DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO PP. XII
ALLE RELIGIOSE PARTECIPANTI AL I CONVEGNO ITALIANO
DELLE SUPERIORE E RELIGIOSE OSPEDALIERE*
Basilica Vaticana - Giovedì, 25 aprile 1957
Vi diamo il Nostro paterno benvenuto, dilette figlie, Religiose e Superiore degli ospedali, delle cliniche e delle case di cura. Voi siete convenute a Roma per il vostro primo Convegno nazionale, allo scopo di studiare il tema « Vita e apostolato religioso, tecnica, organizzazione e professione dell'Assistenza sanitaria agli infermi »; Ci è parso quindi che non avremmo potuto rimanere assenti, Noi che vediamo con somma gioia muoversi, con prudenza e ardimento, tutto il mondo delle Religiose, intente ad esaminare i mezzi e i metodi, che più gioveranno al rinnovamento della loro vita e della loro azione apostolica.
Questo indica quanto voi siete persuase che la Chiesa, immutabile nei suoi principi e nelle sue essenziali istituzioni, non è tuttavia immobile, ma vive, cresce e si adatta ai nuovi tempi e alle mutate circostanze, per essere in ogni epoca anima del mondo. Della vostra generosa, pronta, e fiduciosa risposta ai desideri della Santa Sede Noi siamo grati a quanti hanno voluto affrontare i complessi e numerosi problemi che vi riguardano. E chiediamo al Signore affinché voglia illuminarli e sostenerli nell'ardua impresa, che si sono assunta.
Non vi è bisogno che Noi riaffermiamo la Nostra certezza sulla insostituibilità delle Religiose in molteplici campi dell'apostolato cattolico; soprattutto in quello della educazione e della scuola, non meno che della carità. La stessa opera missionaria della Chiesa è, già da lungo tempo, quasi inconcepibile senza la partecipazione delle Suore; ma anche in non poche regioni, in cui è costituita la sacra Gerarchia, il loro lavoro è indispensabile per la retta organizzazione della cura spirituale. Senza la loro collaborazione, a molti progressi avrebbe dovuto forse rinunciare la Chiesa, non poche posizioni, faticosamente conquistate, avrebbero forse dovuto essere abbandonate. Con l'opera delle vostre mani materne, dilette figlie, la Chiesa sostiene i vecchi cadenti, coi palpiti del vostro cuore la Chiesa riscalda le anime dei piccoli orfani, col fervore della vostra dedizione la Chiesa assiste i malati.
Ma poichè siete un esercito di donne consacrate a Dio, offerte alla Chiesa in ispirito di olocausto perenne, è sempre opportuno, anzi talvolta è necessario, che di tanto in tanto si faccia il bilancio del vostro lavoro e in tale occasione si riguardino alcuni metodi di vita e di azione, allo scopo di vedere se essi sono ancora utili ed efficaci, come lo furono nei tempi passati.
Eccovi dunque a un Convegno, dove si alternano la preghiera assidua, lo studio intenso e le discussioni animate e serene: potete ben immaginare come esso Ci trovi consenzienti e fiduciosi; Ci sembra infatti necessario che vi rendiate conto di ciò che dovete essere, di ciò che dovete fare, affinchè il delicatissimo argomento dell'assistenza agli infermi sia completamente e sapientemente esaminato e risolto. Egregi oratori e conferenzieri illustreranno, con la chiarezza che loro deriva dal lungo studio e dalla diuturna esperienza, i criteri che devono ispirare e determinare i rapporti tra la vita religiosa e l'assistenza agli infermi; Noi quindi Ci restringeremo a proporvi alcuni brevi pensieri, per contribuire in qualche modo alla buona riuscita del vostro Incontro.
1. – SIATE ANZITUTTO VERE RELIGIOSE
È verità di fede, da Noi stessi anche recentemente enunciata nella Enciclica Sacra Virginitas del 25 marzo 1954, che la verginità è superiore allo stato matrimoniale, perchè l'anima vergine stringe vincoli di assoluto e indissolubile amore direttamente con Dio, anzi con Dio incarnato, Cristo Gesù. Infatti tutto ciò che essa ha ricevuto in dono da Dio per essere sposa e madre, viene da lei offerto in olocausto a Lui sull'altare di una completa e perenne rinuncia. L'anima vergine, per giungere al cuore di Dio, amarlo ed esserne amata, non passa attraverso altri cuori, nè si ferma a trattare con altre creature; nulla si frappone tra lei e Gesù, nessun ostacolo, nessun diaframma.
Nel matrimonio, invece, pur essendo un vero sacramento, una delle sette sorgenti di grazia istituite da Cristo stesso; pur importando la offerta reciproca dell'uno all'altro coniuge; pur raggiungendo una vera fusione di vite e di destini; vi è, nei con fronti di Dio, qualche cosa che è trattenuta, che non viene data affatto o non viene data completamente; solo le anime vergini offrono ciò che per altre creature amanti è una irraggiungibile mèta; per esse il primo gradino del loro salire è anche l'ultimo : e il termine dell'ascesa è vertice insieme e abisso di profondità.
Chiamate da Dio, per un ineffabile disegno di amore, a questo stato di predilezione, voi dovete essere di fatto, non ostante qualunque sacrificio, quello che siete di diritto.
Dovete essere vere spose del Signore; anime unite indissolubilmente, intimamente e unicamente con Lui; anime senza macchia, staccate dal mondo dei sensi, dal mondo del denaro, dal mondo delle vanità. E volentieri riconosciamo che moltissime Suore corrispondono pienamente all'ideale della loro vocazione o almeno grandemente vi si avvicinano. Oh se tali esse fossero tutte, quante sono le religiose del mondo! Se fra di loro non vi fossero mai — non diciamo tradimenti —, ma nemmeno i minimi indizi d'infedeltà, i minimi segni di indifferenza, di freddezza e di incomprensione! Solo il Signore sa quale maggiore fioritura di vita e fruttificazione di opere vedrebbe la Chiesa! E se ne accorgerebbero soprattutto gli infermi, a voi affidati, i quali vedrebbero sempre veramente in voi Gesù Cristo.
Affinchè tale vita religiosa non venga messa in pericolo o pregiudicata dalla vostra opera di assistenza ai malati, voi dovete reagire contro tutto ciò che si oppone allo spirito di assoluta e perenne dedizione a Dio. Attente, per esempio, a quell'azione disordinata o irrequieta, che non lascia tempo e calma per Gesù; per ascoltarLo, per chiederGli quali sono i Suoi voleri, i Suoi desideri, le Sue preferenze; per renderGli conto di quello che avete fatto, di come lo avete fatto. Attente, inoltre, a ciò che vi dovesse strappare troppo a lungo o troppo spesso alla vita comune : la quale, se importa alcune rinunzie, è anche una valida protezione per la vostra vita interiore e un grande esercizio di carità. Attente alla osservanza dello spirito di povertà, non soltanto individuale, ma anche collettivo. Senza dubbio Noi ben conosciamo le esigenze economiche delle vostre cliniche, le quali vogliono e debbono essere pari a ciò che si richiede per un ospedale moderno, e che non è sempre facile in tale condizione di rimanere in tutto fedeli all'ideale della povertà. Nonostante ciò, crediamo di poter farvi accorte al pericolo di facili tentazioni, da cui non vanno sempre esenti le Religiose che assistono gl'infermi: Ci riferiamo ad alcune cliniche, dove sembra che i criteri finiscano col non essere molto dissimili da quelli di certe aziende di lucro.
2. - DALLO SPIRITO RELIGIOSO, INTENSAMENTE VISSUTO, DEVE DERIVARE IN VOI L'ASSIDUA ASSISTENZA AGLI INFERMI
Da quando l'uomo ha potuto ammalarsi, non è mancato chi si preoccupasse di assisterlo, di curarlo, come i tempi e i mezzi permettevano. Ma i veri e propri edifici costruiti allo scopo di ricoverare e di assistere gli infermi sono sorti più tardi e — non bisogna dimenticarlo — solo per effetto della carità universale, lasciata in eredità alla Chiesa dal Suo divino Fondatore, come avemmo occasione di mostrare in altra occasione (cfr. Discorsi e Radiomessaggi, vol. XIV, pag. 155-156). Oggi di questo problema — come di non pochi altri — si interessano anche coloro che erano rimasti per lungo tempo indifferenti ed assenti. Siano benedetti i loro sforzi, e siano benvenuti quanti, nella grande casa della, umana sofferenza, vogliono prestare la loro opera. Ma nessuno pensi che la Chiesa possa abbandonare il suo ufficio materno di confortatrice dei malati e dei sofferenti: nessuno, infatti, potrebbe sostituirla interamente nella sua missione presso l'infermo, che ha non soltanto un corpo, ma anche un'anima, spesso più di quello bisognosa di cura. E stimiamo che i primi ad esserne convinti sono i buoni medici, i quali sanno ben stimare quale beneficio sia la presenza e l'opera delle Suore infermiere cattoliche.
Di qui la Nostra volontà che non si arresti il cammino intrapreso, il quale ha come mèta la preparazione di una schiera di anime sempre più numerose e più pronte per gli uffici che le attendono accanto ai malati. Per questo voi, dilette figlie, avete lasciato la famiglia, quella che avevate, e quella che avreste potuto avere; per questo non dovete trascurare nulla di quanto può rendervi più capaci a dirigere luoghi di cura e specialmente a soccorrere gl'infermi. Non basterebbe per quest'opera essere religiose, e nemmeno religiose perfette; è necesssario di possedere anche le indispensabili nozioni tecniche relative ai nuovi metodi di cura, ai nuovi strumenti che devono essere adoperati, ai nuovi medicinali che devono essere somministrati. Essendo Religiose, voi dovete, come e più delle altre infermiere, sorvegliare il vostro temperamento e formare il vostro carattere. Vi occorre, per esempio, tenerezza materna davanti alle mille sofferenze, che vi chiedono conforto ed aiuto; vi occorre dolce fermezza di fronte a intemperanze o indiscrete richieste dei malati; vi occorre un ritmo dinamico di vita, e al tempo stesso, una costante calma che vi fa dominare gli avvenimenti. Vi è bisogno di una prontezza, che non vi trovi mai impreparate, anche nei casi più imprevisti e più improvvisi; vi occorre pazienza serena, gioiosa, un saper prevedere e provvedere, che nulla dimentica e nulla trascura. E come abbiamo raccomandato di nulla accettare che possa nuocere al genuino spirito religioso, così dobbiamo farvi avvertite che talvolta alcuni orari e consuetudini potrebbero rendere meno efficiente e meno facile il vostro ufficio presso gli infermi. Le Superiore devono mostrarsi anche in ciò sagge e vigilanti. Voi dovete essere religiose e insieme assistere i malati; bisogna che vi adoperiate affinché ambedue le esigenze vengano considerate e attuate.
3. – PER QUESTO CI SEMBRA CHE GIOVI IN MODO EMINENTE IL VEDERE IN OGNI MALATO GESÙ
Quando giunge nelle vostre cliniche, nei vostri ospedali, un ospite, cui sembra, per qualche giusto motivo, che siano dovuti particolari riguardi, voi sapete ciò che suole accadere: subito è tutto un accorrere, un offrirsi, un prodigarsi di medici, di infermieri, di tutti, affinchè nulla gli manchi, di nulla egli abbia a lamentarsi. Che cosa avverrebbe allora, se un giorno, all'improvviso, venisse a chiedere ospitalità Gesù? Che gara sarebbe per stargli vicino, quale prontezza a qualsiasi sacrificio per essere scelte voi a farGli compagnia, a confortarlo, a curarlo? Allora ogni delicatezza vi sembrerebbe insufficiente, ogni attenzione troppo piccola, ogni orario opportuno.
Ora è certo che ogni uomo infermo è l'immagine di Gesù. «Domine, quando te vidimus infirmum?» gli chiederanno, un giorno, gli eletti « et venimus ad te? ». E il Signore risponderà: «quamdiu fecistis uni ex his fratribus meis minimis, mihi fecistis» (Matth. 25, 39-40).
Se aveste viva questa fede; se oltre i volti umani — volti contratti dallo spasimo, o sbiancati dal consumarsi dell'organismo, volti infiammati dalla febbre, volti inquieti per il timore dell'aggravarsi del male, volti immobili rassegnati —, se oltre tutti i volti, voi sapeste ravvisare Gesù in tutte le corsie, giacente in tutti i letti, immobile nella solennità misteriosa delle sale operatorie; non sentireste più il trapasso dalla cappella alla corsia, nè sussisterebbe il timore che l'osservanza religiosa nuoccia all'assistenza, o questa sia di danno a quella. Voi continuereste ad amarlo egualmente, comunque e dovunque si nascondesse. Non vi sarebbe nessuna interruzione di colloquio con Lui; nessuna distrazione, nessuna dimenticanza di ciò che Egli è, di ciò che Egli vuole.
Allora sarà facile per voi passare le notti insonni davanti ai malati gravi, cui si annebbia ormai la vista e muoiono in cuore tutte le umane speranze; allora saprete sorridere davanti all'indifferenza, e perfino davanti all'insulto; allora saprete trovare sempre nuove fresche energie, come se il malato di oggi fosse il primo da voi avvicinato; allora saprete essere minuziose e precise, come se egli fosse l'ultimo malato, cui dovete prestare le cure prima di essere richiamate da Dio.
Dilette figlie!
Ecco quanto abbiamo creduto di dovervi dire all'aprirsi di questo vostro Convegno, che benediciamo con tutta l'effusione dell'animo Nostro, grati per quanto avete fatto finora, e pieni di fiducia per quanto farete ancora nell'avvenire.
La Chiesa, il Papa contano su di voi: sulla vostra dedizione completa, sulla vostra capacità, sul vostro spirito di amore.
*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XIX,
Diciannovesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1957 - 1° marzo 1958, pp. 117-122
Tipografia Poliglotta Vaticana
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