AD UN GRUPPO DI IMPIEGATI DELLA BANCA D'ITALIA
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Aula della Benedizione - Martedì, 25 aprile 1950
Ci torna particolarmente gradito di vedere oggi, qui riuniti, dirigenti, impiegati e operai della Banca d'Italia. La vostra venuta, diletti figli e figlie, acquista una speciale impronta dal fatto che essa ha luogo nella luce dell'Anno Santo. Un tale pensiero deve dare maggior efficacia e forza ai salutari impulsi e agli opportuni propositi, che il Signore ha certamente ispirati a ciascuna delle vostre anime durante gli Esercizi spirituali che avete compiuti in preparazione alla Santa Pasqua. Esso inoltre vi disporrà sempre meglio a considerare il vostro lavoro non in senso puramente materialistico, ma secondo la sua vera dignità e il suo profondo valore.
Il lavoro professionale è per i Cristiani un servire Dio. Sia pure per altri soltanto un peso, che si sfugge quanto più è possibile, ovvero un fine a sè stesso, un idolo, di cui l'uomo si fa schiavo. Per voi no. Anche se il lavoro professionale divenisse con l'andare del tempo monotono, o se, in obbedienza alla legge di Dio, gravasse come una fatica molesta e un oneroso fardello, esso nondimeno rimarrebbe sempre per voi cristiani soprattutto uno dei mezzi più importanti di santificazione, uno dei modi più efficaci per uniformarvi alla volontà divina e meritare il cielo.
Nessun cristiano può vedere il lavoro diversamente. Perciò vi è oggi tanto malcontento, tanta inconsideratezza, tanta indifferenza, perchè non si ha più la vera e chiara idea del valore cristiano del lavoro, o almeno essa non è più così viva negli animi. Il lavoro deve dare all'uomo e alla sua famiglia il sufficiente pane quotidiano. E questo non è qualche cosa che viene ad aggiungersi estrinsecamente, ma è intrinsecamente proprio del lavoro stesso professionale secondo il disegno divino. Si può dunque immaginare un più forte stimolo ad un retto ordinamento della vita giornaliera, di questa cristiana concezione del lavoro?
Il lavoro deve inoltre servire al bene generale, deve attestare il senso di responsabilità di ognuno per il vantaggio di tutti. Chi potrebbe trascurare questo lato in un Istituto come la Banca d'Italia? Coscienziosità, onestà, esattezza: queste qualità di ogni buon lavoro sono tanto più inseparabili dal lavoro inteso come servizio di Dio, e divengono in tal modo fruttuose per il benessere della comunità. E come potrebbe un'amministrazione, qual è anche la vostra, essere una vera comunanza, e non soltanto una semplice coesistenza di persone, se non in quanto tutti, dal primo all'ultimo, sono consapevoli di lavorare con cristiana fedeltà per il bene di tutti i membri del popolo?
Non vi meravigliate, diletti figli, se Noi insistiamo su questo aspetto sociale della vostra professione, il quale deve indurvi a stimarla, ad amarla, ad esercitarla con assiduità e coscienza.
Nel santo Vangelo il divino Maestro non condanna le ricchezze giustamente acquisite; Egli loda o riprova la condotta, retta od iniqua, dell'uomo verso di esse. Guai a chi si fa loro schiavo, perchè non si può servire a due padroni (cfr. Luc. 16, 13). Guai a chi, da esse illuso, soffoca nel suo cuore il seme della parola divina (cfr. Matth. 13, 22). Guai a chi in esse confida, senza curarsi del conto che deve renderne a Dio (cfr. Luc. 12, 2o). Guai al cattivo ricco, il quale non vive che per godere, senza rivolgere uno sguardo di pietà al povero Lazzaro, che, pieno di piaghe, giace dinanzi alla sua porta (cfr. Luc. 16, 10). Sì, guai a tutti questi, ma lode e ricompensa al servo buono e fedele, che ha fatto fruttare i talenti ricevuti; e biasimo, invece e castigo, al servo infingardo, che ha nascosto il danaro del suo signore sotto terra, invece di affidarlo tois trapexìtais vale a dire ai banchieri, e ottenerne un congruo interesse (Matth. 25, 20-30).
Non consiste forse la funzione sociale della Banca nel mettere l'individuo in grado di far fruttificare il capitale, anche se esiguo, invece di dissiparlo o di lasciarlo dormire senza alcun profitto nè per sè nè per gli altri? Perciò molteplici sono i servigi che la Banca può prestare: facilitare e incoraggiare il risparmio; riservarlo per l'avvenire, ma rendendolo fruttifero già nel presente; permettere di partecipare ad utili imprese che non potrebbero essere assunte senza il suo concorso; rendere facili gli scambi, il commercio fra i privati e fra gli Stati, in una parola, tutta la vita economica di un popolo; stabilire quasi un regolatore che aiuti a sormontare periodi difficili senza cadere in rovina. Questi, del resto, non sono che alcuni esempi fra molti altri. Ma non sono essi già un potente impulso, sia per i dirigenti, che sentono pesare sulle loro spalle la grave responsabilità delle risoluzioni da prendere soprattutto in tempo di crisi, sia per gl'impiegati la cui opera richiede una rigorosa attenzione, che nulla deve venire a distrarre?
Finalmente il lavoro di un uomo, che vive nella grazia santificante, deve manifestare la figliolanza di Dio come una sorgente soprannaturale di energia quotidiana e di quotidiani meriti per il cielo e per i vasti ed alti fini del Regno del Padre. In tal guisa la giornata di lavoro di un vero cristiano — esteriormente non diversa da quella degli altri uomini e dedita anch'essa alle cose di quaggiù —, è tuttavia fin da ora immersa nella eternità. Il lavoratore cristiano sta ed opera con tutto il suo miglior potere e volere in questo mondo, ma vive dell'al di là e per l'al di là, fino all'ora in cui piacerà al Signore di chiamare il suo servo fedele nella eterna pace.
Con tale augurio e implorando sul vostro lavoro i più abbondanti aiuti celesti, impartiamo di cuore a voi tutti la Nostra paterna Apostolica Benedizione.
*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XII,
Dodicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1950 - 1° marzo 1951, pp. 39 - 41
Tipografia Poliglotta Vaticana
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