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DISCORSO DEL SANTO PADRE PIO X*

AI SACERDOTI DEL PONTIFICIO SEMINARIO FRANCESE DI ROMA
 

Sacerdoti e chierici dilettissimi,

Vi sono estremamente riconoscente dei sentimenti di obbedienza, di venerazione e di affetto che mi avete espressi nel vostro nobile indirizzo, giacché mi sono prova della pietà e della santa educazione che ricevete dai vostri zelanti direttori.

Ve ne sono riconoscente, giacché nulla poteva essere più dolce al mio cuore che vedermi circondato da Sacerdoti che sono l'onore della Chiesa e gli amici di Gesù Cristo, perchè se il passato, come si suol dire spesso, è la garanzia dell'avvenire, se da buoni padri, salvo tristi eccezioni, crescono figli eccellenti, da ciò che furono gli antichi allievi del vostro Seminario, è lieto augurarsi come e quanto saranno zelanti quelli di oggi e di domani.

Ben a diritto voi vi rallegrate del numero e della dignità di coloro che vi hanno preceduto: un cardinale e venticinque vescovi, vera benedizione del cielo: numerosi professori delle Università e del Seminario; tutta una falange di sacerdoti di condizione più umile, ma non meno degni del Nostro interessamento e della Nostra stima, giacché, forse più degli altri, hanno meritato di esser benedetti da Dio.

È giusto che anch' io mi rallegri con voi, e particolarmente coi direttori del venerabile Seminario francese pel bene immenso che hanno procurato alla Chiesa di Gesù Cristo.

Quanto ai chierici che ancor oggi abitano questo Seminario si ricordino le parole del salmo CXVIII nel quale il re David parla al Signore così: Bonitatem et disciplinam et scientiam doce me.

Bonitatem: la bontà; nulla ha maggior pregio ai miei occhi, nulla abbiamo più a cuore. Nella bontà sono racchiusi tutti gli altri doni: bontà e santità è tutto una cosa. Ora i preti debbono essere santi: a loro, sovratutto egli ha detto: Sancti estote, quoniam ego sanctus sum. Essi devono essere santi nelle loro qualità d'amici, di rappresentanti d'un Dio santo: Amicitia pares aut accipit, aut facit. — Eadem velle, eadem nolle, ea tandem firma amicitia est. Noi ambiamo di essere gli amici di Gesù Cristo: abbiamo dunque con Lui la stessa volontà, le stesse affezioni, le stesse inclinazioni: Sacerdos alter Christus. Dobbiamo essere i rappresentanti di Gesù Cristo: per rappresentare oesù Cristo rivestiamoci dei suoi sentimenti, abbiamo, per così dire, sulle labbra le sue stesse parole. Quando il sole è scomparso, le stelle risplendono nel cielo; noi dobbiamo essere altrettante stelle che rischiarino il mondo, accanto al sole della giustizia, Gesù Cristo. Noi siamo e dobbiamo essere i ministri di Gesù Cristo; lasciatemi dire le parole di San Giovanni Crisostomo: Quo non oportet igitur esse puriorem tali fruentem sacrificio? Quo solari radio non splendidiorem manum carnem hanc dividentem? E infatti la Chiesa ci dimostra ad evidenza che dobbiamo essere puri e santi. Con un lungo noviziato di studio e di santo esercizio, Essa prepara i suoi chierici nei seminari, come in una specie di laboratorio, ove temprano le loro armi pel combattimento. Essa li pone sotto la direzione di uomini dotti e santi, perchè possa n trovare nelle loro tracce ove posare essi stessi i piedi. Mai Essa non introduce nel santuario gli eletti del Signore senza far loro ripetere: Dominus pars haereditatis meae et calicis mei, tu es qui restitues haereditatem meam mihi. Giacché aggiunge S. Girolamo: Qui vel ipse pars Domini est, vel Dominum partem habet, talem se exhibere debet, ut et ipse possideat Dominum et possideatur a Domino.

Disciplinam. Voi sapete ciò che dice San Tommaso: « La disciplina non è che l'ordine ». Per produrre l'ordine è necessario ubbidire; ora, bisogna dirlo, ai giorni nostri non si sa ubbidire. Persino nel santuario si respira quest'aria pesante che infetta tutta la società, l'aria dell'indipendenza. E forse spinti da questo sentimento, sotto il pretesto di fare il bene, alcuni giovani ed anche certi Sacerdoti, mancano ad un dovere che si impone a tutti, ma sovratutto ai ministri del Signore. Per voi, e voi non avete bisogno di questa raccomandazione, giacché voi siete figli dell'ubbidienza, io prendo atto della promessa di colui che ha preso così degnamente la parola in vostro nome.

Scientiam. La scienza è necessaria. Ma delle scienze profane fatene l'uso che ne faceva San Tommaso. Egli portava nel suo spirito, come in un serbatoio, tutte le sue scienze e se ne serviva per illustrare la vera scienza, la scienza divina, la sacra teologia. Benedico di gran cuore, venerabili sacerdoti e chierici dilettissimi, il vostro seminario, benedetto fin dalla sua fondazione dal glorioso Pio IX, innalzato al grado di seminario pontificio da Leone XIII, nostro predecessore di santa memoria. Esso occuperà, non ne dubitate, un posto speciale nel mio cuore. La benedizione che voi implorate, la invoco anche io da Dio, con tutta la mia anima. Mi duole di non potervi chiamare i miei Beniamini: un altro seminario vi ha preceduti. Ma Beniamino fu l'ultimo a esser benedetto e di lui Giacobbe disse queste parole: Beniamin lupus rapax. Fra le altre benedizioni del patriarca, io scelgo per voi e per la vostra patria, che amo tanto, la benedizione che egli diede al quarto dei suoi figli. La prima preghiera che ogni giorno innalzo a Dio è questa: Non auferatur ab ea sceptrum! Che mai non sia tolto alla Francia il suo titolo di Figlia primogenita della Chiesa!

 


*AAS, vol. XXXVI (1903-04), pp. 268-271.



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