AL PATRIZIATO E ALLA NOBILTÀ ROMANA*
Giovedì, 12 gennaio1949
Se Noi, diletti figli e figlie, conformandoCi all'esempio dei Nostri Predecessori, siamo soliti di accogliervi al principio del nuovo Anno per ricevere e ricambiare i vostri buoni auguri, l'animo Nostro, lungi dall'obbedire a considerazioni o preferenze mondane, è mosso da motivi di onore e di fedeltà. Noi salutiamo in voi i discendenti e i rappresentanti di famiglie, che si segnalarono già nel servizio della Santa Sede e del Vicario di Cristo e rimasero fedeli al Pontificato Romano, anche quando questo era esposto ad oltraggi e a persecuzioni. Senza dubbio, nel corso del tempo l'ordine sociale ha potuto evolversi e il suo centro spostarsi; i pubblici uffici, che una volta erano riservati alla vostra classe, possono ora essere attribuiti ed esercitati sopra una base di eguaglianza; tuttavia ad un tale attestato di riconoscente memoria — che deve altresì valere d 'impulso per l'avvenire — anche l'uomo moderno, se vuol essere di retti ed ed equanimi sentimenti, non può negare comprensione e rispetto.
Voi vi trovate oggi adunati intorno a Noi all'aurora dell'anno che segna la divisione fra le due parti del secolo ventesimo, anno giubilare, inaugurato con l'apertura della Porta Santa. Considerata in se stessa, la cerimonia religiosa dei tre colpi di martello battuti al centro della Porta, ha un valore simbolico; è il simbolo dell'apertura del gran Perdono. Come spiegare dunque la viva impressione che essa ha suscitata non solo nei figli devoti della Chiesa, i quali sono in grado di penetrarne l'intimo senso, ma anche in molti altri che le sono estranei e che non sembrerebbero sensibili se non a ciò che si tocca, si misura e si traduce in cifre? Vi si deve forse ravvisare come il presentimento e l'attesa di un nuovo mezzo secolo meno gravato da amarezze e da delusioni? Il sintomo di un bisogno di purificazione e di riparazione, la brama di riconciliazione e di pace fra gli uomini, che la guerra e le lotte sociali hanno così disuniti fra di loro? Come dunque potremmo non vedere, con umile e cristiana fiducia, in questo così salutare inizio del gran Giubileo il dito di Dio?
La potenza di benedizione, che l'Anno Santo è chiamato ad irradiare sulla umanità, dipenderà in buona parte dalla più larga cooperazione che i cattolici vi apporteranno, soprattutto con la preghiera e l'espiazione. Ma a tale riguardo i fedeli di Roma hanno certamente speciali doveri e responsabilità: il loro modo di comportarsi, il loro costume di vita, saranno in quest'anno più particolarmente sotto lo sguardo della Chiesa universale, rappresentata dalla moltitudine dei pellegrini che da tutte le parti del mondo affluiranno nell'Urbe. A voi stessi, diletti figli e figlie, non mancheranno le occasioni di precedere gli altri e di trarli dietro di voi col buon esempio : esempio di fervore nella preghiera, di semplicità cristiana nel tenore di vita, di rinunzia alle comodità e ai piaceri, di vero spirito di penitenza, di ospitalità cordiale, di zelo nelle opere di bontà in favore degli umili, dei sofferenti e dei poveri, di fortezza intrepida nella difesa della causa di Dio.
Inoltre il ceto, a cui voi appartenete, vi mette più facilmente e più di frequente a contatto con personaggi autorevoli di altri Paesi. Abbiate a cuore, in tali circostanze, di promuovere il ravvicinamento e la pace fra gli uomini e fra le Nazioni. Possa la faccia della terra, alla fine dell'Anno Santo, risplendere più serena nella tranquillità e nella fraterna concordia!
Con tale augurio impartiamo di tutto cuore a voi e alle vostre famiglie, in particolar modo ai lontani, ai malati, la Nostra paterna Apostolica Benedizione.
*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XI,
Undecimo anno di Pontificato, 2 marzo 1949 - 1° marzo 1950, pp. 357 - 358
Tipografia Poliglotta Vaticana
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