CHIROGRAFO DI SUA SANTITÀ PIO XI
"DOBBIAMO INTRATTENERLA"
ALL'EM.MO CARDINALE PRESBITERO
ALFREDO ILDEFONSO SCHUSTER
ARCIVESCOVO DI MILANO
IN DIFESA DELL'AZIONE CATTOLICA ITALIANA
All’Eminentissimo Cardinale presbitero
Alfredo Ildefonso Schuster,
Arcivescovo di Milano.
Signor Cardinale,
Dobbiamo intrattenerla brevemente sopra un tratto dell’ormai notissimo discorso tenuto costì, otto giorni or sono, dall’onorevole Giuriati: sopra il tratto che tocca le cose nostre, più nostre, ed a noi più care, e che, forse senza avvertirlo e volerlo, Ci chiama personalmente per quanto copertamente in causa, ponendoCi così nella morale necessità, vogliam dire nel dovere di coscienza, di dire apertamente quello che il ministero pastorale da Noi richiede.
Diremo subito che quanto, anche per personale esperienza, conoscevamo dell’onorevole oratore, Ci rese difficile, alla prima lettura (e per questo volemmo verifiche e conferme) il credere da lui presentato in quella precisa forma un tratto che lascia tanto a desiderare sia nella sostanza che nella forma. E diciamo così, perché, a parte le qualifiche di « grossa manovra » e di « azione forse inutile e forse pericolosa » per quella Azione Cattolica (poiché è indubbiamente di essa che si vuol parlare), che tutti sanno dalla Gerarchia Cattolica e da Noi diretta e voluta come necessaria e sommamente benefica, a parte questo, l’on. oratore si rivolge poi a « coloro che per giustificarla fanno appello ad un paragrafo del Concordato ». Ora quei « coloro » siamo « Noi » e se non siamo i soli, siamo certamente i primi, anche cronologicamente i primi, fra coloro che proprio in difesa dell’Azione Cattolica si son fin qui appellati all’articolo 43 (giacché di questo trattasi) del Concordato: articolo che appunto ed espressamente parla della « Azione Cattolica ».
Ma veniamo alla sostanza, che immensamente più importa. Si dice di voler anche educare i giovani nella religione dei padri, e sta bene; e Noi non abbiamo aspettato oggi a riconoscere quanto di bene si è venuto avviando e facendo in questo campo. Non è però mai superfluo l’osservare che appunto su questo campo la competenza e l’autorità propria e specifica appartengono alla Chiesa, e che il Regime ha il dovere non solo di seguirne il Magistero ad essa divinamente affidato, ma anche di favorirne 1a pratica. Non è certamente questo che si ottiene, ma piuttosto il contrario, esponendo la gioventù ad ispirazioni d’odio e di irriverenza, rendendo difficile e quasi impossibile la pratica dei doveri religiosi con la contemporaneità di tutt’altri esercizi, permettendo pubblici concorsi di atletismo femminile, dei quali anche il paganesimo mostrò di sentire le sconvenienze ed i pericoli.
Quanto a Noi, se non abbiamo lasciato e non lasceremo mai nulla di intentato per salvare l’Azione Cattolica, è anche e principalmente per provvedere colla maggiore larghezza e sicurezza possibile alla salvezza di tanta gioventù, la predilezione del Cuore divino, procurandole non soltanto quel « minimum » di vita cristiana e soprannaturale che la salvi dell’inondante neopaganesimo, ma quella maggiore abbondanza di tal vita, per recar la quale il divino Redentore si protesta venuto: « Ego veni ut vitam habeant et abundantius habeant » (Io., X, 10). E quando si tratta di questa vita e di questa salvezza, si può e si deve dire della Chiesa quello che San Pietro dice di Gesù Cristo stesso: «et non est in aliquo alio salus » (Act., IV, 12); giacché alla Chiesa ed a nessun altro Gesù Cristo ne ha conferito il mandato e ne ha dato i mezzi: la dottrina della fede, la legge divina ed ecclesiastica, la parola divina, i sacramenti, la preghiera, le virtù teologali ed infuse. Appunto in considerazione di questa altissima funzione salvatrice e santificatrice della Chiesa e della sua Gerarchia, funzione alla quale fin dai primi giorni del cristianesimo il laicato è chiamato a collaborare nell’Azione Cattolica, abbiamo desiderato che non mancasse a questa un posto ed un presidio nel Concordato.
Si oppone o, come fu detto, si fa « semplicemente osservare che il Concordato è stato dalla Santa Sede stipulato col Regime totalitario fascista e con lo Stato corporativo fascista ».
Accogliamo molto volentieri l’invito ad una tale osservazione; perché, se nulla vediamo, essa conduce per necessità di logica evidenza a conclusioni, che probabilmente non furono nelle intenzioni dell’onorevole oratore.
Respingiamo risolutamente e riproviamo come ingiuriosa ad entrambe le alte parti contraenti la conclusione che qualcuno in Italia e fuori ha creduto, falsamente, di poter formulare, che dunque il Regime, lo Stato ha teso un’insidia alla Santa Sede.
Le Nostre conclusioni sono altrimenti vere e liete. Riprendendo la proposta osservazione, le difficoltà (se difficoltà sono o possono prevedersi) devono dunque dipendere dall’uno o dall’altro capo: o da ciò, che si tratta di Regime e Stato totalitario e corporativo, o da ciò, che si tratta di Regime e Stato fascista.
Cominciando dal primo capo, non si vede come possa derivarne difficoltà alcuna.
Regime e Stato totalitario? Crediamo di bene intenderlo nel senso che per tutto quello che è di competenza dello Stato, secondo il suo proprio fine, la totalità dei soggetti dello Stato, dei cittadini, deve far capo allo Stato, al Regime e da esso dipendere: dunque una totalitarietà, che diremo soggettiva, può certamente attribuirsi allo Stato, al Regime. Non altrettanto può dirsi di una totalitarietà oggettiva, nel senso cioè che la totalità dei cittadini debba far capo allo Stato e da esso (peggio poi nel senso, che da esso solo o principalmente) dipendere per la totalità di quello che è o può divenire necessario per tutta la loro vita anche individuale, domestica, spirituale, soprannaturale.
Per non parlare se non di quello che presentemente ci occupa, è troppo evidente che una totalitarietà di Regime e di Stato che voglia comprendere anche la vita soprannaturale, è una manifesta assurdità nell’ordine delle idee e sarebbe una vera mostruosità quando volesse portarsi nell’ordine pratico.
La vita soprannaturale e tutto quanto ad essa appartiene (come già sopra abbiamo accennato), a cominciare dal giudizio su ciò che essa è e su ciò che le appartiene, venne da Gesù Cristo Redentore e Signore dell’umanità affidato alla sua Chiesa e ad essa sola. Or la Chiesa ha sempre detto — e con le parole e coi fatti — che l’Azione Cattolica appartiene alla vita soprannaturale, in collaborazione e quindi in dipendenza della Gerarchia, alla vita soprannaturale, prima in opera di sempre più perfetta formazione individuale, e poi in opera di sempre più efficace ed ampio apostolato. Questo la Chiesa ha detto e praticato già dai primi giorni del cristianesimo, anzi di Gesù Cristo stesso: questo ha sempre praticato in venti secoli di vita, variandone le forme secondo le esigenze e le possibilità dei diversi tempi e dei diversi luoghi; questo abbiamo detto e praticato Noi stessi fino dall’inizio del Nostro Pontificato e fino a ieri, sempre insegnando ed inculcando la necessità, la legittimità, l’insurrogabilità dell’Azione Cattolica, mentre partecipa della necessità, legittimità e insurrogabilità della Chiesa e della sua Gerarchia per la formazione e la espansione della vita soprannaturale.
Certo è che da tutto questo consegue che l’Azione Cattolica non deve fare della politica: è quello che abbiamo sempre insegnato e ordinato; possiamo dire (e lo diciamo con profonda compiacenza) che la voce del Padre è stata intesa e ubbidita dai figli; se qualche eccezione o deviazione (quasi mai intenzionale) si è avverata, non abbiamo esitato a disapprovare e correggere: sarebbe troppo ingiusto generalizzare.
Altrettanto certo è del pari che l’Azione Cattolica non impedisce né può impedire quelli che le si consacrano di occuparsi cristianamente e cattolicamente della vera e buona politica, quella che studia e promuove il bene della polis: l’Azione Cattolica ve li prepara egregiamente.
Riferendoci sempre al primo capo di presunte e presumibili difficoltà, Ci resta a vedere se e come queste possono derivare dalla Corporatività dello Stato. Ma davvero non si vede quali e come possano essere, se anche solo si considera che la Corporatività si risolve in una speciale, pacifica organizzazione fra le diverse classi di cittadini, con più o meno di ingerenza dello Stato, della legge, della magistratura, in ordine al lavoro, alla produzione, ecc., sempre, s’intende, nell’ordine naturale e civile; mentre l’Azione Cattolica, come s’è detto, rimane sul terreno spirituale e soprannaturale. È bensì certo ed evidente che come la Chiesa, e la sua Gerarchia, ha il diritto e il dovere di formare e dirigere l’Azione Cattolica, così ha il dovere e il diritto di organizzarla nei modi confacenti al raggiungimento dei suoi fini spirituali e soprannaturali secondo le abitudini e le esigenze dei diversi tempi e dei diversi luoghi.
È altrettanto certo ed evidente che l’Azione della Chiesa, per essenziale necessità del suo essere e del suo divino mandato, si estende e deve estendersi dovunque trattasi del bene e del danno delle anime, dell’onore o dell’offesa di Dio, dell’osservanza o violazione delle leggi divine ed ecclesiastiche: di problemi insomma ed interessi non semplicemente materiali, meccanici, economici, ma anche morali e con inevitabili ripercussioni morali sull’individuo, sulla famiglia e sulla società.
Di qui il dovere e il diritto per la Chiesa e la Gerarchia e (nelle debite proporzioni) per l’Azione Cattolica, di portarsi anche sul terreno operaio, lavorativo, sociale, non per usurpare o intralciare attività sindacali o d’altro nome, che non le competono, ma per salvaguardare e procurare dovunque l’onore di Dio, il bene delle anime: sempre e dovunque, la vita soprannaturale con tutti i suoi benefìci.
Non minimi fra i quali sono certamente la santificazione e una ognor più elevata coscienziosità del lavoro, il conforto della pazienza, di cui gli umili e i sofferenti hanno così grande bisogno, i sentimenti e le pratiche di fraterna carità e cristiana giustizia tra gli individui e fra le classi, una più accurata tutela delle virtù pericolanti, massime della gioventù.
Attività corporativa e Azione Cattolica non potranno a meno di incontrarsi, data l’identità del soggetto umano e individuale e collettivo; ma data la sincera buona volontà e il sincero desiderio del bene da una parte e dall’altra, l’incontro delle due attività non potrà aver luogo se non con l’effetto felicissimo di coordinarsi al maggior bene, al bene possibilmente completo, degli individui, delle classi, della società.
Ci resta a considerare il secondo capo, quale fonte di presumibili difficoltà: Regime, Stato « fascista ». Possiamo essere brevissimi. Il fascismo si dice e vuol essere cattolico: orbene per essere cattolici non di solo nome ma di fatto, per essere cattolici veri e buoni, e non cattolici di falso nome, e non di quelli che nella grande famiglia che è la Chiesa col loro modo di parlare e di agire affliggono il cuore della Madre e del Padre, contristano i fratelli e li fuorviano coi loro mali esempi, per tutto questo non c’è che un mezzo, uno solo, ma indispensabile e insurrogabile: ubbidire alla Chiesa ed al Suo Capo e sentire con la Chiesa e col Suo Capo. Che cosa voglia la Chiesa e che cosa senta la Chiesa in ordine all’Azione Cattolica non è mai stato dubbio, mai — si può ben dire — è stato così manifesto come ai giorni nostri.
Sperando e pregando che sia dato a questa Nostra di dissipare diffidenze e sospetti ormai ingiustificabili e certamente nocivi ad avvicinamenti e cooperazioni che sarebbero utili a tutti; pregando che le sia dato anche di portare qualche chiarezza di verità e con essa qualche maggior facilità di comprensione alle intelligenze e di acquiescenza alle volontà; invitando Lei, signor Cardinale, e tutti a pregare per questa Nostra intenzione, a Lei ed a tutti impartiamo l’Apostolica Benedizione.
Dal Vaticano, 26 Aprile 1931.
PIUS PP. XI
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