DISCORSO DI PAOLO VI
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO DI STUDIO
PER LE VOCAZIONI ECCLESIASTICHE
Mercoledì, 21 novembre 1973
Venerabili Fratelli e figli carissimi,
Siamo lieti di porgere stamane il nostro deferente e cordiale saluto e dire la nostra profonda riconoscenza a voi, Delegati delle Conferenze Episcopali, per la lodevole disponibilità con cui, accogliendo l’invito della S. Congregazione per l’Educazione Cattolica, siete intervenuti al presente Congresso riguardante lo studio dei «Piani di Azione» nazionali per le vocazioni ecclesiastiche.
I sentimenti di sincera stima, che intendiamo esprimervi in questo momento, vi dicano tutto l’interesse e la trepidazione con cui noi seguiamo il vostro paziente e tanto proficuo lavoro in un settore che è al centro delle preoccupazioni e sollecitudini più urgenti della Chiesa nel momento presente. Effettivamente il problema da voi affrontato interessa tutta intera la compagine vivente della Sposa di Cristo, perché le vocazioni sono il segno della sua visibilità, la garanzia della sua vitalità, la sicurezza per il suo avvenire. Il problema pertanto non potrà convenientemente risolversi se non con la cooperazione attiva e generosa di tutta la comunità ecclesiale.
Il fatto che a questo Congresso siano intervenuti quasi al completo Delegati designati dalle Conferenze Episcopali, nonché i rappresentanti delle Gerarchie orientali, delle Missioni, degli organismi internazionali dei Superiori e delle Superiore generali degli Istituti religiosi, come pure i rappresentanti degli Istituti secolari: tutto ciò merita da parte nostra elogio ed incoraggiamento, e non solo significa un passo avanti nella sensibilizzazione delle coscienze dei fedeli verso questo problema, ma, essendo qui presenti tutte le componenti del popolo di Dio direttamente interessate con la loro testimonianza di fede, di dottrina e di esperienza, rappresenta altresì un fatto nuovo della Chiesa e una rinnovata metodologia ispirata alle ben note direttive del Concilio Vaticano II: «Opus vero fovendarum vocationum fines singularum Dioecesium, nationum, familiarum religiosarum atque rituum dilatato corde transcendat oportet atque ad universalis Eccles iae necessitates respiciens illis praecipue regionibus auxilium afferat, in quibus ad Domini vineam instantius operarii advocantur» (Optatam totius, 2). Abbiamo quindi motivo di aprire il nostro animo alle più liete speranze e ripetere davanti a voi le parole di San Paolo: «Come potremo ringraziare abbastanza Iddio per voi e per tutta la gioia che proviamo a causa vostra davanti al nostro Dio?» (1 Thess. 3, 9).
Il presente Congresso, preceduto dalla presentazione dei «piani di azione», elaborati dalle Conferenze Episcopali in spirito di autentica collegialità, è il coronamento di larghe consultazioni e di concorde fatica. Tuttavia più che un punto di arrivo, dovrà costituire un nuovo punto di partenza, in quanto ad esso dovrà seguire un periodo di attività non meno importante del precedente, in applicazione delle conclusioni che scaturiranno dalle discussioni di questa Assemblea. Lasciate adunque che, in vista del futuro lavoro che vi attende, vi proponiamo alcune riflessioni e indicazioni; anche se non torneranno nuove alla vostra conoscenza ed esperienza in materia, vi confermeranno però, la vigile sollecitudine con cui noi seguiamo la vostra preziosissima opera in seno alla Chiesa.
A noi sembra che il primo lavoro da svolgere sia quello di portare le anime dei fedeli ad una più approfondita presa di coscienza del valore e della indispensabilità del ministero sacerdotale nel piano della salvezza. Bisogna reagire contro una diffusa mentalità che tende a sminuire l’importanza della presenza del sacerdote, dal momento che il Concilio ha tanto valorizzato il sacerdozio comune dei fedeli. Ciò significherebbe non comprendere il disegno di Dio, il quale invece ha voluto chiamare i suoi credenti nella Chiesa e salvarli costituendoli in un popolo gerarchicamente ordinato. Questa necessità imprescindibile si rivela ancor più evidente oggi sia per le condizioni spirituali del mondo moderno che tende sempre più a secolarizzarsi e a smarrire il senso del sacro, sia in vista dell’accresciuto impegno che la Chiesa va assumendo nel servizio dell’umanità, il quale servizio a lungo andare non potrebbe essere assicurato senza la virtù santificatrice e l’autorità pastorale di coloro che sono stati costituiti «dispensatori dei misteri di Dio» (1 Cor. 4, 1).
Riconosciamo senza dubbio le molteplici e gravi difficoltà che dovete incontrare per superare l’attuale crisi delle vocazioni, la quale ha radici vaste e profonde. Sono difficoltà che in alcuni avranno forse potuto far sorgere una tentazione di dubbio o di scoraggiamento sulla reale possibilità, in un mondo così intossicato dal materialismo e dall’edonismo, di far percepire ai giovani la voce di Cristo che dice loro, oggi come ieri, anzi più di ieri: «Vieni e seguimi». Ecco allora la nostra seconda raccomandazione: lavorate con fiducia! Fiducia in Dio perché le vocazioni prima di essere opera dell’uomo sono principalmente opera di Dio, e in nessun modo dobbiamo dubitare che Dio non voglia provvedere alle necessità della sua Chiesa, cui ha promesso assistenza sino alla fine dei tempi (Cfr. Matth. 28, 20). E inoltre fiducia nei giovani, la cui generosità oggi non è minore di ieri. Noi pensiamo che la scarsità delle vocazioni dipenda, sì, in gran parte dall’ambiente familiare e sociale, che rende refrattaria la coscienza delle nuove generazioni allo stimolo della chiamata di Cristo. Crediamo però anche nella immensa ricchezza di energie latenti nei giovani del nostro tempo, così aperti ai grandi ideali di giustizia, così bramosi di autenticità, così disponibili alla dedizione verso i propri fratelli. Se li vediamo così sensibili di fronte all’umanità che soffre a causa delle ingiustizie, della fame, della violenza, come rassegnarci a pensare che non lo possano essere altrettanto di fronte ad una umanità che reclama con non minore forza la presenza di Dio e la distribuzione della sua grazia attraverso il ministero sacerdotale? Riteniamo pertanto che siano ancora numerose le anime giovanili capaci di abbracciare con grandezza d’animo e fedeltà l’ideale di un’esistenza consacrata a Cristo e alle anime fino all’eroismo.
Ma come presentare questo ideale? Rispondiamo che ai giovani, generosi e forti per natura, questo ideale deve essere presentato in tutta la sua completezza, non nascondendo od attenuando le severe esigenze che esso comporta, ma illustrando convenientemente il loro alto significato e il loro valore soprannaturale. Si deve anzi credere che questa formula eserciti maggiore attrattiva sulle anime giovanili, che non una formula umanamente più accettabile e apparentemente più agevole, nella quale pero c’è il pericolo di snaturare l’indole squisitamente ed essenzialmente spirituale del servizio sacerdotale. Non è perciò presentando più facile lo stato ecclesiastico che si renderà più desiderato l’accesso al sacerdozio. Non è in questo senso che ci si dovrà orientare per l’incremento quantitativo e qualitativo delle vocazioni, anche nell’assillante bisogno in cui versa la Chiesa nel tempo presente.
Ma il problema delle vocazioni non si limita, come ben sapete, alla fase del reclutamento dei candidati al sacerdozio. Occorre anche tutto un complesso di sforzi e di cure, per cui il germe deposto da Dio nell’animo del giovane possa giungere a maturazione, e soprattutto fruttifichi e sia perseverante. Qui il discorso cade naturalmente sui seminari, verso i quali dovrà dirigersi in maniera tutta particolare la vostra attenzione. Bisognerà decisamente lavorare per rialzare il loro livello spirituale, e perché diventino, come sono stati sempre nella Chiesa, veramente luoghi privilegiati di pietà, di studio, di disciplina. Si dovrà dissipare con ogni sforzo quel clima di conformità al mondo, di rilassamento, nello spirito di preghiera e di amore alla Croce, che purtroppo tenta di penetrare in non pochi di essi, se non vogliamo vedere compromesso ogni più generoso sforzo in questo settore così delicato e vitale per la Chiesa. È vero che oggi si richiede un aggiornamento dei metodi educativi, e i giovani presentano esigenze che sarebbe temerario non tenere nel debito conto. Tuttavia, come recentemente abbiamo avuto occasione di affermare, ciò «non giustifica l’atteggiamento di coloro che vorrebbero soppressa ogni struttura, abolito ogni regolamento, lasciata piena libertà alle iniziative personali, fiduciosi in una bontà naturale che ignora il peccato originale e le sue conseguenze. Certamente il giovane deve essere educato alla libertà; ma la vera libertà è una conquista per raggiungere la quale l’uomo, e molto più l’aspirante al sacerdozio nel periodo della sua formazione, ha bisogno anche di aiuti esterni. Com'è dannosa una eccessiva passività nell’educando, così lo è pure la pretesa di chi vuole autoeducarsi senza alcun aiuto dell’educatore» (Discorso al Collegio Germanico-Ungarico, 10 ottobre 1973).
Venerabili Fratelli e carissimi figli, noi vi siamo sinceramente grati per il vostro contributo. Continuate adunque, coraggiosamente su questa strada. Moltiplicate i vostri contatti e le vostre iniziative comuni. Ma soprattutto mantenetevi in stretta comunione col Padrone della messe, mediante il mezzo fondamentale, la preghiera, essendo la vocazione un dono dello Spirito da implorarsi, secondo l’esortazione del Signore. A tanto vi conforti l’abbondanza della divina grazia, che invochiamo per tutti voi; e in pegno di essa vi impartiamo di cuore l’Apostolica Benedizione.
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