DISCORSO
AL PERSONALE CIVILE DEL MINISTERO DELLA DIFESA*
Domenica, 18 maggio 1952
Abbiamo avuto recentemente la consolazione di ricevere alcune migliaia d'impiegati ministeriali, venuti a chiederCi l'Apostolica Benedizione dopo aver adempiuto il Precetto pasquale. Ed ecco oggi questa vasta Aula di nuovo gremita d'impiegati appartenenti ad altro Ministero, che Ci chiedono egualmente una parola di esortazione e d'incoraggiamento. Anche a voi, dunque, diletti figli, diamo con paterno affetto il Nostro benvenuto, lieti d'incontrare anime, che sanno e vogliono contribuire — per quanto dipende da loro — a rinnovare e trasformare semine più, spiritualmente, il volto di Roma, Città eterna, centro e faro di civiltà umana e cristiana.
In questo tempo pasquale la sacra liturgia ha offerto alla nostra meditazione i racconti evangelici delle apparizioni del Salvatore risorto agli Apostoli e ai discepoli, e siamo rimasti colpiti dall'iterato affettuoso saluto che Egli loro rivolgeva : Pax vobis. La pace sia con voi!
Ad imitazione del Redentore divino, Noi stessi, da quando il Signore volle elevarCi, sebbene indegni, al Sommo Pontificato, nulla abbiamo omesso per difendere la pace, per avvertire reggitori e popoli dei pericoli della guerra, per proporre norme atte ad evitare nuovi conflitti, per circoscrivere e mitigarne le disastrose conseguenze. Veramente in spirito di sincerità Noi possiamo chiederCi: « Quid est quod ultra debuimus facere, et non fecimus? » (cfr. Is. 5, 4). Che cosa dovevamo fare di più, e non abbiamo fatto?
Anche nel mese scorso, in una Udienza alle delegate partecipanti al Congresso della Unione mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche, Noi abbiamo elevato la voce in favore della pace e affidato alle donne — spose e madri che tanto hanno sofferto nell'ultima conflagrazione — l'ufficio di messaggere e fautrici di pace in questo mondo così tormentato, se non da una vera volontà di guerra, almeno da un tale cumulo di dissensi, di sospetti, di opposti fini ed atti nel campo economico e politico, che la tensione — a un determinato momento — potrebbe finire col rendere inevitabile il conflitto.
Per questo, oggi, nel porgervi in nome di Gesù il saluto augurale Pax vobis, non intendiamo di riferirci direttamente alla pace del mondo, ma piuttosto a quella che ognuno di voi deve avere in sè, deve procurare nella famiglia e nel luogo del lavoro. Non è altrimenti possibile d'instaurare un mondo pacifico; e d'altra parte, a che cosa gioverebbe vivere in esso, se poi si ha la tempesta nel cuore? A che servirebbe dimorare in una città senza fazioni nè lotte, se poi la vostra famiglia fosse essa stessa teatro di continui scontri tra sposo e sposa, tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle?
La pace sia con voi! Sia, cioè, in voi la tranquillità dell'ordine. Ora vi è ordine, quando ogni cosa sta al suo posto. Quando invece le cose — tutte od alcune — sono fuori di posto, si ha il disordine, che è sempre il principale ostacolo all'avvento della pace.
Ma riflettete adesso, diletti figli: Dio è sempre e dappertutto al suo posto. È al suo posto non solo nelle chiese, ma anche nei cuori, nelle menti, nelle famiglie, nei luoghi di lavoro, nelle vie e nelle piazze, nei partiti e nei sindacati, nei comuni e nei parlamenti. Tutto Egli ha fatto dal nulla, tutto è da Lui; tutto dunque appartiene a Lui, assolutamente, senza limite di tempo, di luogo, di circostanze. Quando pertanto un uomo o un certo numero di uomini, facendo cattivo uso del libero arbitrio, considerano e trattano Dio come un estraneo in qualche campo della vita privata o pubblica, ecco il disordine, ecco il presupposto per distruggere in esso la pace.
Diletti figli! Non sfugge certamente al Nostro sguardo la visione meravigliosa di vere falangi di anime, specialmente giovanili, ben coscienti di essere state fatte da Dio e di appartenere a Lui. Anime gioiose e santamente altere di farsi dominare da Lui, di farsi interamente possedere da Lui; anime divenute tabernacolo vivo di Lui, strumenti vivi, di cui Egli può servirsi per operare fra gli uomini. Forse la Chiesa non ebbe mai come oggi, nelle file del laicato, un tal numero di anime che giorno per giorno, nutrendosi di Gesù, si trasformano a poco a poco in Lui. Nè ignoriamo come tenacemente, sebbene senza rumore, tanti e tanti spiriti generosi lavorano e lottano per il trionfo di Gesù nel mondo, per il primato di Dio in tutte le cose, per tramutare il mondo stesso da umano in divino in tutte le sue strutture.
Ma è anche vero — e profondamente Ci affligge — che da altri si lavora e si lotta per bandire Gesù dalle anime, dalle famiglie, dalle scuole, dai luoghi del lavoro, dai parlamenti. Si vuole togliere Dio dal suo posto, e così — talvolta forse senza rendersene conto — si procura il disordine, si uccide la pace. Sappiamo che anche innocenti fanciulli rimangono vittime di questo incruento, ma spaventoso assassinio; distrutto Dio nel loro cuore, essi vengono trasformati in piccoli dèmoni, furenti contro Dio stesso e contro la sua Chiesa. Chi ha operato questo delitto, può dirsi che vuole la pace? E quale pezzo di pane potrebbe essere dato in cambio di tanto scempio? Sappiamo di famiglie, dove non si respira che l'odio. Chi ha ucciso in esse l'amore, chi ha tolto Dio da quei cuori, può forse essere chiamato amante della pace? E quale salario potrà stimarsi sufficiente a rendere ivi sopportabile la vita?
Diletti figli! La pace sia anzitutto nel cuore di ciascuno di voi. E allora abbiate cura che nella vostra anima regni l'ordine e non manchi Dio al suo posto. Voi, circa un mese fa, vi siete riconciliati con Lui e Lo avete accolto in voi, accostandovi alla santa Comunione pasquale. Ma ora vi chiediamo: è Egli ancora nella vostra anima? O è già ridivenuto un estraneo almeno ad alcuni di voi, perchè non vi è più posto per Lui nella loro mente, nel loro cuore, nella loro volontà? Se qualcuno di voi non avesse più Dio, sarebbe in preda a disordine, e non avrebbe la pace. E quand'anche rimanesse solo, e cessasse intorno a lui il rumore della città, e sostasse nella quiete del silenzio notturno, egli sentirebbe in sè il vuoto e una grande e quasi disperata inquietudine. Forse non manca il cibo, non mancano i vestiti, non mancano le medicine; ma tant'è: manca Dio e con Lui manca la pace. Perchè il cuore umano, fatto per Dio, non trova serenità, finché non riposa in Lui.
In secondo luogo la pace sia con le vostre famiglie. — Si dice — e non sempre a torto — che la causa di lotte e di discordie in alcune famiglie è la mancanza del necessario alla vita. Noi abbiamo spesso altamente proclamato che non si può parlare di ordine cristiano, finché non si sarà compiuto ogni sforzo acciocchè tutti abbiano la possibilità di un vivere degno di esseri umani. Ma è anche vero che in non pochi casi la ragione è ben altra. Vi sono famiglie, alle quali nulla fa difetto di ciò che dovrebbe rendere felici gli uomini; eppure hanno l'agitazione e il tormento in casa: sposi disuniti, tradimenti della fedeltà coniugale, figli irriverenti e ribelli, litigi, rancori, in una parola, disordine. Qualche cosa non è al suo posto. Guardate bene: manca Dio. Dio è estraneo in quelle case. Non si prega; non si parla nè si agisce sotto lo sguardo di Lui; si fa a meno di Lui in tutto; si va anzi contro di Lui e contro i suoi comandamenti. In altre famiglie invece, anche di umile condizione, si vede tanta serenità, tanta pace. Eppure vi è una nidiata di bambini; il padre è un modesto impiegato; ma regna, sovrano incontrastato, Dio in mezzo a loro. Ed ecco madri che fanno miracoli, perchè non manchi nulla ad alcuno; ecco padri onesti ed affettuosi; figli che sembrano gioielli di bontà. Noi, dal fondo del Nostro cuore paterno, auguriamo a voi questa pace. Fate che il cuore di Gesù regni nei vostri focolari da Signore assoluto. Egli asciugherà le vostre lacrime, santificherà le vostre gioie, feconderà il vostro lavoro, benedirà la vostra vita, vi sarà dappresso nell'ora dell'ultimo respiro.
Finalmente la pace sia nei vostri luoghi di lavoro. — Provate a farvi entrare Dio; provate a pensare, a parlare, ad agire alla sua presenza; con Lui, che non solo sorveglia, ma suggerisce e quasi guida i vostri movimenti. Negli uffici, in cui Dio è al suo posto, non entra facilmente il turpiloquio, non si getta il fango sulle cose più sante, non si sta ad oziare con grave danno del pubblico bene. Fate che Dio sia in mezzo a voi; non vi sarà pericolo che le pratiche a voi affidate rimangano inutilmente e lungamente sul vostro tavolo, in attesa di essere condotte a termine.
Se invece Dio fosse trattato da estraneo, forse da intruso o anche da nemico, vi sarebbe disordine nel vostro lavoro. E allora il lavoro non nobilita, ma degrada. Il lavoro fatto con Dio e per Dio, è opera umana, che si trasforma in opera divina. È preghiera.
Con questi sentimenti impartiamo di gran cuore a voi, alle vostre famiglie, ai vostri colleghi e compagni di ufficio, a quanti vi sono cari, la Nostra paterna Apostolica Benedizione.
*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XIV,
Quattordicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1952 - 1° marzo 1953, pp. 141 - 144
Tipografia Poliglotta Vaticana
Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana