’è poi rallentata e quasi isterilita; dov’è, ad esempio, in questo domicilio delle sue glorie artistiche dei secoli andati un posto per noi moderni? La Chiesa avrebbe solo musei, gelosi custodi dei lavori degli antichi artisti, solo perciò superbi e magnifici cimiteri, da offrire alla nostra ammirazione e alla nostra imitazione? La Chiesa s’è fermata alla storia ormai spenta dei tempi trascorsi? E secondo: se una cittadinanza nei nobili recinti della Chiesa ufficiale anche per i figli dell’Arte del nostro secolo potesse venire in discussione, non sarebbe negativa la risposta? Noi, dicono questi figli, quasi tuttora estranei a queste stanze privilegiate, abbiamo fatto molto cammino, allontanandoci dai sentieri, che soli sembrano condurre a queste porte: i sentieri della perfezione classica, i sentieri dove la bellezza estetica, dove la dignità intuitiva della forma, dove un pensiero chiaro, sia pure drammatico e romantico, si pronuncia; i sentieri rivolti all’altrui immediata comprensione, non sono più, in un certo senso almeno, i nostri sentieri; non entreremo dunque noi mai più in questo regno del Bello, che solo al vederlo conquide, del Vero, che solo dall’occhio esperto della fede ha la sua beata attenzione, del Buono, che solo ragioni trascendenti e universali possono sostenere? La filosofia dell’Arte per noi, si pensava, non ha più a sua guida alcuna lampada valida. E allora?
E allora, ci siamo chiesti noi custodi di questo giardino terrestre dell’Arte religiosa, quali vostri titoli, quali vostri valori potrebbero tuttora giustificare l’ammissione entro queste soglie? Ecco la risposta offerta da questa nuova collezione, la quale, aprendo le porte ad opere moderne di arte religiosa, intende porre in evidenza alcuni canoni della concezione della Chiesa in ordine all’arte religiosa stessa; sarebbe lungo parlarne; vi accenniamo appena, non foss’altro per giustificare noi stessi di fronte a questa novità. Innanzi tutto, non è vero che solo alcuni determinati criteri dell’Arte dei tempi passati abbiano qui libero ed esclusivo ingresso; secondo, non è vero, a noi sembra, che i criteri direttivi dell’arte contemporanea siano segnati soltanto dall’impronta della follia, della passionalità, dell’astrattismo puramente cerebrale e arbitrario; si, l’Artista moderno è soggettivo, cerca più in se stesso, che fuori di sé i motivi dell’opera sua, ma proprio per questo è spesso eminentemente umano, è altamente apprezzabile. Molti Artisti hanno sostituito la psicologia all’estetica; questa è certamente un’evoluzione, spesso pericolosa e sconcertante, ma più spesso si fa idonea a penetrare nel santuario dello spirito e ad essere da noi, alunni e maestri di Spirito, maggiormente apprezzata. In ogni caso, codesta Arte, che nasce più dal di dentro che dal di fuori, è documento che non solo ci interessa, ma ci obbliga a conoscerla; vogliamo dire, a leggervi dentro l’anima dell’Artista, anzi l’anima contemporanea, di cui egli, sciente o no, si fa interprete e specchio sensibile. Diciamo di più: anche in codesta anima, quella dell’uomo spontaneamente religioso (perché religiosi siamo tutti, metafisicamente, in qualche misura), si dispiega talora qualche voce estremamente originale, alcune volte con virgineo candore, altre volte con straordinario vigore. Cioè diciamo apertamente: esiste ancora, esiste anche in questo nostro arido mondo secolarizzato, e talvolta perfino guasto di profanazioni oscene e blasfeme, una capacità prodigiosa (ecco la meraviglia che andiamo cercando!) di esprimere, oltre l’umano autentico, il religioso, il divino, il cristiano.
Chi riflette a queste nostre ragioni, forse più pastorali, che filosofiche ed estetiche, vorrà accogliere, noi speriamo, con riverenza e con simpatia l’iniziativa, che oggi inauguriamo, umili e fieri che ciò avvenga in questa nostra Casa, dove l’Arte, la grande Arte, ha avuto e conserva i suoi più insigni documenti, ma dove essa certo non disdegna, in virtù della parentela religiosa, d’avere accanto come nuova sorella, l’Arte contemporanea.
Ebbene, la Galleria, che noi oggi offriamo allo sguardo curioso o critico del pubblico, ha per ora una pretesa dominante, quella d’essere documentaria. Documentaria, ancor più che dell’Arte, dell’Artista moderno, il quale è Profeta e Poeta, a suo modo, dell’uomo d’oggi, della sua mentalità, della società moderna; e se la presente documentazione artistica nostra ci attesta che i valori religiosi vi sono liberamente e felicemente espressi, noi siamo felici e pieni di speranza. Forse non tutti i visitatori condivideranno egualmente la nostra felicità, ma tutti la speranza, sì. Perché nasce spontaneo e convalidato l’auspicio che da questa prima rassegna d’Arte religiosa moderna, posta accanto, se non a confronto, con lo sfoggio circostante dei capolavori vaticani, scaturisca una novella tradizione artistica, e si avvalori nei cuori degli Artisti la convinzione che la Chiesa cattolica è tuttora e sempre loro estimatrice, fautrice e protettrice; e che onorando le opere qui esposte, ella attende sull’amplissimo orizzonte del mondo odierno la fioritura di una primavera nuova dell’Arte religiosa postconciliare.
Noi sentiamo il dovere di ringraziare tutti coloro che hanno favorito questa iniziativa; e primi lo siano gli Artisti, specialmente quelli che generosamente hanno offerto opere loro alla nascente collezione, e quelli che ne hanno agevolato la raccolta. E poi ringraziamo quelli che in possesso di quadri o di oggetti d’arte qui esposti ce ne hanno fatto munifico dono, come quanti hanno contribuito con offerte, con aiuti e prestazioni di vario genere all’esito dell’impresa. Basti dire ch’essa giunge a compimento, senza che ne sia stato gravato il già difficile bilancio della Santa Sede, né tanto meno il peculio destinato alle opere buone. In particolare la nostra riconoscenza si rivolge ai promotori dell’impresa medesima, come gli operatori ausiliari: sacrifici personali, viaggi, ricerche, studi, esperimenti, preparativi, fatiche e lavoro senza risparmio meritano il nostro plauso e la nostra gratitudine. Confidiamo che ciò sia anche da parte vostra. Salutiamo infine con animo grato e riverente le Personalità, le quali hanno accolto l’invito a partecipare a questa apertura della Collezione; la loro presenza, mentre compensa le laboriose cure dei promotori, costituisce un collaudo prezioso all’opera compiuta. Grazie di cuore anche da parte nostra personale.
E nella fiducia che il Signore voglia tutto accogliere come omaggio a Lui reso, passiamo insieme alla visita inaugurale della Collezione d’Arte religiosa moderna, che si apre davanti a noi.
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