DISCORSO
AI DIRIGENTI DELL'AZIONE CATTOLICA ITALIANA*
Giovedì, 3 maggio 1951
Diletti figli e figlie — Uomini e Donne, Gioventù maschile e femminile, Maestri é Maestre, dell'Azione Cattolica Italiana — di gran cuore vi salutiamo e vi ringraziamo della diligenza, con cui vi siete applicati nei giorni scorsi allo studio di due questioni di capitale importanza per la vita religiosa, pubblica e privata, in Italia. Da parte Nostra non intendiamo oggi di tornare ancora una volta su quei temi, nè stimiamo necessario di esprimervi la paterna gioia, che voi leggete nei Nostri occhi, al vedervi adunati in così gran numero intorno a Noi; ma desideriamo piuttosto di richiamare la vostra attenzione su alcuni pensieri che riguardano l'Azione cattolica in sè stessa.
1. - Anzitutto voi siete « Azione cattolica ». Questa parola « Azione », al tempo stesso precisa e comprensiva, indica il carattere proprio della vostra organizzazione e vi distingue da altre associazioni cattoliche. Non già che queste non esercitino anch'esse un'azione, ma la loro azione tende generalmente ad uno scopo peculiare e determinato, che si vuol conseguire mediante un lavoro organizzato e permanente, sia che esse svolgano la loro attività nell'ordine religioso e caritativo, ovvero in quello sociale economico, o in altri campi della coltura. Perciò queste associazioni prendono ordinariamente il loro stesso nome dal fine che si propongono.
Voi invece vi chiamate semplicemente « Azione cattolica », perchè, avendo un fine generale, e non particolare o specifico, non siete un asse fisso, intorno al quale graviti il meccanismo di una organizzazione qualsiasi, ma piuttosto come un luogo d'accolta, ove convergono e si organizzano i cattolici di azione.
Da ciò consegue che non vi possono essere fra voi — come ve ne sono legittimamente e utilmente in altre associazioni —, accanto ai veri e propri membri attivi, altri, per così dire, « onorari », i quali semplicemente aderiscono allo scopo oggettivo dell'associazione, rinnovano regolarmente la loro iscrizione, Am pagano il loro contributo finanziario, forse anche ricevono le pubblicazioni periodiche e prendono talvolta parte alle assemblee. Invece non sarebbe concepibile un gruppo di Azione cattolica, in cui si reclutassero membri non pienamenti attivi. Acquistare la tessera di socio, ascoltare conferenze o discorsi, sottoscrivere al giornale, forse anche senza poi leggerlo; può questo bastare per dirsi vero membro dell'Azione cattolica? Non vi sarebbe opposizione fra il nome e la cosa? Meriterebbe il nome di Azione cattolica un piccolo nucleo di membri attivi, a cui una folla amorfa di aderenti facesse scorta e coro nelle grandi manifestazioni pubbliche?
2. - L'Azione cattolica è — voi ben lo sapete — a un titolo speciale direttamente subordinata alla potestà della Gerarchia ecclesiastica, di cui è la collaboratrice nell'apostolato. Nell'Azione cattolica italiana la Presidenza generale e dei vari gruppi diocesani e parrocchiali spetta ai laici, i quali però sono assecondati e guidati dagli assistenti ecclesiastici; mentre nelle Congregazioni mariane, che pure possono dirsi pleno iure Azione cattolica, il parroco è il Presidente nato (cfr. Constit. Bis saeculari, 27 Septembr. 1948 - Acta Ap. Sedis vol. 40 pag. 393 e segg.). Ma affinchè l'assistenza alle vostre Associazioni femminili sia veramente santa e fruttuosa, i sacerdoti con fine e delicato riserbo lasciano completamente alle dirigenti, e in ogni caso alle cure e nelle mani di donne religiose e sagge, ciò che queste possono fare da sè, talvolta anche meglio, restringendo essi stessi la loro opera al ministero sacerdotale.
Queste considerazioni sull'organizzazione dell'Azione cattolica C'inducono ad aggiungere alcuni avvertimenti generali, richiesti anche da talune non rette tendenze manifestatesi al tempo nostro.
Anzitutto una parola sul concetto dell'apostolato. Esso non consiste soltanto nell'annunzio della buona novella, ma anche nel condurre gli uomini alle fonti della salute, pur con pieno rispetto della loro libertà, nel convertirli e nell'educare i battezzati, con arduo sforzo, a divenire perfetti cristiani.
Sarebbe inoltre erroneo il vedere nell'Azione cattolica —come è stato da alcuni recentemente affermato — qualche cosa di essenzialmente nuovo, un mutamento nella struttura della Chiesa, un nuovo apostolato dei laici, che sarebbe a lato di quello del sacerdote, e non a questo subordinato. Sempre vi è stata nella Chiesa una collaborazione dei laici all'apostolato gerarchico, in subordinazione al Vescovo e a coloro, cui il Vescovo ha affidato la responsabilità della cura delle anime sotto la sua autorità. L'Azione cattolica ha voluto dare a questa collaborazione soltanto una nuova forma e organizzazione accidentale per il suo migliore e più efficace esercizio.
Sebbene l'Azione cattolica in origine sia, come la Chiesa stessa, organizzata secondo le diocesi e le parrocchie, tuttavia ciò non impedisce il suo ulteriore sviluppo al di là e al di sopra dei limiti ristretti della parrocchia. Si deve anzi riconoscere che, nonostante tutta l'importanza dei valori e delle energie fondamentali e insostituibili della parrocchia, la complessità, rapidamente crescente, tecnica e spirituale della vita moderna, può richiedere urgentemente una più larga estensione dell'Azione cattolica. Ma questa anche allora rimane sempre un apostolato dei laici, sottomesso al Vescovo o ai suoi delegati.
3. - L'attività dell'Azione cattolica si estende a tutto il campo religioso e sociale, fin dove, cioè, giunge la missione e l'opera della Chiesa. Ora ben si sa che il normale accrescimento e invigorimento della vita religiosa suppone una determinata misura di sane condizioni economiche e sociali. Chi non si sente stringere il cuore al vedere quanto la miseria economica e i mali sociali rendono più difficile la vita cristiana secondo i comandamenti di Dio e troppo spesso esigono eroici sacrifici? Ma da ciò non si può conchiudere che la Chiesa debba cominciare col metter da parte la sua missione religiosa e procurare prima di tutto il risanamento della miseria sociale. Se la Chiesa è stata sempre sollecita nel difendere e nel promuovere la giustizia, essa, fin dal tempo degli Apostoli, anche dinanzi ai più gravi abusi sociali, ha adempiuto la sua missione e, con la santificazione degli animi e con la conversione degli interni sentimenti, ha cercato d'iniziare il risanamento anche dei mali e dei danni sociali, persuasa com'è che le forze religiose e i principi cristiani valgono, meglio di ogni altro mezzo, a conseguirne la guarigione.
4. - La esterna e ben disciplinata organizzazione dell'Azione cattolica non esclude, ma anzi promuove la personale perspicacia e lo spirito di previdenza e di iniziativa dei singoli ognuno secondo le proprie qualità e capacità —, in permanente contatto coi membri di Azione cattolica del medesimo luogo, della medesima cerchia. Ciascuno si tiene cordialmente a disposizione, ogniqualvolta si sente il bisogno di qualche attività o campagna cattolica. Col suo entusiasmo e con la sua dedizione ognuno apporta un aiuto disinteressato alle altre unioni e istituzioni, che possono desiderare il suo concorso per ottenere più sicuramente e più perfettamente il loro proprio fine.
In altri termini, non sarebbe compatibile col vero concetto di Azione cattolica la mentalità di associati, i quali si considerassero come le ruote inerti di una macchina gigantesca, inca paci di muoversi da sè stesse, finché la forza centrale non le fa girare. Nè sarebbe ammissibile di vedere i capi dell'Azione cattolica essere come i manovratori di una centrale elettrica da vanti al quadro di comando, attenti soltanto a lanciare o ad interrompere, a regolare o a dirigere la corrente nella vasta rete.
Soprattutto essi debbono esercitare un influsso personale morale, che sarà l'effetto normale della stima e della simpatia che sapranno conciliarsi e che darà credito ai loro suggerimenti, ai loro consigli, all'autorità della loro esperienza, ogniqualvolta si tratterà di mettere in moto le forze cattoliche pronte all'azione.
5. - Noi non abbiamo bisogno d'insegnarvi che l'Azione cattolica non è chiamata ad essere una forza nel campo della politica di partito. I cittadini cattolici, in quanto tali, possono ben unirsi in una associazione di attività politica; è il loro buon diritto, non meno come cristiani che come cittadini. La presenza nelle sue file e la partecipazione di membri dell'Azione cattolica — nel senso e nei limiti suaccennati — è legittima e può essere anche del tutto desiderabile. Non potrebbe invece ammettersi, anche in virtù dell'articolo 43 del Concordato fra la S. Sede e l'Italia, che l'Azione Cattolica Italiana divenisse una organizzazione di partito politico.
6. - L'Azione cattolica non ha nemmeno per natura sua la missione di essere a capo delle altre associazioni e di esercitare su queste un ufficio di quasi autorevole patronato. Il fatto che essa è posta sotto la immediata direzione della Gerarchia ecclesiastica non porta con sè una simile conseguenza. Infatti il fine proprio di ogni organizzazione è quello che determina il modo della sua direzione. E può ben darsi che questo fine non richieda ed anzi non renda opportuna tale immediata direzione. Ma non per ciò quelle organizzazioni cessano di essere cattoliche e unite alla Gerarchia.
Paragonato con esse, il senso specifico dell'Azione cattolica consiste, come abbiamo detto, nel fatto che essa è come il punto d'incontro di quei cattolici attivi, sempre pronti a collaborare con l'apostolato della Chiesa, apostolato per divina istituzione gerarchico, e che trova nei battezzati e cresimati i suoi cooperatori ad essa soprannaturalmente congiunti.
Da ciò deriva una conseguenza, che è al tempo stesso un paterno ammonimento, non per l'Azione cattolica di un determinato Paese, ma per l'Azione cattolica di ogni Paese e di ogni tempo. La sua costruzione, cioè, dovrà adattarsi nelle diverse regioni alle particolari circostanze del luogo; ma in un punto tutti i suoi membri hanno da essere eguali: nel « sentire cum Ecclesia », nella dedizione alla causa della Chiesa, nella obbedienza verso coloro che lo Spirito Santo ha costituiti Vescovi per reggere la Chiesa di Dio, nella filiale sottomissione verso il Pastore supremo, alla cui sollecitudine Cristo ha affidato la sua Chiesa. E come potrebbe essere altrimenti, mentre voi, membri dell'Azione cattolica, formate, per così dire, quasi una cosa sola col Vescovo e col Papa?
Con tale augurio, v'impartiamo con effusione di cuore, diletti figli e figlie, la Nostra Apostolica Benedizione.
Ed ora il Nostro pensiero si volge alle Congregazioni Mariane di Roma e d'Italia, convenute. nella Eterna Città per due importanti adunanze.
Tante volte e in così diverse maniere Noi vi abbiamo dato, diletti figli e figlie, la spontanea testimonianza del Nostro affetto e della Nostra sollecitudine, che non avremmo veramente altro da aggiungere, anche in questa occasione, se non forse una nuova paterna esortazione a contraccambiare la Nostra fiducia con una sempre più perfetta docilità alle vostre regole, al vostro spirito, a tutte le raccomandazioni ed istruzioni che, dopo i Nostri Predecessori, vi abbiamo rivolte Noi stessi, principalmente con la Costituzione Apostolica Bis saeculari.
Vogliate vedere in essa la Carta delle Congregazioni Mariane, e ricordatevi che queste saranno tanto più vigorose, prospere ed efficaci, quanto più vi conformerete esattamente alle sue prescrizioni. Fate perciò che a questo scopo tendano i vostri sforzi personali, gli sforzi di ciascuna delle vostre Congregazioni, le intense cure associate delle vostre assemblee, delle vostre federazioni e confederazioni.
Siate ben persuasi: quanto più le vostre Congregazioni mariane saranno vive e fedeli al loro carattere, quanto più lavoreranno secondo i loro metodi, nel loro vasto campo di santificazione, di carità, di apostolato, tanto più si renderanno utili all'opera comune della Chiesa, le cui forme sono varie, ma il cui fine è unico.
Tutto ciò voi avete compreso e praticato, come dimostra il magnifico albo, nel quale Ci presentate un compendio dei vostri lavori nelle parrocchie e nei quartieri posti alla periferia di Roma. Secondo le vostre tradizioni, voi agite senza rumore, con altrettanta discrezione che intensità. Noi ben lo sappiamo e ve ne lodiamo; ma è pur conveniente che in talune circostanze « gli uomini vedano le vostre opere buone e glorifichino la vostra Madre, che è nei cieli ».
Ma a voi particolarmente, dilette figlie, si addice una parola di speciale incoraggiamento. Quest'anno voi celebrate il secondo centenario del Breve « Quo tibi », col quale l'immortale Nostro Predecessore Benedetto XIV apriva alle donne e alle Congregazioni femminili l'adito alla grande famiglia della Prima Primaria. Innovazione provvidenziale, poichè, se la esclusività aveva servito durante due secoli per dare alla vita e all'attività delle Congregazioni Mariane maggior solidità, la trasformazione della società veniva a far conferire alla donna una funzione, differente, ma paragonabile in forza ed in ampiezza a quella degli uomini.
Con questa felice estensione nulla è stato cambiato al carattere originario. Non le Congregazioni hanno mitigato le loro esigenze, per mettersi alla portata dell'elemento femminile, ma questo si è elevato alla loro altezza, arricchendole delle sue preziose energie.
Su voi tutti dunque, e su quanti sono a voi uniti di spirito nella grande « Giornata mondiale », Noi invochiamo i più eletti favori di Dio e della vostra Madre celeste, mentre di gran cuore v'impartiamo la Nostra Apostolica Benedizione.
*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XIII,
Tredicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1951 - 1° marzo 1952, pp. 67 - 72
Tipografia Poliglotta Vaticana
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