DISCORSO
A DIVERSI GRUPPI DI OPERAI*
Aula della Benedizione - Venerdì, 1° maggio 1953
Ci mancano quasi le parole, diletti figli, per esprimervi la profonda commozione dell'animo Nostro e la gioia del Nostro cuore paterno dinanzi allo stupendo spettacolo che offrite al Nostro sguardo.
Maria, la Vergine Santissima, sempre così piena di materne tenerezze verso di Noi, ha voluto farCi un dono fra i più graditi in questo primo giorno del mese a Lei consacrato, allietandoCi con la presenza vostra, carissimi lavoratori venuti a Roma da tante parti d'Italia.
Diamo il Nostro affettuoso benvenuto a tutti voi: persone singole e piccoli gruppi, che avete voluto approfittare dell'occasione per adunarvi intorno a Noi e ricevere la Nostra Benedizione. Ma il Nostro primo saluto va ai duemila operai, provenienti in massima parte dalla forte e cristiana terra di Frosinone.
Quando apprendemmo che un vasto programma di lavori era stato predisposto a vantaggio delle zone più « depresse » del mezzogiorno d'Italia, ne fummo grandemente lieti, non solo perchè s'iniziava così una concreta e ardimentosa opera per la rinascita di quelle regioni mediante bonifiche, miglioramenti fondiari, bacini montani, acquedotti e strade, ma anche per la possibilità di maggiore occupazione che ne sarebbe derivata, riportando col lavoro tranquillità e benessere nelle vostre famiglie.
Solo il Signore conosce le Nostre ansie, la Nostra quasi mortale tristezza, al pensiero che tanti Nostri figli disoccupati sono privi di quanto sarebbe necessario al loro conveniente sostentamento.
Un altro particolare saluto desideriamo rivolgere ai millecinquecento operai giunti da Reggio Emilia. In questa terra a Noi specialmente cara — che ha avuto tanti martiri del sangue e del silenzio, e dove certo non mancano dense ombre — brilla oggi una luce di rinascente vita cristiana per opera di sacerdoti e fedeli coraggiosi e concordi nel lavoro. Essi coltivano con ardente volontà quella porzione della vigna del Signore, cosi insidiata dal gelo della indifferenza e dalle spine della contrarietà, ma ove si vedono già germogliare nuovi vigorosi rampolli, di cui nessuna avversa intemperie potrà arrestare il promettente sviluppo.
Sappiamo che il vostro venerato Pastore ha risposto anch'egli generosamente alla Nostra Esortazione per l'auspicato rinnovamento del mondo, e perciò di gran cuore esprimiamo la Nostra gratitudine a lui e a quanti con lui collaboreranno in quell'opera rigeneratrice e salvatrice. Nè con minor soddisfazione salutiamo la ripresa delle Officine Reggiane, fonte di lavoro e di benessere per la vostra industre città.
Il mondo celebra oggi, Primo Maggio, la « Festa del Lavoro ». Chi meglio del vero cristiano potrebbe dare ad essa un senso profondo? Per lui è un giorno, in cui tanto più intensamente egli venera e adora l'Uomo-Dio, il nostro Signore Gesù Cristo, il quale, per essere nostro modello, per nostra consolazione e santificazione, passò la più gran parte della vita nell'esercizio di un mestiere manuale, come un semplice operaio (cfr. Matth. 13, 55; Marc. 6, 3); — è il giorno del ringraziamento a Dio da tutti quelli cui è dato di assicurare, per mezzo del lavoro, a sè e ai suoi una vita tranquilla e pacifica; — è il giorno, nel quale si afferma la volontà di vincere la lotta e l'odio di classe con la forza derivante dall'attuazione della giustizia sociale, dalla stima reciproca e dalla mutua carità fraterna per amore di Cristo; — è il giorno finalmente in cui la umanità credente solennemente promette di creare col lavoro del suo spirito e delle sue mani una coltura a gloria di Dio, una coltura che, lungi dall'allontanare l'uomo da Dio, lo avvicini sempre più a Lui.
Ma la « Festa del Lavoro » non deve far perdere di vista il problema del lavoro medesimo. Troppi sono ancora i colpiti dal flagello della disoccupazione, e molti sono anche quelli che, pur essendo momentaneamente occupati, ne subiscono la costante apprensione. Nè possono essere dimenticati coloro — e sono assai numerosi specialmente fra i braccianti — che soffrono nel loro stato di semi-occupazione, la quale cioè, col numero limitato o con la diminuzione delle ore lavorative, non assicura al lavo-ratore un salario sufficiente per la soddisfazione dei bisogni fondamentali suoi e della famiglia. Noi ben volentieri riconosciamo i molteplici provvedimenti presi in questi ultimi tempi a vantaggio degli operai; ma quanto rimane ancora da fare! E Noi vorremmo dirvi, diletti figli, fino a qual punto prendiamo parte alle ansie vostre e dei vostri cari!
Se però l'Italia soffre dolorosamente della disoccupazione, questa, e innanzi tutto il suo così terribile spettro, non sono un male che colpisce soltanto l'Italia, ma altresì, più o meno, tutti i popoli dell'Europa. Ed anche apparisce chiaro ad ogni sereno osservatore che la mancanza di lavoro, almeno al presente, non dipende solamente dalla cattiva volontà o dall'abuso di potere di coloro che potrebbero procurarlo. Ciò è tanto più vero, perchè alcune condizioni essenziali, le quali durante più di cento anni erano state favorevoli allo sviluppo economico dell'Europa, oggi si sono completamente trasformate.
Certamente anche ora, come sempre, la Chiesa rimarrà dalla parte del lavoratore, quando soffre per un contratto di lavoro ingiusto, o quando contratti collettivi di lavoro non sono osservati, o quando, senza lesione dei diritti altrui, può essere migliorata la sua condizione giuridica, economica e sociale. Ora però il problema del lavoro è divenuto una questione anche più vasta, in cui l'Europa è solidale. Gli sforzi presenti per dare all'Europa la sua unità, — qualunque ne sia il modo, purchè si riveli efficace, — importano altresì la instaurazione di nuove condizioni per il suo sviluppo economico; soltanto in tal guisa si può sperare di risolvere il problema del lavoro. Erra chi pensa di servire gli interessi del lavoratore coi vecchi metodi della lotta di classe; e s'inganna anche più chi crede inoltre di dover giustificare i suoi sforzi, come se fossero l'unico mezzo di esercitare ancora una influenza religiosa sul mondo del lavoro.
Senza dubbio il vantaggio di una economia europea non con-siste semplicemente in uno spazio unificato ed esteso, dove il cosiddetto meccanismo del mercato regolerebbe la produzione e il consumo. Importa anche più che nell'ambito della concorrenza, insieme con la costruzione della economia europea si tenda alla stabilizzazione di una vita veramente sociale, al sano sviluppo della famiglia di generazione in generazione, e sotto questo aspetto e avendo in mira questo fine, si facciano valere i criteri naturali di una organizzazione della produzione nello spazio
È questa la sola maniera, in cui i popoli con abbondanza di famiglie numerose, come l'Italia, possono apportare alla economia europea l'importante contributo della loro ricchezza in mano d'opera e del loro potenziale di consumo.
Prima di lasciarvi, diletti figli, vogliamo dirvi un'altra parola, che abbiamo nel cuore. La prendiamo dal Vangelo, che abbiamo letto nella S. Messa di oggi.
Dopo l'ultima cena, Gesù disse ai suoi Apostoli, e Noi ripetiamo a quanti siete qui presenti: Non si turbi il vostro cuore : Non turbetur cor vestrunt (Io. 14, 1).
Quando siete trepidanti per voi stessi; quando pensate alla sorte dei vostri cari; quando nasce in voi l'apprensione per ciò che potrebbe accadere nel mondo; non si turbi il vostro cuore : non turbetur cor vestrum! Sembra, è vero, che la volontà di alcuni potenti e prepotenti regga le sorti degli uomini e diriga le cose e gli avvenimenti; tutto invece è nelle mani di Dio, senza che nulla possa sottrarsi alla sua forte e paterna Provvidenza. Certo i tempi che il mondo attraversa non sono tali da lasciare tranquilli coloro che, privi di una fede viva, pongono tutta la loro fiducia nelle persone e nei calcoli umani. - Non così voi, diletti figli; senza dubbio voi dovrete operare con alacrità e con coraggio, e talvolta sarete costretti a lottare per difendere il vostro diritto alla vita e al lavoro. Ma ciò non turberà la serenità dell'animo vostro, perché riporrete sempre, anche nei quotidiani travagli ed affanni, la vostra fiducia nel Padre che è nei cieli.
*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XV,
Quindicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1953 - 1° marzo 1954, pp. 123 - 126
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