DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO PP. XII
AI PROFESSORI E AGLI ALUNNI DEL LICEO-GINNASIO
«ENNIO QUIRINO VISCONTI»*
Aula della Benedizione - Giovedì, 28 febbraio 1957
Vi siamo grati, diletti figli, Insegnanti ed alunni del Liceo Ginnasio Ennio Quirino Visconti, per il conforto che con la vostra visita Ci procurate, ridestando in Noi quasi vive e presenti le care memorie degli anni giovanili, trascorsi nelle stesse aule che ora ospitano voi, tra il fervore degli studi e le dolci ansie dell'avvenire. Se in ogni animo bennato non può mai oscurarsi l'affettuoso ricordo della scuola, ove la mente e il cuore si schiusero, come in un'alba di pura luce, agl'incanti del vero e del bello; che dire, se essa reca il nome del « Visconti », erede, in parte, delle glorie del Collegio Romano? Già in altre occasioni, accogliendovi alla Nostra presenza, vi esortammo ad essere degni continuatori delle illustri tradizioni di quel Collegio, antesignano, per molti titoli, del moderno sviluppo dell'istruzione e della formazione giovanile. Come a Noi stessi, molti anni or sono, così a voi oggi, diletti giovani, le austere e venerate mura attribuite all'Ammannati, così onuste di nobile storia, continuano ad indicare, con muto linguaggio, quali ideali siano degni di un giovane cristiano e romano, in che modo essi possano essere conquistati, e quali immensi vantaggi ne derivino alla Patria e alla stessa Chiesa.
E' stato giustamente notato che una delle caratteristiche dei romani, quasi un segreto della perenne grandezza della Città Eterna, è il rispetto alle tradizioni. Non che tale rispetto significhi il fossilizzarsi in forme superate dal tempo; bensì il mantener vivo ciò che i secoli hanno provato esser buono e fecondo. La tradizione, in tal modo, non ostacola menomamente il sano e felice progresso, ma è al tempo stesso un potente stimolo a perseverare nel sicuro cammino; un freno allo spirito avventuriero, incline ad abbracciare senza discernimento qualsiasi novità; è altresì, come suol dirsi, il segnale d'allarme contro gli scadimenti. In che cosa dunque la tradizione del Collegio Romano può ancora guidare il vostro presente cammino e convalidare i moderni metodi, che mirano, pur con nuovi criteri, alla compiuta formazione intellettuale e morale della gioventù? Quasi come per sciogliere un poco del Nostro debito di gratitudine verso il diletto Nostro « Visconti », desideriamo di accennare a tre constrassegni dell'antico Collegio Romano, che varranno, se mantenuti in onore, ad assicurare alla novella pianta i benefici dell'antico ceppo.
I — Fu, innanzi tutto, costante tradizione del Collegio Romano un ardente amore agli studi, comune agli insegnanti e agli alunni. La stima verso la cultura, quale impareggiabile valore umano, salì in così alto grado nel Collegio Romano, che il suo nome era celebrato in tutta l'Europa. Appena dopo un decennio dalla sua fondazione, il Nostro Predecessore Pio IV poteva additarlo all'ammirazione ed alla protezione del Re di Spagna, quale « semenzaio degli altri (collegi) che in Italia e fuori d'Italia, nella Germania e nella Francia si diffondono ». Durante tre secoli, non vi era Sovrano, Principe, illustre personaggio, che, venendo a Roma, non desiderasse di visitare il Collegio ed intrattenersi coi suoi celebri docenti e con la eletta sua scolaresca. Ivi si apprendeva a stimare il sapere al disopra degli altri valori umani e come fattore primario di perfezionamento dello spirito. Quale saggio avvertimento a una gioventù, che, pur accedendo agli studi, diffidasse della loro utilità, vi si applicasse superficialmente, incapace di qualsiasi rinunzia e sacrificio, che la conquista del sapere esige quasi in contraccambio! Non si potrebbe certamente rimproverare il giovane che si proponesse come scopo della istruzione anche il conseguimento di una professione o di un titolo bastevole per provvedere ai bisogni della vita; ma non sarebbe degno il tendervi senza una seria ed adeguata preparazione, la quale si ottiene solo con una applicazione allo studio, quasi per sè stesso, prescindendo da ogni immediato interesse. Alimentate dunque in voi ed intorno a voi un sempre più acceso amore agli studi memori che una società, dove la stima verso la cultura decade, è destinata a perdere anche gli altri suoi beni.
2 - Un secondo contrassegno del Collegio Romano e del suo sistema educativo consisteva nella perfetta armonia tra la cultura e la vita. La religione, in primo luogo, non disgiunta dalla istruzione, guidava e sorreggeva il nutrimento delle menti dal sovrano seggio che le era debitamente attribuito. La onestà dei costumi e le virtù civiche erano coltivate col massimo impegno, poiché si era persuasi del loro valore assoluto, integrativo del sapere. Come allora, così oggi, non vi è dubbio che religione, onestà e sapere sono i cardini di una perfetta educazione, anzi dell'armonia stessa della vita. Per ottenere l'una e l'altra, gli educatori del Collegio Romano si avvalevano anche delle materie classiche, e particolarmente della filosofia. Oltre il fine immediato di educare gli animi al gusto del bello e alla ricerca del vero, il Collegio Romano si proponeva, mediante questi studi, lo scopo di formare le menti all'ordine e alla saldezza. Il giovane, che usciva dalle sue aule, era riconoscibile dall'equilibrio che regnava nella sua mente, dalla fermezza nel possesso delle verità.
Quanto sarebbe desiderabile che i metodi moderni di insegnamento non si allontanassero da quell'indirizzo! Quanta letizia ispirerebbe una gioventù, fervida di belle energie, fornita di talenti, ricca anche di molte cognizioni, ma insieme capace li concatenarle, di configurarsene una chiara sintesi; una gioventù non vacillante e dubbiosa, o quasi annaspante sulle sabbie mobili della incertezza, ma con idee sicure, con visione limpida, senza confusione e sospetto, senza lasciar inaridire la sete della indagine e sconvolgere i più riposti fondamenti della certezza, le più elementari verità.
3 — Un terzo contrassegno del Collegio Romano dev'essere additato nella reciproca intesa, o, come suol dirsi, nell'« affiatamento » tra educatori ed alunni. Nelle aule del Collegio la cattedra non era considerata quasi il fortilizio inaccessibile dell'autorità, la fredda dispensatrice di lezioni; bensì il giusto punto d'incontro tra l'amorevole maestro ed il giovane bramoso d'essere messo a parte del sapere di lui. Noi stessi, nella età giovanile, fummo testimoni di questa unione tra maestri ed alunni, e ancor oggi sentiamo vivo ed immutato l'affetto che Ci legava agli esimi insegnanti, verso cui nutrimmo particolari sentimenti di venerazione. Non vi è dubbio che la mutua stima e fiducia convalida l'opera educatrice più efficacemente di qualsiasi altro metodo, tramutando la scuola in una seconda famiglia, dove il rispettoso affetto sostituisce con maggior fortuna la severità, previene la necessità della correzione ed agevola fatica sia dell'insegnante che dell'alunno.
Eccovi, diletti figli, quali a Noi sembrano, gli aurei filoni che ricollegano il « Visconti » alle glorie quadrisecolari del Collegio Romano, da serbarsi come prezioso patrimonio. Adoperatevi di attingervi con fedele assiduità, affinchè non vada delusa la speranza degli insigni suoi Fondatori, nè quella presente delle vostre famiglie e della stessa Eterna Città. Lo splendore del passato si rinnovelli nella continua formazione di una gioventù eletta, che prepari uomini eminenti nel sapere e nelle opere. Tale è l'augurio che formuliamo per voi tutti, Insegnanti, alunni e famiglie, ma particolarmente per il valoroso Preside, da Noi tanto stimato ed amato, al quale soltanto la egregia riuscita degli allievi può dare il meritato compenso delle sue sapienti diuturne fatiche.
Vi sia propiziatrice di ogni bene la Nostra Benedizione Apostolica, che di gran cuore v'impartiamo.
*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XVIII,
Diciottesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1956 - 1° marzo 1957, pp. 803 - 806
Tipografia Poliglotta Vaticana
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