DISCORSO
AI COMPONENTI IL CONSIGLIO
NAZIONALE DELLA
U.C.
I.
Sabato, 31 gennaio 1952
Di tutto cuore vi ringraziamo, diletti figli, e Ci congratuliamo con voi. Con non minor modestia che zelo voi vi dedicate ad un'opera che stimiamo di grande importanza. Un alto ideale, ben degno di voi, l'ha ispirata. Essa è giovane ancora; nondimeno, nel corso dei suoi primi cinque anni di vita, ha già prodotto buoni frutti, e anche migliori e più abbondanti ne promette, e le sue promesse sono garantite, più che da potenti appoggi umani, dal fine stesso che si propone, dall'aiuto divino che invoca. Lo zelo vi ha fatto iniziare il vostro lavoro, senza attendere di essere molti e provvisti di tutti i mezzi desiderabili; la modestia vi ha permesso di avanzare prudentemente, con passo sicuro, senza disegni grandiosi e minuziosamente concepiti, ma con la chiarezza e la precisione del pensiero che vi anima.
Qual è dunque questo pensiero, qual è questo ideale, che va, di giorno in giorno, maggiormente determinandosi e illuminandosi? È, Ci sembra, il concetto chiaro, elevato e cristiano che voi avete dell'impresa. Per voi essa è più che un semplice mezzo di guadagnare la vita e di mantenere la legittima dignità del proprio grado, l'indipendenza della propria persona e della propria famiglia. È più che la collaborazione tecnica e pratica del pensiero, del capitale, del lavoro multiforme, favorevole alla produzione e al progresso. È più che un fattore importante della vita economica, più che un semplice — ben lodevole — contributo allo svolgimento della giustizia sociale; e se non fosse che questo, sarebbe ancora insufficiente a stabilire e a promuovere l'ordine completo, perchè l'ordine non è tale che se regna in tutta la vita e in tutta l'attività materiale, economica, sociale, e soprattutto cristiana, fuori della quale l'uomo rimane sempre incompiuto.
Senza dubbio, voi non avete preteso — sarebbe stata una chimera, per quanto generosa — di effettuare in un sol tratto quest'ordine, e neanche di tracciarne, di getto, il programma definitivo. Ma il vostro scopo è nettamente determinato, e voi non avete a questo riguardo alcuna esitazione. Esso vi sta a cuore; si è, per così dire, imposto al vostro spirito, e avete risoluto di fare del vostro meglio per conseguirlo, pur avendo la consapevolezza di non poter attuarlo che per tappe, al lume della esperienza.
Risultati, certamente, voi ne avete già ottenuti, non fosse altro che quello del vostro incontro, della vostra intesa, della vostra azione comune, del vostro progresso nella intelligenza, nella stima, nell'adempimento dei vostri uffici. Voi siete un numero ancora non elevato, ma che conta, operando ognuno nel suo proprio campo, senza per ciò chiudervi in una segregazione individualista. Che anzi, mossi dal più ardente spirito di solidarietà e di conquista, voi aspirate a ingrossare le vostre file, guadagnando a poco a poco altri capi, animati dallo stesso desiderio, egualmente ciascuno nella sfera della propria impresa, ma ognuno altresì cooperando con tutti gli altri, mirando meno a crescere in numero, che a promuovere tra voi la purezza e la grandezza della vostra intenzione, la convinzione efficace del vostro ufficio e del vostro ideale.
Questo ufficio, questo ideale, abbiamo detto, è l'esercizio pieno, elevato, cristiano, della vostra impresa, penetrato da sensi umani nella più larga e più alta accezione della parola. Questo senso umano bisogna che penetri, come la goccia d'olio nell'ingranaggio, tutti i membri, tutti gli organi dell'impresa, i capi, i collaboratori, gl'impiegati, i lavoratori di tutti i gradi, dall'artigiano e dall'operaio più qualificato fino al più modesto manovale.
Se si moltiplicheranno, unendosi a voi, l'una dopo l'altra, le imprese effettivamente penetrate del vero senso umano, se diventeranno come altrettante grandi famiglie, e se, non contente della loro vita privata quasi in vaso chiuso, si uniranno fra loro; esse tutte insieme tenderanno a formare una società forte e felice.
Certamente sarebbe una utopia, se si pretendesse di effettuarla in un sol tratto. Ed ecco perchè abbiamo testè lodato lo zelo fiducioso che osa, senza più attendere, aprire il cammino, e la prudenza che ne regola l'andamento. Continuate così; senza dubbio lavorerete efficacemente a procurare sempre meglio il consolidamento e la estensione di una società cristiana vigorosa e sana.
La grande miseria dell'ordine sociale è che esso non è profondamente cristiano nè realmente umano, ma unicamente tecnico ed economico, e che non riposa punto su ciò che dovrebbe essere la sua base e il fondamento solido della sua unità, vale a dire il carattere comune di uomini per la natura e di figli di Dio per la grazia dell'adozione divina.
Quanto a voi, che siete risoluti a introdurre questo fattore umano dappertutto, nell'impresa, fra i diversi gradi e uffici che la compongono, nella vita sociale e pubblica, per mezzo della legislazione e della educazione del popolo; voi vi studiate di trasformare la massa, che resterebbe amorfa, inerte, incosciente, alla mercè di agitatori interessati, in una società, i cui membri, distinti fra loro, costituiscono, ciascuno secondo la sua funzione, l'unità di un solo corpo.
Questo paragone, a voi ben noto, vi è familiare (cfr. I Cor. 12, 12 e segg.). Sia esso sempre il vostro programma e come la Carta della vostra Unione. Mantenendovi ad essa fedeli, sarete sicuri di edificare sulla solida pietra, che è Cristo, sulla pietra che Cristo ha dato come fondamento alla sua Chiesa.
Diletti figli!
Si parla oggi molto di una riforma nella struttura dell'impresa, e coloro che la promuovono pensano in primo luogo a modificazioni giuridiche fra quanti ne sono membri, siano essi imprenditori, o dipendenti incorporati nell'impresa in virtù del contratto di lavoro.
Alla Nostra considerazione non potevano però sfuggire le tendenze che in tali movimenti s'infiltrano, le quali non applicano — come si addice — le incontestabili norme del diritto naturale alle mutate condizioni del tempo, ma semplicemente le escludono. Perciò nei Nostri discorsi del 7 maggio 1949 alla Unione Internazionale delle Associazioni Patronali Cattoliche e del 3 giugno 1950 al Congresso Internazionale di Studi Sociali Ci siamo opposti a quelle tendenze, non già, veramente, per favorire gl'interessi materiali di un gruppo piuttosto che di un altro, ma per assicurare la sincerità e la tranquillità di coscienza a tutti coloro cui questi problemi si riferiscono.
Nè potevamo ignorare le alterazioni, con cui si svisavano le parole di alta saggezza del Nostro glorioso Predecessore Pio XI; dando il peso e la importanza di un programma sociale della Chiesa, nel nostro tempo, ad una osservazione del tutto accessoria intorno alle eventuali modificazioni giuridiche nei rapporti fra i lavoratori soggetti del contratto di lavoro e l'altra parte contraente; e passando invece più o meno sotto silenzio la parte principale della Enciclica « Quadragesimo anno », che contiene in realtà quel programma, vale a dire la idea dell'ordine corporativo professionale della intera economia. Chi si accinge a trattare problemi relativi alla riforma della struttura dell'impresa senza tener conto che ogni impresa particolare è per il suo scopo strettamente legata all'insieme della economia nazionale, corre il rischio di porre premesse erronee e false, con danno dell'intero ordine economico e sociale. Perciò nello stesso discorso del 3 giugno 1950 Ci studiammo di mettere nella sua giusta luce il pensiero e la dottrina del Nostro Predecessore, cui nulla era più alieno come qualsiasi incoraggiamento a proseguire il cammino che conduce verso le forme di una anonima responsabilità collettiva.
Voi camminate invece per la sola via sicura, quella che tende ad animare i rapporti personali coi sensi di fraternità cristiana; via che è praticabile dappertutto e circola largamente sul piano dell'impresa. Questa vostra intenzione vi renderà ingegnosi ed abili a far sì che la dignità personale del lavoratore, ben lungi dal perdersi nell'ordinamento generale dell'impresa stessa, porti questa a una maggiore efficienza, non solo materialmente, ma anche e innanzi tutto procurandole i valori di una vera comunità.
Avanzate dunque e lavorate con fiduciosa perseverenza sotto la protezione divina, in pegno della quale impartiamo di cuore a voi, a quanti sono uniti o si uniranno a voi, a tutte le persone e le cose che vi sono care, la Nostra paterna Apostolica Benedizione.
*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XIII,
Tredicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1951 - 1° marzo 1952, pp. 463 - 466
Tipografia Poliglotta Vaticana
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