DISCORSO DEL SANTO PADRE PIO X*
PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI NATALIZI DELLA CURIA ROMANA
Natale, 23 dicembre 1903
Con lieto animo accettiamo, Signor Cardinale, gli augurii, che anche a nome del Sacro Collegio ci ha presentati, e con gratitudine i sensi di devozione e di amore, dei quali per tutti Ella si è fatto interprete, col voto che la restaurazione in Gesù Cristo, per la intercessione dell' Immacolata, sia il presagio di tempi per la Chiesa meno fortunosi. Godiamo poi assai, che Ella abbia accennato a questo argomento, perchè il mistero di Betlemme, che siamo per commemorare, offre le prove più indiscutibili del vero Salvatore; Salvatore oggi come diciannove secoli addietro, Salvatore qui come a Betlemme, Salvatore unico, eterno, universale, che ha rinnovato la faccia della terra, ed ha ricomposto con Dio e fra gli uomini ogni relazione individuale e sociale.
La capanna di Betlem infatti ci presenta l' uomo perfetto, che unendo in una sola persona la divina e l' umana natura, restituisce a questa la parte migliore de' suoi privilegi perduti per la colpa e la conseguente pienezza de' suoi vantaggi, onde non abbiamo altro mezzo per essere uomini, come nell'ordine spirituale così nel sociale, che andare incontro all' uomo perfetto, alla piena misura della vita di Cristo: donec occurramus in virum perfectum, in mensuram aetatis plenitudinis Christi. E quindi tutta la vita cristiana e sociale non deve essere che uno studio continuo per raggiungere la bellezza di Cristo, per ricuperare così la nostra dignità e riportare nel mondo con le doti originali, l'armonia, la concordia e la pace dell'Eden.
Perciò la capanna di Betlem è una scuola, d' onde il Redentore divino comincia il suo magistero, non colle parole, ma con le opere, insegnando, che l' unico mezzo alla riabilitazione è il sacrificio nella povertà e nel dolore. — A nulla valgono le pompose teorie, i clamorosi comizii, la discussione di ardenti questioni. Per restaurare ogni cosa in Cristo, senza che se ne occupi la scienza, senza che la ricchezza vi presti aiuto, e senza che intervenga la politica, basta questa lezione; e la società camminando per questa via sarebbe felice nella contentezza e tranquillità universale.
La capanna di Betlem è una scuola, dove se vediamo un Cesare pagano divenire strumento inconscio della divina Provvidenza e concorrere mirabilmente alla fondazione della Chiesa, nessuno può dubitare che Iddio non la aiuti per difenderla e conservarla. — Certo i mali che l' affliggono al presente sono molti e gravissimi, i suoi nemici (mascherati o palesi) numerosi e potenti; i mezzi che hanno per nuocere, formidabili; ma non dobbiamo disanimarci, perchè nelle divine promesse abbiamo la certezza, che Iddio raggiungerà sempre il fine prefìsso, servendosi dello stesso male, come dice Agostino, prodotto dalla nostra libera volontà al trionfo del bene.
La capanna di Betlemme è una scuola, nella quale si insegna che per restaurare ogni cosa in Cristo non dobbiamo stabilire alla Divina Sapienza nè il tempo, nè il modo di venire in nostro soccorso. Da quaranta secoli aspettava Israello l'adempimento della promessa fatta nell'Eden, e quindi noi dobbiamo imitare non solo la fede degli antichi Patriarchi, ma e specialmente quella di Maria e di Giuseppe i quali, pur sapendo che il figlio di Dio stava per nascere alla vita, che Betlemme, donde erano tanto lontani, doveva essere la sua culla, senza ansie e timori aspettano tranquilli le disposizioni del Cielo. — Certamente che ci addolora il vedere la Chiesa di Gesù Cristo perseguitata e fieramente combattuta nella sua autorità, nelle sue dottrine, nella sua provvidenziale missione nel mondo, e quindi la civile società travagliata da intestine discordie; ma quando pensiamo di trovarci nella valle del pianto, di essere in un tempo di prova, che la Chiesa quaggiù è militante e che le tribolazioni le manda o le permette Iddio stesso, ci deve riuscire facile l'imitare Maria e Giuseppe, che dopo la tranquilla aspettazione, sicuri di compiere la divina volontà, abbandonano la loro casetta, intraprendono con disagi indicibili un lungo viaggio, e tollerano rassegnati il rifiuto dei Betlemiti, che negarono loro un ospitale ricovero.
La capanna di Betlemme è una scuola. Quanto sarebbe stata fortunata quella famiglia, che avesse ricoverati in quella notte i poveri sposi! quante benedizioni sarebbero discese sopra di essa! Ma non v' era luogo per loro: Non erat eis locus in diversorio; e Gesù venne nella sua città e i suoi non lo ricevettero; in propria venit et sui eum non receperunt. — Poveri popoli e povere nazioni, che non solo non accolgono Gesù e la sua Chiesa, ma peggiori assai dei Betlemiti la inceppano nella sua azione, la perseguitano, la calunniano, e con cecità imperdonabile perchè veggono a loro riserbata la sorte della misera Betlemme.
La capanna di Betlemme finalmente è una scuola, nella quale se il compimento delle divine promesse non è rivelato ai saggi e prudenti del secolo, ma solamente ai parvoli, cioè ai semplici pastori, non è perchè Gesù volesse preferire una condizione ad un' altra. La società degli uomini è opera di Dio; Dio stesso ha voluto la diversità delle condizioni, e Gesù non è venuto a cambiare quest' ordine chiamando soltanto i poveri, ma è nato per tutti. Tant' è vero che a dimostrare questo carattere di universalità volle nascere in un luogo pubblico, il cui accesso non poteva essere impedito ad alcuno, volle discendere da sangue regale, perchè non lo disdegnassero i principi, volle nascere povero, perchè ognuno, senza riguardo, potesse andare a lui, e per farsi tutto a tutti, e nessuno avesse paura di avvicinarlo comparve bambino.
L'Angelo non ha manifestato ai cittadini di Betlemme la lieta novella, non solo perchè se ne erano resi indegni col rifiuto di ospitare Maria e Giuseppe, ma perchè lungi dall'andare alla grotta, non ne avrebbero curato l'annunzio, come fecero più tardi quei di Gerusalemme all'arrivo dei Magi. — Ed è quello che succede anche al presente quando parlano gli Angeli della Chiesa, e non pochi fra i battezzati per la corruzione del cuore, che fa velo alla mente, non solo li deridono e li scherniscono, ma negano i fatti più evidenti, le verità più manifeste, i diritti più sacri, menando vanto di creder nulla. — Come adesso anche allora v' erano degli uomini superbi di mente e corrotti di cuore, che quantunque depositarii delle divine promesse, viventi vicino al tempio si vantassero di far parte del popolo eletto, non avrebbero creduto all'annunzio dell' Angelo.
Tanto è vero che non si arresero alla verità nemmeno allora che Gesù ridonava la vista ai ciechi, la favella ai muti e resuscitava i morti; ma dopo di essere stati in mille guise beneficati, lo hanno crocefisso; storia di dolore, che tante voltesi rinnova.
Se molti pertanto, pur celebrando, come si usa anche dar mondani, con straordinaria letizia, e con ricambio di auguri! questa ricorrenza, non approfittassero delle lezioni, che ci offre il mistero di Betlemme per restaurare ogni cosa in Cristo, deponiamo tutti insieme, Venerabili Fratelli, alla culla del celeste Bambino, le nostre preghiere, perchè egli intervenga colla sua grazia e tutti se ne giovino a salute. - In quanto a Noi, fidenti in Dio, sicuri dell'efficace ed amorevole concorso del Sacro Collegio, confortati dalle preghiere di tutto il mondo, non dimandiamo che la grazia di adorare tranquillamente in tutto le disposizioni della Provvidenza; ed esprimendo al Sacro Collegio col cuore aperto i voti sinceri per la sua prosperità, in pegno del nostro particolarissimo affetto impartiamo a loro Signori Cardinali, e a tutti gli altri qui presenti l'Apostolica Benedizione.
PIUS PP. X
*AAS, vol. XXXVI (1903-04), pp. 321-324.
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