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  DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
AI MEDICI CONDOTTI*

Lunedì, 18 settembre 1950

 

Siamo ben lieti di ricevervi, diletti figli, e illustri Signori, e di darvi l'attestato della Nostra stima e della Nostra par ticolare benevolenza, tanto a causa della bellezza e della utilità del vostro ufficio, quanto per la dedizione con la quale lo esercitate.

Abituato ad una vita di fatica, spesso penosa, il campagnuolo, il coltivatore della terra, sa sopportare lungamente gl'incomodi ed il malessere, e, a differenza di molti abitanti delle città, quando vi chiama, è segno, generalmente parlando, che la malattia è seria, la sofferenza difficilmente tollerabile; talvolta anche la cura rudimentale e non adatta, che egli, ignaro, ha voluto applicare prima di ricorrere a voi, non ha fatto che aggravare il male. Allora alla vostra scienza, alla vostra abilità, il vostro cuore viene ad aggiungere il balsamo della sua delicatezza, e così colui stesso che, mentre era sano, poteva sembrare rude e indifferente, spesso diviene nella malattia sensibile come un fanciullo, e come un fanciullo sente il bisogno di conforto morale. Dopo il sacerdote, nessuno può darlo meglio del medico. In tal guisa egli guadagna la fiducia del malato e della famiglia, e con ciò stesso acquista su di loro e sulla popolazione del luogo un influsso profondo e volentieri accettato.

Il medico cristiano, o almeno degno per la sua onestà di questa fiducia, può far molto per risollevare la moralità del popolo, per frenare o reprimere abusi, vizi, abitudini, che la coscienza riprova. A lui, in non pochi casi, spetta altresì il dovere delicato di preparare ed agevolare il ministero del sacerdote, di dissipare pregiudizi e apprensioni irragionevoli e funeste.

Tuttavia, se il vostro ufficio è bello per il bene che fa al prossimo, è per voi austero; è una occasione di abnegazione non solo frequente, ma continua, occasione di travagli e di disagi, talvolta nemmeno debitamente apprezzati, nè compensati dalla riconoscenza, nè equamente retribuiti. Non di rado, inoltre, il me dico condotto, pur dando al servizio dei suoi assistiti tutto il suo cuore e tutta l'opera sua, prova un senso di solitudine, soprattutto se egli non può tenere presso di sè la sua famiglia e provvedere, nel piccolo e sperduto Comune cui forse si trova legato, alla retta istruzione ed educazione dei figli. Perciò esprimiamo l'augurio che alle vostre giuste aspirazioni di ordine morale ed economico sia data conveniente soddisfazione per il maggior vantaggio vostro e di tutti coloro ai quali prestate le vostre assidue cure.

E ora guardate coraggiosamente in alto, diletti figli, e sentirete discendere in voi la luce e il conforto del divino Medico della umanità. La vostra virtù, la vostra bontà, non rimarranno senza una più eccelsa ricompensa. Iddio si rivelerà meglio a voi, e nella lealtà del vostro spirito voi risponderete fedeli ai suoi inviti. Noi chiediamo al Signore questa grazia, mentre invochiamo su di voi, su quanti vi sono cari, su tutto il campo della vostra benefica attività, sui vostri malati, le più abbondanti benedizioni del Cielo.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XII,
 Dodicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1950 - 1° marzo 1951, pp. 209 - 210
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 



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