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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO DI POLITICA
DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI
*

Sala del Concistoro - Domenica, 7 marzo 1948

 

Il desiderio da voi espresso di essere da Noi ricevuti e di ascoltare una Nostra parola Ci è tornato di vivo gradimento, illustri membri del « Convegno di politica degli scambi internazionali », perchè è una chiara testimonianza dell'alta idea che voi avete dell'oggetto assegnato ai vostri lavori e alle vostre deliberazioni. Ciò che voi attendete da Noi, non sono certamente consigli di ordine puramente tecnico, che la vostra competenza renderebbe superflui, ma piuttosto alcune considerazioni sull'aspetto morale dei problemi che occupano la vostra mente.

Niuno meglio di voi è in grado di conoscere e di valutare il contrasto fra il disordine che, già da tempo e in molti paesi, regna nel campo degli scambi economici, e la legge di ordine e di armonia che Iddio ha impressa in seno a tutta la creazione. I beni, il cui scambio dovrebbe servire a stabilire e mantenere l'equilibrio economico fra le Nazioni, sono divenuti oggetto di speculazione politica, e non solo i beni materiali, ma pur troppo anche l'uomo, abbassato in tanti casi al grado di un articolo di sfruttamento. E noi spesso assistiamo sventuratamente al giuoco di una politica, la quale non è che una corsa al potere e alla egemonia. Quel che, oltre a ciò, esiste di relazioni economiche fra i popoli, sovente non è più. a parlare propriamente, uno scambio, il cui flusso e riflusso apporterebbe dappertutto il benessere, ma piuttosto un afflusso di beni che, messo in movimento dalla carità cristiana o da una più o meno disinteressata benevolenza, va unilateralmente ai popoli bisognosi. Nonostante questi nobili sforzi, siamo dunque ancora ben lontani da uno stato di cose normale, in cui gli scambi internazionali sono, al tempo stesso, il necessario complemento delle singole economie nazionali e il segno visibile della loro floridezza. L'Italia non si trova qui pur troppo in miglior condizione di altre Nazioni, sebbene si debba volentieri riconoscere che essa ha fatto in breve tempo già molto nel campo dell'industria, dell'agricoltura, del commercio e dei servizi ferroviari, per sanare una condizione di cose, che appariva sul principio disastrosa. Perciò Ci sta a cuore di dimostrarvi quanto Noi apprezziamo le difficoltà e l'importanza dell'opera vostra.

Queste difficoltà non sarebbero così gravi, nè la loro soluzione così ardua; se non vi si aggiungesse la incertezza e la contrastante discordanza delle idee direttive. Gli uni propongono un ritorno all'economia mondiale, quale si aveva nel secolo scorso; gli altri sostengono l'unione regionale, ossia interstatale, di singole economie. Gli uni attendono la prosperità di tutti i popoli dal ristabilimento del meccanismo del mercato libero in tutto il mondo; gli altri invece non sperano più nulla da un tale automatismo e richiedono una direzione e un impulso centrale di tutta la vita economica, comprese le forze di lavoro dell'uomo.

Non è Nostra intenzione di entrare nell'esame del lato pratico di questi problemi e della loro soluzione. Noi vorremmo soltanto attirare la vostra attenzione sul fatto che l'accennata diametrale diversità delle opinioni ha radici e cause più profonde che non la semplice considerazione della realtà presente della economia. E quelle cause sono, da una parte, una deplorevole mancanza di riflessione, che porta a contentarsi di un facile e superficiale empirismo; dall'altra, una vera e intrinseca discrepanza delle idee sul punto di sapere che cosa è e deve essere l'economia sociale, e come l'uomo deve riguardarla e trattarla. Qui precisamente i principi cristiani della vita sociale devono dire la loro parola, e parola definitiva, se gli uomini vogliono veramente essere cristiani e mostrarsi tali in tutto il loro operare.

Ci restringeremo pertanto a mettere in rilievo alcuni concetti fondamentali:

1°) Chi dice vita economica, dice vita sociale. Lo scopo, a cui essa tende per la sua stessa natura, e a cui gl'individui sono egualmente obbligati di servire nelle diverse forme della loro attività, è di mettere, in una maniera stabile, alla portata di tutti i membri della società le condizioni materiali richieste per l'incremento della loro vita culturale e spirituale. Qui dunque non è possibile di ottenere alcun risultato senza un ordine esteriore, senza norme sociali, che mirino al durevole conseguimento di quel fine, e il ricorso ad un magico automatismo è una chimera non meno vana per la vita economica che in ogni altro campo della vita in generale.

2°) La vita economica, vita sociale, è vita di uomini, e quindi non può concepirsi senza libertà. Ma questa libertà non può essere nè l'affascinante ma ingannevole formula di cento anni or sono, cioè di una libertà, puramente negativa, dalla volontà regolatrice dello Stato; e nemmeno la pseudo-libertà dei giorni nostri, di sottomettersi al comando di gigantesche organizzazioni. La genuina e sana libertà non può essere che la libertà di uomini, i quali, sentendosi solidalmente legati allo scopo oggettivo della economia sociale, sono in diritto di esigere che l'ordinamento sociale della economia, lungi dal portare il minimo attentato contro la loro libertà nella scelta dei mezzi a quello scopo, la garantisca e la protegga. Ciò vale al medesimo titolo, sia che si tratti di lavoro indipendente o dipendente, perchè, riguardo al fine della economia sociale, ogni membro produttore è soggetto e non oggetto della vita economica.

3°) La economia nazionale, in quanto economia di un popolo incorporato nella unità dello Stato, è essa stessa una unità naturale, che richiede lo sviluppo il più possibile armonico di tutti i suoi mezzi di produzione nell'intero territorio abitato dal popolo stesso. Per conseguenza, i rapporti economici internazionali hanno una funzione bensì positiva e necessaria, ma soltanto sussidiaria. Il rovesciamento di questo rapporto è stato uno dei grandi errori del passato, di cui la condizione, forzatamente subìta oggi da un buon numero di popoli, potrebbe facilmente favorire il ritorno. In tali congiunture, sarebbe forse conveniente di esaminare, se una unione regionale di più economie nazionali renderebbe possibile di sviluppare, più efficacemente di prima, le forze particolari di produzione.

4°) Ma soprattutto è necessario che la vittoria sul funesto principio della utilità come base e regola del diritto, la vittoria su quei germi di conflitto che consistono in discrepanze troppo stridenti, e talvolta fissate con la coazione, nel campo della economia mondiale, la vittoria sullo spirito di freddo egoismo, apportino quella sincera solidarietà giuridica ed economica, che è la collaborazione fraterna, secondo i precetti della legge divina, fra i popoli, fatti sicuri dalla loro autonomia e della loro indipendenza. La fede in Cristo e la osservanza dei suoi comandamenti di amore potranno sole condurre a così benefica e salutare vittoria !

Tali sono alcuni principi fondamentali, che Ci è sembrato opportuno di esporvi. Noi vorremmo omettere di parlare della fatale incoerenza di coloro che, pur pretendendo per le proprie merci il libero traffico mondiale, negano all'individuo questa libertà naturale. Parimente vorremmo astenerCi dal qualificare la condotta pratica di alcuni fautori del diritto di proprietà privata, i quali, con la loro maniera d'interpretare l'uso e il rispetto della proprietà medesima, riescono, meglio che i suoi avversari. a scuotere questa istituzione così naturale e indispensabile alla vita della umanità, e principalmente della famiglia.

Ci basti ora di concludere le Nostre parole col voto : che nelle scuole professionali, come anche nelle Università, siano debitamente inculcati questi principi della vita economica sociale. L'urgenza di superare Io spirito materialistico del nostro tempo, anche nel campo economico, lo esige. Nella misura in cui voi contribuirete a far germogliare e fruttificare nella intelligenza della gioventù e con ciò stesso in quella delle future generazioni, questo senso spirituale e sociale, anche in materia economica, voi coopererete potentemente al progresso della vostra cara Patria nella stima e nell'amore del lavoro, nella collaborazione fiduciosa di tutti i suoi figli, col reintegramento della sua economia nella vita economica internazionale. Tale è, crediamo, il vostro ideale. Noi preghiamo Dio di aiutarvi con la sua grazia ad effettuarlo.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, X,
 Decimo anno di Pontificato, 2 marzo 1948- 1° marzo 1949, pp. 11-14
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 



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