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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO PP. XII
A MIGLIAIA DI INFERMI DEL
«CENTRO VOLONTARI DELLA SOFFERENZA»
*

 Lunedì, 7 ottobre 1957

 

Davanti a questa moltitudine di malati « multitudo magna languentium » (Io. 5, 3), che si offre al Nostro sguardo, Noi sentiamo vivo il rammarico di non poter trovarCi più intimamente in mezzo a così diletti figli e figlie. Vorremmo, cioè, ascoltare ciascuno di voi, asciugare ogni vostra lagrima, partecipare alle vostre ansie e ai vostri dolori, rasserenare il vostro spirito, posando sul vostro capo la Nostra mano paternamente benedicente.

Siamo lieti, tuttavia, che le onde della Radio rendano possibile alla Nostra voce di penetrare in ogni casa, passare fra le corsie degli ospedali, sostare accanto a ogni letto, dove i pazienti soffrono e gemono: forse smarriti per la inesplicabilità del loro male, o inquieti perchè sembra loro che non tutte le cure necessarie ed utili vengano apprestate; ovvero stanchi per l'attesa di un miglioramento che tarda a venire; forse anche — Dio non voglia — disperati, perché hanno creduto di comprendere che la scienza ha ormai quasi rinunciato nei loro riguardi a ogni tentativo di soccorso, non dando più consigli, non suggerendo più rimedi. A tutti voi rivolgiamo la Nostra parola, porgiamo il Nostro affettuoso saluto. E per contribuire a confortarvi, a sostenervi nelle vostre pene, vi invitiamo a una breve meditazione: in primo luogo su quello che è in voi l'apparenza, e poi su ciò che è invece la consolante realtà.

I. Sulla vostra apparenza si indugia il mondo, col suo sguardo miope, e quindi superficiale e necessariamente incompleto.

a) Agli occhi del mondo voi apparite anzitutto come soli. Estranei alla festa della natura, forse appena qualche raggio di sole penetra nella vostra stanzetta. Voi rimanete così quasi as-senti a tutto ciò che brilla nell'aria, che freme ed esulta nei campi.

La chiarezza dell'alba, lo splendore degli infocati meriggi, l'incanto dei tramonti sereni: tutto vi appare lontano. Lontano il complesso e stupendo mondo dell'arte con le sue fantasie e le sue geniali intuizioni: di esse solo qualche immagine o qualche eco giunge sino a voi. Anche nel mondo del lavoro si opera, si produce, si lotta senza di voi: assistete, infatti, da lungi o rimanendo spettatori passivi, al continuo progresso del dominio degli uomini sulla terra. Mentre essi impegnano tutte le loro energie fisiche e usano le loro facoltà intellettuali, rischiando talvolta loro beni e la stessa vita, voi rimanete fuori dell'immane cimento. Siete soli in una stanza, immobili in un letto, le braccia inerti e la mente incapace di lunga e seria applicazione. Il mondo dell'affetto sembra anch'esso chiuso alla maggior parte di voi; non solo l'amore che è legato all'attività legittima delle sorgenti della vita donate da Dio a tutte le creature umane, ma lo stesso amore fraterno, l'amore di coloro che sono uniti a voi coi vincoli del sangue. Non è raro, infatti, il caso di chi si vede affidato a mani estranee, specialmente se la malattia è troppo lunga e se i sussidi della scienza medica appaiono incapaci a mutare il corso del male. Allora sovente le visite si diradano o si riducono a semplici atti di pietà.

b) Ma vi è qualche cosa di più penoso per voi: sembrate soli e siete afflitti di apparire inutili. Nel mondo, infatti, come in un'immensa macchina, tutto, anche la più piccola parte, serve al funzionamento generale. Ecco il lavoro incessante delle radici nelle viscere della terra; ecco le acque che scendono dal cielo e dai monti come arterie vitali che portano fecondità ai campi: ecco la vita e l'attività degli animali: un intreccio di funzioni varie e complesse, ma tutte, finalmente, rivolte al bene dell'umanità intera. Ecco questa stessa umanità lavorare come in un gigantesco cantiere, dove nessuno è inutile: dallo scienziato al sacerdote, dal fabbro alla madre di famiglia, dalla maestra all'operaio. In questa grande fucina che è il mondo, dove molti sono necessari e tutti sono o possono essere in qualche modo giovevoli, voi sembrate inutili, perchè siete malati. Se poi sospettate di essere non soltanto soli e inetti, ma anche fastidiosi, o perfino dannosi alla vostra famiglia e alla società; se vi sembrasse di essere di ostacolo ai fremiti della gioventù e alla sua gioia di vivere; se vi si facesse intendere che molto si ferma, per causa vostra, in ciò che costituiva l'attività di coloro che sono costretti ad assistervi di giorno e a vegliarvi di notte; se tutto questo accadesse, nascerebbe nel vostro cuore una tristezza desolata e desolante. E dalle vostre labbra uscirebbe un gemito, un lamento : l'umanità ci sopporta appena. Noi siamo soli, noi non serviamo a nulla, noi impediamo agli altri di operare, e di produrre.

2. Eppure veramente la vostra realtà è ben altra, e su di essa si posa lo sguardo penetrante di Gesù.

a) Voi non siete soli. Infatti può essere presente in voi, vivente ed operante, lo stesso Gesù, il quale si impegnò ad abitare, come nella sua propria dimora, in ogni anima che osserva la sua parola (cfr. Io. 14, 23). Fate dunque la volontà di Dio, diletti figli e figlie. Chi più di voi può compierla tutta e con la massima semplicità? A voi, infatti, non si domanda di agire; a voi si chiede di accettare: serenamente sempre, gioiosamente, se è possibile. In questa accettazione del vostro stato è il com-pimento della volontà di Dio in voi. Allora il frutto promesso è già assicurato : Gesù è con voi, Gesù è in voi. Anche quando foste lasciati del tutto soli, anche quando nella notte voi non poteste dormire e aveste timore di disturbare il riposo degli altri, Gesù è presso di voi. Imparate ad ascoltare la sua voce, tanto più percettibile, quanto maggiore è il silenzio. Imparate a parlare con Lui. Gusterete e vedrete quanto è buono il Signore : « Gustate et videte, quam bonus sit Dominus » (Ps. 33, 9). E vi accorgerete sempre più di essere misteriosi, ma viventi tabernacoli di Lui; a poco a poco si confonderanno e si fonderanno i palpiti del vostro cuore coi palpiti del Suo. E già sulla terra — nella solitudine apparentemente squallida della vostra stanzetta — voi pregusterete alquanto la gioia del cielo.

b) Voi non siete inutili. Accanto alla materia vi è il mondo dello spirito; nei corpi degli uomini sono le loro anime, forme sostanziali dei corpi, ed esse, per effetto dell'amore di Dio, sono fatte partecipi della sua stessa vita. Chi potrebbe dire le misteriose relazioni fra le anime? Chi penetrerà pienamente il mistero ineffabile della Comunione dei Santi? Voi non potete parlare molto; eppure quale apostolato eserciterete, e quindi quali frutti di salvezza e di santificazione farete nascere e maturare nelle anime altrui, col vostro esempio! Chi viene a visitarvi, ascolterà poche parole da voi, ma vedrà: vedrà il vostro sforzo tenace per restare sottomessi alla volontà di Dio; vedrà la vostra serenità e la vostra pace, e si accorgerà che esse sono acque sgorgate dalle fonti del Salvatore Gesù. Vedrà il sorriso sulle vostre labbra : sorriso cosciente e perenne. E le lagrime, spesso inevitabili, sgorgheranno dai vostri occhi e sembreranno perle; sembreranno rugiada che cade sul deserto del mondo e lo fa fiorire.

E che dire della vostra sofferenza? Gesù, venuto al mondo per redimere gli uomini — cioè per dar loro la vita, e darla in abbondanza (cfr. Io. 10, 10) — volle che ciò avvenisse per mezzo della sua Passione. Ma la sua Passione — e quindi la Redenzione — deve essere « completata » (Coloss. 1, 24) dalla nostra sofferenza. Voi dunque non siete inutili, diletti figli e figlie. Col vostro dolore soprannaturale offerto voi potete conservare tante innocenze, richiamare sul retto cammino tanti traviati, illuminare tanti dubbiosi, ridare serenità a tanti angosciati. I sacerdoti si stupiranno talvolta di non rimanere nei travagli dei loro ardui ministeri con le mani vuote: in cielo vedranno a chi si doveva la imprevista efficacia delle loro parole. Abbiamo letto alcune lettere giunte al benemerito « Centro Volontari della Sofferenza ». Un sacerdote, per esempio, scrive : « Sono ancora vivo... per aiutare il divin Maestro e la buona Mamma celeste a salvare qualche anima ». Una donna egualmente osserva: « In questi giorni, in cui tanti poveri muoiono per la libertà del Regno di Cristo Nostro Signore, più che mai noi malati ci dobbiamo sentire uniti per implorare la sospirata pace ». E un'altra lettera così si esprime : « Posso dire che le più belle gioie le ho gustate nella sofferenza; quindi ringrazio il buon Dio che me ne ha fatto largo dono, e ciò sia a vantaggio delle anime ». E ancora: « Ho offerto tutta la vita per le vocazioni sacerdotali; perchè anche qui nella mia parrocchia ce ne sono poche. Sono 26 anni che sono in una poltrona a ruote, e starei altri so anni pur di aiutare i Sacerdoti a salvare anime ». Ancora un'altra : « Dopo essere stato sottoposto a tutte le prove necessarie per l'intervento, dopodomani sarà il mio turno per l'operazione... Sento che la Mamma celeste mi è vicina col suo potente aiuto e questo è per me la migliore ricompensa alla mia sofferenza, che al buon Dio offro con gioia per il bene dell'anima mia e per tutti i bisogni della Chiesa ». Finalmente un operaio delle acciaierie di Terni, colpito da artrite deformante, che lo aveva reso immobile per 18 anni, morto in concetto di santità, così notava in una delle sue lettere: « Gli 480 ammalati non siano mai disoccupati, ma strappino sempre anime al nemico delle nostre anime, fino alla salvezza totale di tutte le anime che popolano il mondo ».

Voi non siete inutili, diletti figli e figlie. Quando i sofferenti pregano, fanno quasi violenza al cielo, costringono, per così dire, il Cuore di Gesù ad esaudire le loro richieste. E scendono le grazie sul mondo; torna la luce, torna l'amore, rinasce la vita.

Non vogliamo concludere questa esortazione senza aver prima benedetto con tutto l'ardore dell'animo Nostro paterno quei volenterosi, che seguendo l'esempio di un generoso sacerdote della Curia romana, hanno raccolto in pacifica schiera i sofferenti d'Italia. La Nostra presenza al Convegno indetto per il primo decennale del vostro Centro sta a dirvi con quanta premura Noi seguiamo gli sviluppi della vostra silenziosa e preziosissima opera.

E voi, diletti figli e figlie malati, continuate con ardimento e fiducia nell'intrapreso cammino di perfezione. Maria, la Vergine di Lourdes e di Fatima, sotto il cui patrocinio moveste i primi passi, vi accompagni, vi protegga e vi conduca verso mete sempre più luminose, verso vette sempre più alte, fino a sublimarvi nel gaudio della conquista gloriosa del cielo. Ed ora, in pegno dei più abbondanti conforti divini, scenda su tutti con l'effusione del Nostro cuore l'Apostolica Benedizione.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XIX,
 Diciannovesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1957-1° marzo 1958, pp. 477-481
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 



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