DISCORSO
AL PATRIZIATO E ALLA NOBILTÀ ROMANA*
Sala del Concistoro - Lunedì, 14 gennaio 1952
Fedeli alla vostra antica tradizione, voi siete venuti, diletti figli e figlie, anche quest'anno a porgere al Capo visibile della Chiesa l'attestato della vostra devozione e i vostri auguri di nuovo anno. Noi li accogliamo con viva e affettuosa riconoscenza, e vi offriamo in contraccambio i Nostri voti più fervidi. Noi l'includiamo nelle Nostre preghiere, affinchè l'anno testè dischiusosi sia segnato dal suggello della bontà divina e arricchito dei più preziosi favori della Provvidenza. A questi voti desideriamo di aggiungere, come di consueto, alcune strenne spirituali pratiche, che compendieremo brevemente in una triplice esortazione.
I) In primo luogo, guardate intrepidamente, coraggiosamente, la realtà presente. Ci sembra superfluo d'insistere per richiamare alla vostra mente ciò che, or sono tre anni, fu l'oggetto delle Nostre considerazioni; Ci parrebbe vano e poco degno di voi il velarlo con prudenti eufemismi, specialmente dopo che le parole del vostro eloquente interprete Ci hanno reso una così chiara testimonianza della vostra adesione alla dottrina sociale della Chiesa e ai doveri che da essa derivano. La nuova Costituzione d'Italia non vi riconosce più, come classe sociale, nello Stato e nel popolo, alcuna particolare missione, alcun attributo, alcun privilegio. Una pagina della storia è stata voltata; un capitolo è stato chiuso; è stato messo il punto, che indica il termine di un passato sociale ed economico; un nuovo capitolo è stato aperto, che inaugura assai diverse forme di vita. Si può pensare come si vuole; ma il fatto è là; è il « fatale andare » della storia. Qualcuno, forse, risentirà penosamente una così profonda trasformazione; ma a che giova l'indugiarsi ad assaporarne lungamente l'amarezza? Tutti debbono alla fine inchinarsi dinanzi alla realtà; la differenza sta soltanto nella «maniera ». Mentre i mediocri nell'avversa fortuna non fanno che tenere il broncio, gli spiriti superiori sanno, secondo l'espressione classica, ma in un senso più elevato, mostrarsi « beaux joueurs », conservando imperturbabilmente il loro portamento nobile e sereno.
2°) Elevate lo sguardo e tenetelo fisso all'ideale cristiano. Tutti quei rivolgimenti, quelle evoluzioni o rivoluzioni, lo lasciano intatto; nulla possono contro ciò che è l'intima essenza della vera nobiltà, quella che aspira alla perfezione cristiana, quale il Redentore additò nel discorso della montagna. Fedeltà incondizionata alla dottrina cattolica, a Cristo e alla sua Chiesa; capacità e volontà di essere anche per gli altri modelli e guide. È forse necessario di enumerarvene le applicazioni pratiche? Date al mondo, anche al mondo dei credenti e dei cattolici praticanti, lo spettacolo di una vita coniugale irreprensibile, l'edificazione di un focolare domestico veramente esemplare; opponete una diga ad ogni infiltrazione, nelle vostre dimore, nella vostra cerchia, di principi esiziali, di condiscendenze e tolleranze perniciose, che potrebbero contaminare od offuscare la purezza del matrimonio e della famiglia. Ecco, certamente, una insigne e santa impresa, ben atta ad accendere lo zelo della nobiltà romana e cristiana ai nostri tempi.
Mentre proponiamo alla vostra mente queste riflessioni, Noi pensiamo in modo speciale ai Paesi, ove la catastrofe distruggitrice ha colpito con particolare rigore le famiglie della vostra classe, riducendole dalla potenza e dalla ricchezza all'abbandono e persino alla estrema miseria; ma al tempo stesso ha scoperto e messo in luce la nobiltà e la generosità, con cui tante di loro sono rimaste fedeli a Dio anche nella sventura, e la silenziosa magnanimità e dignità, con cui sanno portare la loro sorte: virtù queste che non s'improvvisano, ma fioriscono e maturano nell'ora della prova.
3°) Date finalmente all'opera comune la vostra collaborazione devota e pronta. Assai vasto è il campo in cui la vostra attività può esercitarsi utilmente: nella Chiesa e nello Stato, nella vita parlamentare e amministrativa, nelle lettere, nelle scienze, nelle arti, nelle varie professioni. Un solo atteggiamento vi è interdetto : esso sarebbe radicalmente opposto allo spirito originale della vostra condizione : vogliamo dire l'« astensionismo ». Più che una « emigrazione » esso sarebbe una diserzione, poichè, qualunque cosa possa accadere e per quanto possa costare, occorre, innanzi tutto, mantenere, contro ogni pericolo della più piccola incrinatura, la stretta unione di tutte le forze cattoliche.
Può ben essere che l'uno o l'altro punto nel presente stato di cose vi dispiaccia. Ma nell'interesse e per l'amore del bene comune, per la salvezza della civiltà cristiana, nella crisi che, lungi dall'attenuarsi, sembra piuttosto andare crescendo, state fermi sulla breccia, nella prima linea di difesa. Le vostre qualità particolari possono trovare là anche oggi ottimo impiego. I vostri nomi, che risuonano altamente nei ricordi fin del lontano passato, nella storia della Chiesa e della società civile, richiamano alla memoria figure di uomini grandi e fanno echeggiare nelle vostre anime la voce ammonitrice del dovere di mostrarvene degni.
Il sentimento innato della perseveranza e della continuità, l'attaccamento alla tradizione sanamente intesa, sono note caratteristiche della vera nobiltà. Se ad esse voi saprete unire un'ampia larghezza di vedute sulla realtà contemporanea, specialmente sulla giustizia sociale, una leale e franca collaborazione, conferirete alla vita pubblica un concorso del più alto valore.
Tali sono, diletti figli e figlie, i pensieri che abbiamo creduto opportuno di suggerirvi all'aurora di questo nuovo anno. Voglia il Signore ispirarvi il proposito di attuarli e si degni di fecondare il vostro buon volere con l'abbondanza delle sue grazie, in auspicio delle quali impartiamo di gran cuore a voi, alle vostre famiglie, ai vostri bambini, ai vostri malati ed infermi, a quanti vi sono cari, vicini e lontani, la Nostra paterna Apostolica Benedizione.
*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XIII,
Tredicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1951 - 1° marzo 1952, pp. 457 - 459
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