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  RADIOMESSAGGIO DI SUA SANTITÀ PIO PP. XII
A CONFORTO DELLE POPOLAZIONI COLPITE
DALLE ALLUVIONI NELLA VALLE PADANA*

Domenica, 18 novembre 1951

 

Con indicibile schianto abbiamo dinanzi all'occhio del Nostro spirito l'immane sciagura, che si è abbattuta in questi giorni su tanti carissimi figli della valle del Po, a così breve intervallo da quella che ha devastato talune fra le più fiorenti regioni del Mezzogiorno d'Italia, della Sicilia e della Sardegna.

Con ansia e dolore di Padre abbiamo seguito e seguiamo, ora per ora, le luttuose vicende della formidabile catastrofe, di cui ben misuriamo la gravità e l'ampiezza.

Mentre non lasciamo d'innalzare le Nostre più fervide preghiere alla divina Clemenza a favore di tanti amatissimi figli, così acerbamente provati, desideriamo che giunga loro la testimonianza del Nostro cuore affranto, ma fiducioso, ed insieme l'assicurazione della cristiana assistenza di tutti i buoni, con spontaneo e mirabile ardore già in atto.

Dilettissimi figli e figlie, dalla furia devastatrice delle acque strappati alle vostre case, ai vostri campi, alle vostre città! Occorre forse dirvi che il Papa, in quest'ora di lutto, è più che mai a voi vicino? Tra le angustie e le sollecitudini, che da ogni parte Ci premono, la vostra sventura sommamente Ci addolora. Siatene certi, e ripetetelo ai vostri cari, ai vostri bambini, a tutti coloro, il cui spirito è invaso dallo sconforto. Noi viviamo in questi giorni tutti i vostri affanni, tutte le vostre pene. Di giorno e di notte ridiciamo a Noi stessi, uno per uno, il nome delle città e dei borghi devastati o distrutti. Abbiamo letto e ascoltato le singole vicende della vostra tragedia, e Ci rendiamo pienamente conto della dura condizione in cui vi dibattete al presente.

Nel Nostro cuore si è ripercosso il medesimo sgomento, che voi sentite dinanzi ai vostri beni perduti. È Nostro il vostro dolore per i familiari scomparsi, per la casa perduta, per il lavoro annientato, per il momentaneo esilio, per le strazianti separazioni, per i poveri defunti, ai quali imploriamo la eterna pace. Tutto ciò che abbiamo potuto e che possiamo fare per lenire le vostre pene, per soccorrere le vostre miserie, abbiamo fatto e faremo.

Coraggio, carissimi figli, coraggio e fiducia! Il misericordioso Iddio ama coloro che prova; ama i buoni, perchè sempre più purifichino nel dolore le loro anime e si elevino con maggior impeto al desiderio delle cose celesti; ama i peccatori, affinchè si convertano e ritornino pentiti a Lui. L'amorevole e onnipotente Bontà divina saprà ricondurvi alle vostre case e a giorni migliori con quel mistero di misericordia, con cui ha permesso ciò che è accaduto. Non dimenticate Dio in questa ora funesta; a Lui alzate la vostra voce nella preghiera del Pater noster, trovando nella vostra ferma fede la forza cristiana di ripetere con umiltà ed amore : sia fatta la volontà Tua, come in cielo così sulla terra!

E a voi, diletti figli di tutta Italia, che in nobile gara di fraterna pietà, dal primo all'ultimo cittadino, siete stati pronti a soccorrere gli sventurati fratelli, giunga la testimonianza paterna della Nostra ammirazione, della Nostra gratitudine, ed insieme l'esortazione ad aumentare con sempre maggior lena il soccorso.

Immenso conforto Ci ha arrecato l'apprendere l'abnegazione, e talora l'eroismo, di molti fra voi, che non hanno esitato a sacrificare e mettere a repentaglio la stessa loro vita per salvare bambini, donne, vecchi, infermi. Ci è del pari nota la pronta e indefessa sollecitudine delle Autorità ecclesiastiche e civili, delle forze armate, dei vigili del fuoco, degli enti tecnici, della radio, dei volontari, per ridurre al minimo possibile il tremendo disastro. La commovente gara di assistenza, che fin dalle prime notizie si è accesa fra istituti, gruppi, associazioni, partiti, diocesi e parrocchie, per confortare, accogliere, sfamare i profughi, non solo conferma l'innata bontà di questo popolo, ma varrà anche a rinsaldare quel legame, che di una nazione fa una sola famiglia. Occorre che questo impulso di carità continui. Incalcolabili sono e saranno i bisogni, urgenti le richieste di aiuto. Per tanti fanciulli, per tante famiglie, per tanti lavoratori e contadini, che non hanno più casa, non più campi, non più bestiame, non più officine, non più suppellettili, non più vestiti, che tutto hanno perduto, il Papa tende ancora una volta la mano. La tende a voi, figli d'Italia, ma la tende anche a tutti i cuori generosi e cristiani, per i quali ogni fratello nella fede è membro del medesimo Corpo mistico di Cristo. Noi non dubitiamo menomamente che questa Nostra invocazione sarà accolta, con l'alacrità amorosa a Noi ben nota, dai Nostri Venerabili Fratelli nell'Episcopato, dal Clero secolare e regolare, dai fedeli tutti, in quanto è a loro possibile. Urge che tanti derelitti, tolti così tragicamente dal calore della propria dimora, sentano prima di tutto il calore del Nostro e del vostro cuore.

È questo il momento in cui Gesù più specialmente si rivolge a ciascuno di voi per bocca di quegli infortunati: Eccomi; io ho fame, io ho sete, io non ho di che coprirmi, non ho dove ripararmi nel crudo inverno imminente. Alla pronta attuazione della vostra carità risponderà un giorno, come sicuro premio, l'invito al possesso della casa stessa del Padre celeste.

Sorretti da questa fede, che vive ed opera nella carità (cfr. Gal. 5, 6), innalzate la vostra mente a Dio, consolatore degli afflitti e Padre del poveri, affinché, per intercessione del Cuore materno di Maria, faccia risplendere su quelle desolate regioni l'ilare suo volto e ridoni a tante famiglie la casa, il lavoro, la speranza e la pace.

Con questi voti discenda su di voi, e in particolar modo sui doloranti Nostri figli, oggi più che mai stretti al Nostro cuore, propiziatrice dei divini favori, la Nostra paterna Apostolica Benedizione.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XIII,
 Tredicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1951 - 1° marzo 1952, p. 387 - 389
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 



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