ALLE «MISSIONARIE DELLA REGALITÀ DI CRISTO»*
Aula della Benedizione - Mercoledì, 3 agosto 1949
Il bilancio di una storia di trent'anni: ecco quel che siete venute oggi a portarCi, dilette figlie; trent'anni di vicissitudini, di lavori, di santificazione. Su questa storia — e su voi stesse che la rappresentate, — il Nostro spirito e il Nostro cuore si soffermano con compiacenza, perchè essa è più che una di quelle belle cronache di famiglia, smaltate di ricordi e di vicende che si rammentano con fierezza e con amore. Essa dà, nonostante le sue vicissitudini, o piuttosto anche a causa di queste, una lezione, una grande lezione di portata permanente e universale.
Oltre all'esempio, già così consolante, di una intensa vita spirituale e apostolica, la vostra storia offre quello di trenta anni di filiale sottomissione alle esortazioni e ai voleri della Chiesa e dei suoi rappresentanti, di fedele perseveranza nel cammino verso il fine da voi inteso; sottomissione e perseveranza ricompensate l'una e l'altra con un trionfo più splendido di quel che avrebbe potuto sperarsi, nell'attuazione, giorno per giorno, dei più santi desideri e delle più generose aspirazioni.
Veramente voi potete ben cantare col Salmista: « Dominus pascit me: . . . deducit me per semitas rectas propter nomen suum. Etsi incedam in valle tenebrosa, non timebo mala, quia tu mecum es » (Ps. 22, I. 3-4): « Il Signore mi pasce: . . . mi guida per retti sentieri per amore del suo nome. Ancorchè io cammini in una oscura valle, non temerò alcun male, perchè tu sei meco ». A ciascuno dei suoi passi, il vostro Istituto si vedeva favorito, incoraggiato, però con qualche limitazione o con qualche riserva, che avrebbero potuto sembrare intralciarne la via. Ma, nonostante queste apparenti contrarietà, la vostra opera, l'opera di Dio in voi e per voi, avanzava con un andamento fermo e sicuro. Le delusioni non potevano mancare, è vero; tuttavia, invece di essere, come troppo spesso accade, occasioni di scoraggiamento, furono per voi ispiratrici di nuovo fervore e di schietta obbedienza, senza cruccio come senza esitazione.
Donde veniva questo mirifico e raro sentire e operare, se non dalla sincerità e dal disinteresse dei vostri desideri, liberi da ogni attaccamento al proprio giudizio e a propositi personali ed umani?
Ed ecco che la vostra virtù e la vostra generosità sono state riconosciute dalla Chiesa in una maniera che ha superato la vostra aspettazione, inserendovi giuridicamente nella sua vita e lasciandovi vivere nel mondo senza essere del mondo. Non è precisamente il voto che Gesù esprimeva per i suoi Apostoli nella sua preghiera suprema? Voi siete consacrate a Dio, reclutate per il servizio di Cristo; il patto è suggellato. Iddio lo sa, la Chiesa lo sa, anche voi lo sapete. Il mondo non sa; ma esso sente i benefici effetti che s'irradiano dalla sostanza cristiana del vostro essere e del vostro apostolato. Voi siete molte e la vostra vocazione è di essere il sale e il profumo della terra, il lievito nella farina (cfr. Matth. 13, 33), la luce del mondo.
Voi siete in primo luogo il fermento delle classi, alle quali, per la vostra nascita, per la vostra educazione, per la vostra vita fin dall'infanzia, appartenete e da cui non vi siete separate: le relazioni di famiglia, di amicizia, di professione, rimangono le stesse e, se si avesse a manifestare' in voi qualche indefinibile e quasi impercettibile cambiamento, esso non sarebbe che più luce nei vostri occhi, più sorriso sulle vostre labbra, più grazia nelle vostre maniere, più delicatezza nella vostra bontà, più discrezione nel sacrificio, nel dono e nell'oblio di voi stesse. Voi eserciterete così una vera e irresistibile attrattiva su coloro che vi circondano, e questo o quella, subendo senz'accorgersene il vostro salutifero influsso, prenderanno il tono e lo spirito che convengono al loro posto.
Voi siete altresì il fermento nei gruppi amici, fra i quali si svolge la vostra attività e la vostra dedizione; gruppi eccellenti, ricchi di zelo, ma ove facilmente potrebbe insinuarsi, e talvolta s'insinua, un lievito meno salutare, qualche leggiera dose di amor proprio, d'interesse personale, di esuberanza troppo umana; ove il felice successo, tangibile e incontestabile, della ingegnosità e della industria naturale vela alquanto il valore dei mezzi soprannaturali; ove il giovanile e legittimo entusiasmo per l'opera farebbe quasi perdere di vista Colui al cui servizio essa è destinata.
Voi siete infine il fermento per tutto quel complesso di persone e di cose, in mezzo al quale adempite il vostro ufficio quotidiano. E qui, dilette figlie, si aprono al vostro sguardo ampie visioni di opere e di cimenti. Quale infaticabile azione voi manifestate già nell'ambito della scuola e della educazione, nel mondo degli impiegati, nelle libere professioni e nei pubblici uffici, nel campo della sanità e della carità! È forse poca cosa l'essere in quel laboratorio, in quell'amministrazione, dietro a quella cassa, su quella cattedra d'insegnamento, colei che ispira rispetto e fiducia, che risana e talvolta anche eleva quanto la circonda, colei presso la quale i timidi e i pusillanimi vengono ad attingere coraggio e ardire per difendersi e per lottare, colei che compensa con la sua virtù e col suo amore le offese che, intorno a lei, riceve, quasi in ogni istante, la maestà e la bontà di Dio?
Tuttavia il vostro influsso si estende più vasto e profondo nei fecondi spazi apostolici dell'Azione cattolica. Là è senza dubbio anche la vostra più grave responsabilità, ma una responsabilità che nella consapevolezza di sè stessa mantiene fiammeggiante il fuoco della vostra prima dedizione a Cristo e alla Chiesa.
Voi avete acceso questo fuoco alla vampa dell'amore di Cristo, che ardeva nell'incomparabile Santo di Assisi. Instantemente perciò vi preghiamo e vi esortiamo, dilette figlie, affinchè ciò che i discepoli e le discepole del Serafico Patriarca fecero nel secolo decimoterzo, facciate ora anche voi, in circostanze bensì del tutto diverse, ma col medesimo spirito.
Adoperatevi — ognuna di voi nella propria cerchia e nel proprio modo — affinchè gli uomini considerino e approfondiscano seriamente la loro fede cattolica, come realtà supremamente viva, più viva dello splendore e del fascino di tutta la coltura terrena.
Portate nel mondo lo spirito di cristiana semplicità e abnegazione, a imitazione di Francesco che, cavaliere amante della povertà di Cristo, nudo eroe fra i famelici dell'oro, padre degli amici del popolo, fu messaggero di conciliazione e di pace.
Aprite i cuori, rendeteli capaci di assorbire in sè i torrenti dell'amore di Gesù. È il vostro ufficio, « Missionarie della Regalità di Cristo »!
Questo vostro nome non condensa forse tutto il programma del vostro avvenire, come riepiloga tutta la storia del vostro passato? Andate dunque, dilette figlie, come sciame di api industriose disperse a nuova raccolta di dolci tesori; il campo, che si schiude dinanzi a voi per la diffusione del Regno di Cristo, è indefinitamente largo e vario; e voi, unite in una medesima fede, speranza e amore, e in un medesimo zelo, siete sicure delle più abbondanti grazie del Cielo, in pegno delle quali v'impartiamo con effusione di cuore la Nostra paterna Apostolica Benedizione.
*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XI,
Undecimo anno di Pontificato, 2 marzo 1949 - 1° marzo 1950, pp. 167 - 170
Tipografia Poliglotta Vaticana
Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana