DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
PER L'INAUGURAZIONE DEL VII ANNO DELLA
PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE*
Domenica, 21 febbraio 1943
In questa solenne adunanza, onorata dalla presenza di Signori Cardinali, di illustri Diplomatici, di alti personaggi e di insigni cultori del sapere, l'occhio Nostro, ancora una volta, rivede in voi, Ecc.mi Accademici, i sapienti e indefessi indagatori della natura e dell'universo, che certo voi non cessate di ammirare, se è vero quel che Platone pone in bocca a Socrate e insegnò al discepolo suo Aristotele, che dell'amante della sapienza è massimamente proprio il sentimento dell'ammirazione, poiché, fuori di questo, non ha altro principio, comunque s'intenda, la filosofia (nel θεαίτητος n. XI). Voi ammirate l'universo, dai confini profondissimi del cielo stellato alla minimissima struttura dell'atomo; e nella grandiosa magnificenza del mondo creato vedete il tempio dell'ordine e della potenza divina. Voi conoscete, voi ammirate la smisurata grandezza di questa macchina dell'universo, della quale il meno da pregiarsi è l'immensità dei suoi termini, la moltitudine dei corpi e degli elementi, la velocità dei moti, la varietà e bellezza delle parti; mentre — come osservammo già nell'ultimo Nostro discorso in questa Accademia — il più mirabile da considerarsi è la disposizione dell'ordine che tutto distingue e unisce, intreccia e concatena, e accorda le stesse discordanti nature irrazionali con tanta fedeltà e legame scambievole, che, salvo a ciascuna l'operare secondo il diverso istinto della propria inclinazione, tutte, da un principio senza saperlo, cospirano ad un fine senza volerlo (cfr. BARTOLI, Delle grandezze di Cristo, c. 2). Un tale ordine universale voi lo contemplate, voi lo misurate, voi lo studiate: non è né può essere frutto di cieca assoluta necessità, e nemmeno del caso o della fortuna; il caso è un parto della fantasia; la fortuna un sogno della umana ignoranza. Nell'ordine voi cercate una ragione che ab intrinseco lo governi, un ordinamento della ragione in un mondo che, anche senza vita, si muove come se vivesse, e opera a disegno come se intendesse: in una parola, voi cercate la legge, la quale è appunto un ordinamento della ragione di Chi governa l'universo e l'ha fissato nella natura e nei movimenti del suo inconscio istinto.
IMPORTANZA DELLA QUESTIONE
In questa ricerca delle leggi che governano il mondo voi andate incontro a Dio e ne investigate le orme da lui lasciate, quando ne ebbe compiuta la creazione; e Noi ammiriamo le vostre conquiste negl'immensi campi della natura. Le indagini sperimentali degli ultimi decenni, che pur si riannodano con gli studi e i lavori della fine del secolo scorso, vantano scoperte e invenzioni di capitale importanza, se si pensi anche solo alle trasformazioni artificiali del nucleo atomico, alla frantumazione dell'atomo, alle meraviglie del microcosmo, svelate dal microscopio per elettroni. I progressi scientifici hanno condotto alla conoscenza di nuove leggi nei fenomeni della natura e rischiarato di nuova luce la questione della essenza e del valore delle leggi fisiche. Non vi è forse problema che interessi e occupi oggi tanto i più eminenti scrutatori del mondo naturale — fisici, chimici, astronomi, biologi e fisiologi —, e anche i moderni cultori della filosofia naturale, quanto il tema delle leggi che reggono l'ordine e l'azione delle materie e dei fenomeni operanti nel nostro globo e nell'universo. Si tratta infatti di questioni fondamentali, la cui soluzione è non meno decisiva per l'oggetto e lo scopo di ogni scienza naturale, che importante anche per la comprensione metafisica, radicata nella realtà obbiettiva.
MUTAMENTI NEL CONCETTO DELLA LEGGE FISICA -
LEGGI DINAMICHE E LEGGI STATISTICHE
Una vera e rigida legge dinamica rappresenta una stretta norma regolatrice dell'essere e dell'azione delle cose, in guisa da escludere ogni eccezione di ordine naturale. Scoperta per induzione dall'osservazione e dall'esame di molti casi particolari simili, permette di prevedere, e spesso ancora di calcolare anticipatamente, in modo deduttivo, altri casi particolari nell'ambito della sua applicazione; come fanno la legge della gravità, le leggi della riflessione e rifrazione della luce, la legge della costanza del rapporto dei pesi nelle combinazioni chimiche, e tante altre. Ma il concetto di legge fisica non è perdurato il medesimo; e giova seguire i mutamenti della sua formazione e valutazione, quali si svolsero nel corso degli ultimi cento anni. All'inizio del secolo passato era già nota la legge della conservazione della massa; seguì la conoscenza di rilevanti leggi dell'ottica, dell'elettricità e soprattutto della chimica fisica; scoperte coronate infine da quella delle leggi generali dell'energia. Non è quindi meraviglia, se, al nascere del monismo materialistico, la legge della meccanica fosse esaltata come dea sull'ara della scienza, e al suo dominio assoluto venisse a piegarsi suddito e ligio non solo il mondo della materia, ma anche il regno della vita e dello spirito. L'universo pertanto altro non era che lo smisurato impero del moto; e, secondo una tale concezione, come espose plasticamente il Du Bois-Reymond, nel suo discorso «Über die Grenzen des Naturerkennens» (Leipzig 1907), doveva esistere una formola universale meccanica, conoscendo la quale un genio universale, o mente « laplaciana », sarebbe capace di comprendere pienamente tutto quanto avviene al presente, e nulla per lui arriverebbe incerto, presentandosi chiaro al suo sguardo, così il sepolto passato, come il più lontano futuro. Concetto questo espresso anche dal grande matematico francese Henri Poincaré, quando scriveva: «Tout phénomène, si minime qu'il soit, a une cause, et un esprit infiniment puissant, infiniment bien informé des lois de la nature, aurait pu le prévoir dès le commencement des siècles » (Science et Méthode p. 65). Il postulato sulla « causalità fisica chiusa » non ammetteva dunque alcuna eccezione né alcun intervento nel corso delle attività fisiche, per esempio con un miracolo. Ma questo postulato pareggia l'antico detto che, posta la causa, anche sufficiente, di necessità viene posto l'effetto : sentenza, che il gran Dottore d'Aquino col Filosofo di Stagira dimostrò falsa, perché non ogni causa è tale, quand'anche sia sufficiente, che il suo effetto non sia possibile a impedirsi, almeno per libera azione umana. In altri termini: ogni effetto ha necessaria-mente una causa, ma non sempre una causa necessaria-mente operante, essendovi anche cause che agiscono liberamente (cfr. In libros Peri hermeneias 1. I cap. IX lect. XIV n. I I).
Eppure un uomo della capacità di Virchow pronunziava alla 470 assemblea annuale degli scienziati e dei medici tedeschi nel 1874 le gravi parole : « Non è certo una presunzione della scienza naturale, se affermiamo che le leggi naturali sono assolutamente efficaci in tutte le circostanze e non soggiacciono a sospensione in un qualsiasi tempo ». Ma il Virchow non aveva veduto tutte le circo-stanze degli eventi del passato né di quelli dell'avvenire; e la sua era veramente una presunzione, come lo svolgimento scientifico degli ultimi decenni lascia facilmente riconoscere. Il crasso materialismo di allora si è dimostrato da tempo insostenibile o è venuto a tramutarsi in quel tenebroso angelo di luce (cfr. Eph. 6, 12; 2 Cor. 11, 14) che si ammanta di spirito e di panteismo; e l'affermazione delle leggi naturali, non sofferenti eccezione alcuna, è rimasta dal progresso della scienza esatta talmente scossa, che oggidì appena è che non si cada nell'altro eccesso di parlare solo di regole medie, di norme statistiche e di leggi di probabilità. Tale pensamento in tanto è legittimo, in quanto moltissime leggi del mondo sensibile o macrocosmo manifestano un carattere statistico — perché non esprimono il modo di comportarsi di ogni singolo ente, ma il procedimento medio di un immenso numero di enti simili — e così si prestano a essere trattate per mezzo del calcolo delle probabilità. Ma il voler vedere solo leggi statistiche nel mondo è un errore dei tempi nostri, come uno straniarsi dalla natura dell'ingegno umano, — il quale
solo da sensato apprende
ciò che fa poscia d'intelletto degno (Par. I V, 4 I-42), —
è l'asserire che dell'antica concezione rigidamente dinamica della legge naturale possa farsi del tutto a meno e sia divenuta vuota di senso. Anzi tant'oltre si avanza il recente positivismo a fianco del convenzionalismo, da metter in dubbio persino il valore della legge causale.
CHE COSA É LA SCIENZA?
Questo pensiero positivistico viene a buon diritto rigettato dalla sana filosofia. Che cosa è invero la scienza se non la conoscenza certa delle cose? E come è possibile acquistare questa conoscenza, se delle cose non si scrutano i principi e le cause, da cui procede la dimostrazione del loro essere e della loro natura e azione? Voi osservate, voi ricercate, voi studiate e sperimentate la natura per comprenderne i principi e le cagioni intrinseche, per penetrare le leggi reggitrici della sua costituzione e del suo agire, per ordinare il processo di tali leggi, per dedurne una scienza con principi, cause e conclusioni promananti per logica conseguenza. Voi cercate dunque la regolarità e l'ordine nei vari regni della creazione; e quale e quanta ricchezza ne ha scoperto lo spirito indagatore dell'uomo!
IL SISTEMA DELLE LEGGI NATURALI
a) nel mondo inorganico
Ecco infatti, anche solo per cenni, nel macrocosmo dei fenomeni puramente fisico-chimici le numerose particolari leggi della meccanica dei corpi solidi, liquidi e gassosi; le leggi dell'acustica e del calore, della elettricità, del magnetismo e della luce; le leggi dell'andamento della reazione e dell'equilibrio chimico nella chimica inorganica e organica: leggi particolari che sovente si elevano a norme più alte e generali, così da far comprendere e riconoscere in gran numero gruppi di fenomeni naturali, che sulle prime sembravano privi di ogni interna relazione, quali conseguenze di una legge superiore. Ecco le leggi del moto dei pianeti riallacciarsi alla legge universale della gravitazione. Le celebri equazioni di Maxwell non hanno forse gettato un ponte tra i fenomeni dell'ottica e dell'elettricità, e tutti i fenomeni naturali nel mondo inorganico non sottostanno alla legge della costanza e dell'entropia? Se fino a non molto tempo fa si conoscevano due leggi costanti: quella della conservazione della massa e quella della conservazione dell'energia, le più recenti indagini hanno provato con fatti e argomenti sempre più convincenti che ogni massa è equivalente a una determinata quantità d'energia e viceversa. Quindi le due antiche leggi di conservazione sono a rigore applicazioni speciali di una legge superiore più generale, la quale dice : in un sistema chiuso, nonostante tutti i cambiamenti, anche dove si trova una notevole trasformazione di massa in energia o viceversa, la somma di ambedue resta costante. Questa superiore legge di costanza è una delle chiavi, di cui oggi si serve il fisico dell'atomo per penetrare nei misteri del nucleo atomico.
Un tale sistema scientifico riccamente connesso e ben organizzato del macrocosmo contiene fuori d'ogni dubbio molte leggi statistiche, le quali però, considerata la moltitudine degli elementi, atomi, molecole, elettroni, fotoni, ecc., non sono per sicurezza ed esattezza notevolmente da meno delle leggi strettamente dinamiche. In ogni caso esse sono fondate e quasi ancorate in leggi rigidamente dinamiche del microcosmo, sebbene la conoscenza delle leggi microcosmiche ci sia nei particolari ancora quasi del tutto nascosta, per quanti sforzi poderosi le nuove ardite indagini abbiano fatti per penetrare nell'attività misteriosa dell'interno dell'atomo. Di mano in mano potranno cadere questi veli : scomparirà allora il carattere apparentemente non causale dei fenomeni microcosmici : un nuovo meraviglioso regno dell'ordine, dell'ordine anche nelle particelle minime, sarà scoperto.
E veramente sorprendenti ci si presentano questi intimi processi della investigazione dell'atomo, non solo perché aprono dinanzi al nostro sguardo la cognizione di un mondo dianzi sconosciuto, la cui ricchezza, molteplicità e regolarità sembrano in qualche modo gareggiare con le sublimi grandezze del firmamento, ma anche per gli effetti imprevidibilmente grandiosi che la tecnica stessa ne può attendere. A questo riguardo non possiamo astenerCi dal far menzione di un mirabile fenomeno, del quale il Nestore della fisica teorica, Max Planck, Nostro Accademico, ha scritto in un suo recente articolo « Sinn und Grenzen der exakten Wissenschaft » (in Europäische Revue, Februar 1942). Le singolari trasformazioni dell'atomo hanno per lunghi anni occupato soltanto gli scrutatori della scienza pura. Senza dubbio era sorprendente la grandezza della energia che talvolta vi si sviluppava; ma poiché gli atomi sono estremamente piccoli, non si pensava seriamente che potessero mai acquistare una importanza anche per la pratica. Oggi invece tale questione ha preso un aspetto inatteso in seguito ai risultati della radioattività artificiale. Si è infatti stabilito che nella disgregazione, che un atomo di uranio soffre, se è bombardato da un neutrone, si rendono liberi due o tre neutroni, ognuno dei quali si lancia da solo e può incontrare e frantumare un altro atomo di uranio. In tal modo si moltiplicano gli effetti, e può accadere che l'urto continuamente crescente dei neutroni su atomi di uranio faccia aumentare in breve tempo il numero dei neutroni divenuti liberi, e proporzionalmente la somma di energia che da essi si sviluppa, fino ad una misura del tutto enorme e appena immaginabile. Da un calcolo speciale è risultato che in tal guisa in un metro cubo di polvere di ossido di uranio in meno di un centesimo di secondo si svolge un'energia sufficiente a sollevare per 27 chilometri un peso di un miliardo di tonnellate:una somma di energia che potrebbe sostituire per molti anni l'azione di tutte le grandi centrali elettriche di tutto il mondo. Il Planck termina con l'osservare che, sebbene non si possa ancora pensare a mettere tecnicamente a profitto un così tempestoso processo, tuttavia esso spiana il cammino a serie possibilità, di maniera che il pensiero della costruzione di una macchina di uranio non può essere stimato come una mera utopia. Soprattutto però sarebbe importante che non si lasciasse effettuare tale processo a modo di esplosione, ma che se ne frenasse il corso con adatti e vigili mezzi chimici. Altrimenti ne potrebbe seguire non solo nel luogo stesso, ma anche per l'intiero nostro pianeta, una pericolosa catastrofe.
b) nelle sfere della vita vegetativa e sensitiva
Se ora dagli sterminati campi dell'inorganico ci solleviamo nelle sfere della vita vegetativa e sensitiva, vi ritroviamo un nuovo mondo di leggi nella proprietà, nella moltitudine, nella varietà, nella bellezza, nell'ordine, nella qualità e nell'utilità delle nature che empiono l'orbe terraqueo. Accanto a molte leggi del mondo inorganico, noi rinveniamo altresì leggi specificamente superiori, leggi proprie della vita, che non possono ricondursi a quelle puramente fisico-chimiche, a quel modo che torna impossibile considerare gli esseri viventi al pari di mere somme di componenti fisico-chimici. È un nuovo meraviglioso orizzonte che la natura ci presenta; e Ci basti solo come esempi ricordare: le leggi dello sviluppo degli organismi, le leggi delle sensazioni esterne e interne, e sopra ogni cosa la fondamentale legge psico-fisica. Anche la vita superiore spirituale è regolata da leggi di natura, per lo più così qualificate che il definirle con precisione si fa tanto più difficoltoso, quanto più in alto stanno nell'ordine dell'essere.
REALTÀ OBBIETTIVA DELLA CONOSCENZA
Questo mirabile e ordinato sistema di leggi qualitative e quantitative, particolari e generali, del macrocosmo e del microcosmo oggi sta innanzi agli occhi dello scienziato nel suo intreccio in buona parte svelato e scoperto. E perché lo diciamo scoperto? Perché non è proiettato né costruito da noi nella natura, mercè una pretesa innata forma soggettiva della conoscenza o dell'intelletto umano, ovvero artefatto a vantaggio e uso di una tale economia di pensiero e di studio, per rendere cioè la nostra cognizione delle cose più agevole; e neppure è il frutto o la conclusione di intese o convenzioni di sapienti investigatori della natura. Le leggi naturali esistono, per così dire, incarnate e occultamente operanti nell'intimo della natura, e noi con l'osservazione e con l'esperimento le cerchiamo e scopriamo.
Non dite che la materia non è una realtà, ma una astrazione foggiata dalla fisica, che la natura è in sé inconoscibile, che il nostro mondo sensibile è un altro mondo a sé, dove il fenomeno, ch'è apparenza del mondo esteriore, ci fa sognare la realtà delle cose che occulta. No : la natura è realtà, e realtà conoscibile. Se le cose appaiono e sono mute, hanno però un linguaggio che parla a noi, che esce dal loro seno, come l'acqua da una fonte perenne. Il loro linguaggio è la loro causalità che arriva ai nostri sensi con la vista dei colori e del moto, col suono dei metalli, dei turbini e degli animali, con la dolcezza e l'amarezza del miele e del fiele, col profumo dei fiori, con la durezza, il peso e il calore della loro materia, "imprimendo in noi una immagine o similitudine, che è mezzo al nostro intelletto per ricondurci alla realtà delle cose. Onde voi non parlate già della immagine o similitudine del nostro intelletto, ma bensì delle cose stesse; e sapete distinguere il fenomeno del vostro mondo sensibile dalla sostanza delle cose, l'apparenza dell'oro dall'oro stesso, come l'apparenza del pane dal pane medesimo, della cui sostanza vi fate cibo per assimilarla e immedesimarla con la sostanza del vostro corpo. Il moto delle cose verso di noi causa in noi una similitudine; senza similitudine non può esservi conformità del nostro intelletto con le cose reali, e senza similitudine torna impossibile la cognizione; e noi non possiamo dir vera una cosa alcuna se non ha una qualche adeguazione al nostro intelletto. Le cose, donde la mente nostra prende la scienza, misurano la nostra mente e le leggi che noi in esse ritroviamo e ne ricaviamo, ma sono misurate da quell'eterno intelletto divino, nel quale sono tutte le cose create, come nella mente dell'artefice è ogni opera dell'arte sua (cfr. S. Thomas Aquin. de Veritate q. I a. 2). Che fa la mano e l'ingegno dello scienziato? Le scopre e le svela, le distingue e le classifica, non come colui che segue uccelli volanti, ma come chi ne è in possesso, e ne ricerca la natura e le proprietà intrinseche. Quando Lothar Meyer e Mendelejew nel 1869 ordinarono gli elementi chimici in quel semplice schema oggi indicato come il sistema naturale degli elementi, erano profondamente convinti di aver trovato un ordinamento regolare, fondato sulle loro proprietà e tendenze interne, una classificazione suggerita dalla natura, il cui progressivo svolgimento prometteva le più penetranti scoperte sopra la costituzione e l'essere della materia. Di fatto da quel punto prese le mosse l'investigazione atomica moderna. Al tempo della scoperta la cosiddetta economia mentale non veniva in considerazione, poiché quel primitivo schema mostrava ancora molte lacune; né poteva trattarsi di convenzione, poiché le qualità della materia stessa imponevano tale ordinamento. Questo è solo un esempio tra i molti, donde i più geniali scienziati del passato e del presente sono venuti nella nobile persuasione di essere gli araldi di una verità, identica e la medesima per tutti i popoli e le stirpi che calcano il suolo del globo e guardano il cielo; una verità, poggiante nella sua essenza su una adaequatio rei et intellectus, che altro non è se non l'acquisita conformità, più o meno perfetta, più o meno compiuta, del nostro intelletto alla realtà obbiettiva delle cose naturali, in che consiste la verità del nostro sapere.
CONFUTAZIONE DEL FENOMENISMO
Ma non prendete abbaglio, come quei filosofi e scienziati i quali stimarono che le nostre facoltà conoscitive non conoscono se non le proprie mutazioni e sensazioni, sicché furono tratti a dire che il nostro intelletto arriverebbe ad avere la scienza solo delle similitudini ricevute dalle cose, e perciò solo le immagini delle cose, e non già le cose stesse, sarebbero l'oggetto della nostra scienza e delle leggi che formuliamo rispetto alla natura. Manifesto errore! Non sono forse le medesime cose, e quelle che voi intendete, e quelle di cui parla, ragiona e discute la vostra scienza? Parliamo Noi a voi stessi, o alle immagini che si formano nel Nostro occhio dal vedervi qui presenti? Se dunque ciò che voi intendete e conoscete fossero solo le immagini delle vostre sensazioni, ne seguirebbe che tutte le vostre scienze fisiche, dalle stelle all'atomo, dal sole alla lampada elettrica, dai minerali ai cedri del Libano, dai microbi all'uomo e ai farmachi per i suoi morbi, non tratterebbero delle cose che sono fuori dell'anima vostra, ma soltanto di quelle similitudini intelligibili che anche sognando contemplate dentro l'anima vostra. La scienza, che esalta un Copernico e un Galileo, un Kepler e un Newton, un Volta e un Marconi, e altri famosi e benemeriti investigatori del mondo fisico che ci circonda esterno, sarebbe un bel sogno di mente sveglia; un bel fantasma del sapere fisico; l'apparenza sostituirebbe la realtà e la verità delle cose; e altrettanto vero sarebbe l'asserire quanto il negare una stessa cosa. No; la scienza non è dei sogni né delle similitudini delle cose: ma delle cose stesse attraverso il mezzo delle immagini che da loro raccogliamo, perché, come dopo Aristotele insegnò l'Angelico Dottore, la pietra non può essere nell'anima nostra, sì bene la immagine o figura della pietra, che simile a sé essa produce nei nostri sensi e poi nel nostro intelletto, affinché per tale somiglianza possa essere e sia nell'anima nostra e nel nostro studio e ci faccia ritornare a lei, riconducendoci alla realtà (cfr. S. Th. i p. q. 76 a. 2 ad 4). Anche le recenti indagini della psicologia sperimentale attestano, o meglio confermano, che queste similitudini non sono mero prodotto di un'attività soggettiva autonoma, ma reazioni psichiche a stimoli indipendenti dal soggetto, provenienti dalle cose stesse; reazioni conformi alle diverse qualità e proprietà delle cose, e che variano col variare dello stimolo.
Le immagini dunque, che le cose naturali o per via della luce e del calore, o per via del suono, del sapore e dell'odore o in altro modo, imprimono negli organi dei nostri sensi e attraverso i sensi interni arrivano al nostra intelletto, non sono che lo strumento fornitoci dalla natura, nostra prima maestra del sapere, per farsi conoscere da noi; ma non è men vero che noi possiamo esaminare, studiare, indagare un tale strumento e riflettere su queste immagini e su quanto esse ci presentano della natura e sulla via per la quale si fanno nostre fonti di cognizioni nel mondo che ci attornia. Dall'atto, con cui il nostro intelletto intende la pietra, noi passiamo all'atto d'intendere come l'intelletto nostro intende la pietra; atto che seconda il primo, perché l'uomo, nascendo senza idee innate e senza i sogni di una vita anteriore, entra vergine d'immagini e di scienza nel mondo, nato fatto — come già abbiamo ricordato — ad « apprendere solo da sensato ciò che fa poscia d'intelletto degno ».
CONCLUSIONE
Ammirate, o investigatori della natura e delle leggi che la governano, al centro dell'universo materiale la grandezza dell'uomo, al cui primo incontro con la luce, da lui salutata con gemito infantile, Iddio tiene aperto il teatro della terra e del firmamento con tutte le meraviglie che lo incantano e attirano i suoi occhi innocenti! Questo teatro che mai è se non il fondamentale e primo oggetto di ogni cognizione umana, la quale di lì s'inizia con mille e mille immagini che la maestra natura versa e riversa nell'avidità dei nostri sensi? Voi stupite in voi stessi; voi scrutate i vostri atti interiori, vi ripiegate in voi a cercarne le fonti, e le rinvenite in quei sensi interni, in quelle potenze e facoltà, che fate oggetto di una nuova scienza di voi stessi, dell'intima vostra natura razionale, del vostro senso, del vostro intelletto e della vostra volontà. Ecco la scienza dell'uomo e delle sue leggi corporee e psichiche; ecco l'anatomia, la fisiologia, la medicina, la psicologia, l'etica, la politica e quella somma di scienze, la quale, anche in mezzo ai suoi errori, è un inno a Dio che, plasmando l'uomo, gl'ispirò uno spirito di vita, superiore a quella degli altri esseri viventi, fatto a immagine e a similitudine sua. Il macrocosmo estrinseco materiale così dice di sé una gran parola al microcosmo intrinseco spirituale: l'uno e l'altro nella loro forza operosa sono sovranamente regolati dall'Autore delle leggi della materia e dello spirito, delle quali, come del supremo governo di Dio nel mondo, per non trattenere troppo a lungo la vostra attenzione, Ci riserbiamo di discorrere, se così piacerà al Signore, in altra occasione; ma i mutamenti dello spirito, che ascolta la voce e le meraviglie dell'universo, talora sono terribili, talora gli danno le vertigini, talora lo esaltano e gli fanno dar passi anche nel cammino della scienza più giganteschi dei moti regolari dei pianeti e delle costellazioni dei cieli, fino a sublimarlo dal mondo fisico materiale del suo studio al mondo spirituale oltre il creato per lodare « l'Amor che muove il Sole e l'altre stelle ».
Questo amore, che ha creato, muove e governa l'universo, governa e regge anche la storia e il progresso della intiera umanità, e tutto dirige a un fine, occulto nella caligine degli anni al nostro pensiero, ma da lui fissato ab eterno per quella gloria che di lui narrano i cieli ed egli aspetta dall'amore dell'uomo, al quale ha concesso di riempire la terra e assoggettarla col suo lavoro. Possa questo amore commuovere e volgere il desiderio e la buona volontà dei potenti e di tutti gli uomini per affratellarsi, per operare nella pace e nella giustizia, per infiammarsi al fuoco della immensa e benefica carità di Dio, e cessar dall'inondare di sangue e seminare di rovine e di pianti questa terra, dove tutti, sotto qualunque cielo, siamo posti a militare, come figli di Dio, per una vita eternamente felice!
*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, IV,
Quarto anno di Pontificato, 2 marzo 1942 - 1° marzo 1943, pp. 383-395
Tipografia Poliglotta Vaticana
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